Pedate e dintorni
Il Maradona fatica a riempirsi. Ennesima conseguenza di un calcio che guarda sempre più alle èlite e sempre meno al popolo.
© “STADIO MARADONA” – FOTO MOSCA
Ho vissuto nel lontano 1987 il culmine estremo degli eventi che trasformano la partecipazione collettiva allo spettacolo di un incontro di calcio in mesto e silente rito di pochi intimi, al seguito del Napoli di Maradona, per la trasferta di Champions League in Spagna, in casa del Real Madrid, nello stadio spagnolo interdetto al pubblico, punito con il ‘a porte chiuse’.
Di là dallo zero a due subito dagli azzurri appariva tutto allucinante, finto, irreale. Viaggiavano nell’aria solo le voci degli allenatori, i dialoghi a grande distanza dei giocatori, gli incitamenti delle due panchine alle squadre prive degli stimoli offerti dal tifo.
In questi giorni i media locali e nazionali, il Napoli calcio, Spalletti, denunciano l’handicap dello stadio Maradona pieno per tre quarti di pubblico e in particolare l’assenza dei tifosi più ‘caldi’ che nel ruolo di ‘dodicesimo giocatore’ hanno sempre spinto la squadra a dare il massimo.
L’analisi della presunta disaffezione è di complessa esplorazione: in tempo di crisi da pandemia è duro tirar via dai bilanci familiari il costo dei biglietti (tre al mese per le partite casalinghe di campionato e le sfide europee). Se per Napoli-Bologna i costi sono: tribuna Posillipo 70 euro, tribuna Nisida 60, distinti 50, curve 25, i costi si moltiplicano per la sfida delle sfide del Maradona alla Juve: tribuna Posillipo 120, Nisida 100, distinti 80, curve 50. Quanti possono accedervi?
Un’aggravante propone da decenni il disagio logistico del quartiere urbano di Fuorigrotta, dove Carlo Cocchia ha progettato lo stadio inaugurato 60 anni fa, quando non erano proibitivi il traffico e la possibilità di raggiungerlo. In questo primo step del duemila il ‘Maradona’ non è più compatibile con la collocazione in piena città e scoraggia molti appassionati a frequentarlo. L’idea di una nuova struttura, fuori mura della città, collegato con percorsi protetti (non solo stradali) al territorio regionale, è per il momento un ballon d’essai, una promessa da marinaio di De Laurentiis.
Un colpo mortale al ‘sold out’ degli stadi, incluso l’ex San Paolo, si deve all’offerta ossessiva di calcio televisivo, che non pochi appassionati preferiscono al disagio della presenza negli impianti, soprattutto se come quello di Fuorigrotta è trascurato, poco attrattivo, privo di comfort complementari. In generale, per le casse dei club sorgente delle ‘entrate’ non sono tanto i ricavi dei biglietti per assistere direttamente alle partite, quanto le congrue cifre incassate dai network che le teletrasmettono.
È appropriato commentare l’intero problema con la citazione del vecchio, saggio proverbio che giudica ardua, quasi impossibile, la concomitanza della ‘botte piena e la moglie ubriaca’. Nel futuro prossimo anche l’impero del calcio televisivo dovrà ottimizzare la dispersiva frammentazione dei diritti a trasmettere campionati e gare di Coppa. Per i fruitori che non intendono rinunciare all’en plain del calcio via etere, sarà arduo misurarsi con la dispersione provocata dalla spartizione dei diritti televisivi.
Saranno costretti a stipulare contratti plurimi con i network detentori del privilegio di trasmettere le partite. Il pronostico per i giorni a venire? Calcio d’èlite, che discriminerà socialmente, abbordabile per tifosi agiati in grado di spendere sempre di più, specialmente se sarà ripescata la ‘brillante’ idea di un campionato europeo (e chissà, mondiale) riservato ai potenti in condizione di investire miliardi per iscriversi al club del calcio esclusivo.
Sullo sfondo incombe la strategia del plus valore e coinvolge più di altri la Juventus, ma in una certa misura anche il Napoli, nel mirino dell’indagine sui lati oscuri del calcio mercato. L’operazione Osimhen (oltre settanta milioni la quotazione) include l’anomalia di corollari che giovano al club del Napoli, alla salute del bilancio: il contratto per l’acquisto del centravanti nigeriano include i 15 milioni versati dal Lille (squadra di provenienza del giocatore) per il passaggio al club francese di giovani calciatori del Napoli, che tornati in patria militano in campionati minori: Claudio Manzi, al Lille per 4 milioni, gioca in serie C con la Turris. Ciro Palmieri, al Lille per 7 milioni, gioca con la Nocerina in serie D. Luigi Liguori, al Lilla per 4 milioni, gioca nell’Afragolese, serie D.