Verso la storia, Napoli Roma: da ieri ad oggi

In modo molto cauto: siamo nel bel mezzo della storia. I ragazzi di oggi sono i prossimi padri che diranno di aver assistito ad uno spettacolo unico, una festa mozzafiato. Ci stiamo andando a prendere lo scudetto.

Tifosi NapoliFoto Mosca
Articolo di Lorenzo Maria Napolitano29/01/2023

© “NAPOLI” – FOTO MOSCA

Ricordate quando, di ritorno da un bellissimo viaggio, la mamma tornava a casa con un album da guardare tutti insieme ed esclamava: “Ho sviluppato tutte le foto di questa bellissima vacanza, sfogliamolo insieme!“.
Allora tutti si siedono sul divano, si avvicinano, pronti a rivivere quei momenti. Si partiva solitamente da quelle durante il volo, in cui si racconta che, magari, i soldi necessari per partire sono stati racimolati all’ultimo momento. Le pagine seguono la melodia della memoria, e tra una risata ed un aneddoto che gli altri non avevano vissuto, non ci sono più immagini. “È un bel problema“, rimbrotta uno di loro. Ma la mamma, e chi se non lei, non tarda (mai) nella risposta: “Nulla di cui preoccuparsi, ho lasciato volutamente delle pagine bianche, le riempiremo con le foto del prossimo viaggio; ma adesso posiamolo, c’è da lavorare, studiare, altrimenti col cavolo che si riparte“. È più o meno questo il modo in cui un Napoli degli anni ’80 ha lasciato il suo libro. Un ricordo magnifico, impresso nelle pagine della storia e lasciato alle generazioni avvenire, con il compito di continuare a riempirlo.

Non è stato facile, perché effettivamente – proprio come rimproverava la mamma della storia precedente – di soldi, da quel momento, non è che ce ne siano stati poi così tanti. Ed infatti il Napoli sarà una famiglia sommersa di debiti: arrangerà delle squadre messe su a pane, amore e fantasia, venderà pezzi pregiati (Crippa e Zola) per permettersi qualcosa di più – diranno, ma in realtà era per far quadrare un attimo due conti e costruire una squadra degna del nome che doveva difendere.

Negli anni successivi il termometro delle difficoltà non farà che salire, e nonostante al sud non si disdegna un bagno a mare neanche a novembre, nulla potrà la società azzurra, che si scioglierà come un ghiacciolo al sole. È un album, quello lasciato dagli eroi dei due scudetti, che sembra destinato a marcire in cantina. Senza un continuo. Prenderà l’accezione, nel tempo, di album dei ricordi da sfogliare a Natale o nei momenti del bisogno (per difendere la squadra e darsi qualche area). Saranno vani tentativi futuri, purtroppo. Nessuno sarà più come loro.

Soltanto una ventina di anni dopo, forse qualcosa di più, un direttore sportivo fino a quel momento contestato un po’ troppo mette a segno dei colpi un po’ singolari, un po’ troppo per la piazza che si lascia andare in contestazioni, proteste, slogan. Non si respirava un gran fiducia in giro, diciamo così. Le prime partite ammutoliscono tutti, o quasi tutti perché gli scettici ci sono sempre. Vittoria, su vittoria, su vittoria. Parte la Champions e con un paio di schiaffi rapidi si mandano a tappeto Liverpool e Ajax. È un risultato sorprendente. Inimmaginabile. Forse, quell’album di foto, avrà finalmente un continuo.

Sono dodici le lunghezze che dividono Napoli dal resto d’Italia, ma la supremazia inscenata è incredibile. È sia forte che potente, che non sono sinonimi, stando agli insegnamenti di Lao Tsu, filosofo cinese del VI secolo a.C. Produce meraviglie come Willy Wonka, crea piacere ed endorfine, mal di pancia per gli avversari. È talmente distruttivo che addirittura a Napoli non esiste più la scaramanzia, si parla di scudetto liberamente e non di “quel fatto lì“, “quello che manca da anni“.

In modo molto pacifico e cauto: siamo nel bel mezzo della storia. I ragazzi di oggi sono i prossimi padri che diranno di aver assistito ad uno spettacolo unico, una festa mozzafiato. Ci stiamo andando a prendere lo scudetto. Il terzo. Allora vale la pena ricordare le partite più entusiasmanti che ci portarono alla gioia pura, che riproveremo tra qualche mese, continuando così.

15 marzo 1987, Napoli-Roma: 0-0

Con il principiare del 1987, a Napoli si inizia a respirare non solo un aria diversa, ma anche in modo diverso. La testa è alta, le spalle dritte ed il petto all’infuori: per la prima volta si può pronunciare una parola mai sentita guardando il calcio; inizia con la ‘c’ ed è Campioni, seguita da un’altra che è soltanto il preambolo di quello che sarà dopo, ovvero Inverno. Come superare gli scritti all’esame di Stato, ma manca la prova più importante, l’ultima, quella orale. Si okay, questo è il modo. Ma si respira anche qualcosa di diverso, perché un vento argentino sta cambiando i connotati della città e dell’intera porzione geografica di cui fa parte. Il 15 marzo difronte al Napoli si pone la Roma, seconda in classifica. Il sud sta iniziando man mano ad entrare nel tessuto del calcio che conta, non più monopolio del nord.

La Roma si presenta come il suo DNA prevede, è una squadra ostica, fisica, difficile da affrontare, per di più quando può vantare campioni come Conti, Giannini, Ancelotti. Con quasi ottantamila persone sugli spalti, gli azzurri raggiungono un record incredibile, nonostante opaco sotto i della storia: ha incassato per la diciottesima volta cento milioni di lire. È una partita delicata – dirà O’ Petisso Pesaola, analizzando un primo tempo senza troppe emozioni – che però fa bene al Napoli dato il vantaggio in classifica. Assente, invece, la Roma.

Un Napoli estremamente guardingo gestisce la gara al meglio senza concedere troppo alla squadra capitolina. La partita, diranno i radiocronisti dell’epoca, si giocherà sostanzialmente a centrocampo con duelli molto forti. Bagni annulla Ancelotti, ma anche “Tortello” non permette nulla al centrocampista azzurro, salvo un guizzo nel primo tempo che si conclude, però, in un nulla di fatto.

La ripresa è diversa, ma nulla è sufficiente per gonfiare la rete. La Roma si arrocca in difesa e lascia solo Agostini in avanti. La manovra del Napoli è sempre più disinvolta, ma purtroppo non sarà la giornata giusta di Bruno Giordano, che più di una volta diventa preda dello sguardo di Tancredi. Non c’è molto spettacolo, e allora ci pensa Diego, che diventa protagonista accontentando i più delicati di palato e gli assetati di grandi giocate, ma nessuno si fa trovare pronto nel cuore dell’area di rigore. Finisci a reti bianche al San Paolo.