Renzuto Iodice, colonna della pallanuoto italiana si racconta a Sportdelsud

Tra i suoi mille impegni suddivisi tra palestra e piscina, Vincenzo Renzuto Iodice, napoletano d.o.c. in forza all'An Brescia, ci ha dedicato un po' del suo tempo per scambiare due parole.

Renzuto Iodice
Articolo di Francesco Gorlero27/10/2021

La Final Eight di Belgrado di pallanuoto, in questa edizione della Champions League, sarà certamente durissima, ma già ieri sera è arrivata un’indicazione importante: l’An Brescia se la giocherà in vasca con tutte fino alla fine. Nel corso del suo esordio 2021/22 in Eurolega la squadra lombarda ha già mostrato di che pasta è fatta. La prima partita di un girone di ferro, composto da 13 durissime tappe, è finita in parità dopo una continua rincorsa.

L’An se l’è vista contro gli ungheresi del Ferencvaros, vicecampioni d’Europa in carica e probabilmente superiori tecnicamentenella rosa totale. Renzuto e compagni hanno dimostrato resilienza, caparbietà e quella capacità di gettare il cuore oltre l’ostacolo. Il pareggio 8-8, al termine dell’incontro, non è altro che l’esatta sintesi di quanto visto in vasca. Due squadre che non si sono risparmiate colpi, anche bassi, soprattutto da parte ungherese, non sanzionati a dovere dagli arbitri. Ma d’altronde ci sta, sono queste le sfide che fanno crescere e aumentano la consapevolezza della propria forza.

Proprio il giorno prima di questa importantissima partita, Sport del Sud ha avuto l’opportunità, e il piacere, di scambiare due parole con il centrovasca napoletano dell’An Brescia: Vincenzo Renzuto Iodice.

Sappiamo che da bambino, dopo aver assistito ad alcune partite di pallanuoto, è stato letteralmente conquistato da questa disciplina. Cosa, nello specifico, ha fatto breccia in lei di questo sport?

“Mi sono appassionato alla pallanuoto perché, in verità, già andavo in una piscina dove facevo nuoto sin da piccolissimo. Avevo tre, quattro anni (la voce si fa allegra mentre ricorda) e ogni volta che terminavo gli allenamenti vedevo i ragazzi più grandi che facevano pallanuoto entrare in vasca dopo di me per la loro sessione. Il fatto che fossero una squadra, che giocassero con i palloni. Tutto questo mi incuriosì.

Decisi, quindi, anche io di cominciare a praticare questa disciplina in quella piscina, e la cosa mi piacque da subito. Io non sono uno che da piccolo ha poi provato altri sport, cambiando e guardandosi intorno. Soprattutto quando in seguito cominciai a giocare per il Posillipo, che in quegli anni era veramente fortissimo. Vinceva Coppe dei Campioni, scudetti. La Scandone era sempre piena, con 5-6 mila persone. Uno spettacolo davvero incredibile. Da allora mi sono appassionato ancora di più alla pallanuoto, cominciando ad allenarmi con costanza tutti i giorni. Come, d’altronde, faccio ancora oggi”.

Cosa la spinse a lasciare la sua Napoli e una grande squadra come Posillipo, dopo 7 anni in prima squadra, per approdare al Jug Dubrovnik ed essere il primo italiano a giocare nel campionato croato? Oggi rifarebbe la stessa scelta?

“Sono arrivato a Posillipo prestissimo. Dopo 7 anni in prima squadra e 15 di permanenza totale. La considero un po’ una seconda casa. A un certo punto della carriera, come è normale, sono aumentate le ambizioni. L’ambizione di giocare la Champions League. L’ambizione di entrare in Nazionale in maniera definitiva. Sono quindi dovuto per forza andar via.

Ho avuto la chiamata dopo il mondiale da parte dello Jug, che aveva appena vinto la Champions. Era, ed è, una grandissima squadra. Punta ogni anno a vincere tutto, e di conseguenza non sono riuscito a dire no a questa possibilità. Un’esperienza che mi ha fatto crescere tantissimo (non nasconde l’orgoglio). Ho fatto il mio primo anno all’estero, non conoscendo la lingua all’inizio, ma avendo l’opportunità di incontrare persone fantastiche. Mi sento più maturo come giocatore, ma anche come persona. Una scelta che rifarei sicuramente.
Uno degli episodi nel corso della mia carriera che mi ha aiutato a migliorare sotto tutti i punti di vista”.

Tornato in Italia, nel 2019, con la Pro Recco, vinceste subito campionato e Coppa Italia. Quest’anno l’An Brescia è partita come una schiacciasassi. E lei è sempre al centro di tutto. L’obbiettivo è ripetere il double? E in Champions? Crede che Brescia abbia la possibilità di arrivare fino in fondo?

“Noi sicuramente partiamo con l’obbiettivo di vincere in tutte le competizioni. Ovviamente sarà difficile, ma dobbiamo provarci. In Italia abbiamo il Recco che è una super squadra, sono fortissimi. L’anno scorso, nonostante fossimo una rosa veramente buona, completa, abbiamo fatto un miracolo a vincere lo scudetto contro il Recco. Soprattutto a vincere in casa loro. Chiudere la serie sul 3-1 è stato secondo me un vero miracolo!

Poi, purtroppo, ci è rimasto l’amaro in bocca per come è andata a finire l’ultima Champions. Abbiamo dovuto giocare la semifinale senza giocatori importanti, uno con il dito rotto, due con le costole rotte. Siamo usciti letteralmente con le ossa rotte dalla finale scudetto. Eravamo un po’ corti, tuttavia, avremmo potuto dare qualcosa in più, specialmente in Champions. Quest’anno ci ripresenteremo pronti, con una squadra che può ancora crescere e con giocatori nuovi in ruoli importanti, come il portiere, fondamentale nella pallanuoto. Puntiamo a vincere ogni competizione. Ogni partita ha la sua storia e noi siamo molto motivati”.

Tokyo 2020. Il settebello si è presentato alle Olimpiadi da campione del mondo in carica, purtroppo, la sua corsa è terminata ai quarti di finale contro la Serbia in virtù di un netto 6-10. Le attese, inutile sottolinearlo, erano ben altre. Come ha vissuto quella sconfitta? Da cosa ritiene sia nata?

Sarò sincero: è stata una grande delusione Tokyo.
Noi partivamo con l’obbiettivo minimo di vincere una medaglia. Ovvio che sia stata una grande delusione. I protocolli anti-Covid non hanno avuto nessun peso o effetti collaterali sul risultato, anche perché tutti dovevano rispettarli, Serbia inclusa. Con partite così tirate, sono proprio i dettagli a fare la differenza. Basti pensare che la Serbia è arrivata a vincere la medaglia d’oro dopo essere arrivata terza nel girone. Devi stare bene nella partita decisiva. Poi ci sono altri fattori. Noi siamo andati molto vicini al primo posto nel girone.

Ricordo la partita con la Grecia, poi qualificatasi come prima del girone. Abbiamo avuto la possibilità con l’uomo in più e il nostro miglior tiratore, di eseguire un tiro facile che, se fosse entrato, avrebbe potuto magari cambiare il corso della nostra Olimpiade. Ricordo benissimo che quando abbiamo vinto i mondiali avevamo fatto un girone veramente pessimo, soffrendo con squadre come Germania e Giappone, non esattamente al nostro livello. Poi siamo andati in crescendo. Invece, purtroppo, in queste Olimpiadi abbiamo incontrato la Serbia, soffrendola pesantemente e non riuscendo mai crescere nel nostro gioco. Con un pizzico di fortuna e un po’ più di motivazione, arrivando primi nel girone, avremmo potuto puntare alla finale.

Saremmo cresciuti e, magari, avendo un quarto più facile, avremmo potuto emulare il percorso poi fatto dalla Grecia e puntare all’oro. Ma ci può stare che sia andata come è andata. In queste Olimpiadi potevano vincere almeno 7 squadre. Come siamo usciti noi ai quarti, così è toccato alla Croazia, una grandissima nazionale.

Una delusione, ripeto. Però così è lo sport. Partiamo sicuramente quest’anno più motivati di prima in vista della prossima Olimpiade, distante solo tre anni. Anzi, nel 2022 ci saranno addirittura due competizioni: il recupero a Maggio del Mondiale 2020 in Giappone e gli Europei ad agosto. Quindi, dimenticare alla svelta la delusione di questa Olimpiade e lavorare duro per portare altre medaglie in Italia”.