Giorgio Mariani e Giancarlo Corradini, Sassolesi D.O.C.

Mariani e Corradini erano agli antipodi. I due calciatori avevano, però, in comune il luogo di nascita, Sassuolo, ed una militanza nel Napoli.

Articolo di Davide Morgera29/04/2022

Erano agli antipodi, il polo Nord ed il polo Sud. Caratteri diversi, mentalità ed epoche che oggi appaiono lontane anni luce. In comune avevano, però, il luogo di nascita, Sassuolo, ed una militanza nel Napoli. Una fulminea, di un anno, l’altra abbastanza duratura, di ben sei anni. Parliamo di Giorgio Mariani, capellone e punta ‘spuntata’ di un Napoli di inizio anni ’70 e di Giancarlo Corradini, difensore che diventò ancora più bravo a giocare nel Napoli stellare a cavallo tra gli anni ’80 e i ’90.  Il primo, col Sassuolo, ha giocato solo nelle giovanili e a fine carriera, mentre il secondo un intero campionato di serie D, nel 1977-78, prima di spiccare il salto verso il grande calcio.

Giorgio Mariani era uscito dal mondo del calcio che conta in punta di piedi per far ritorno nella sua Sassuolo, prima per tirare gli ultimi calci ad un pallone e poi come general manager, voluto dal futuro presidente Squinzi nel 1987-8 quando la Mapei diventò il main sponsor dei nero verdi. Il sassolese, ex ala di Fiorentina, Verona, Napoli, Inter e Cesena, oggi non c’è più e volentieri lo avremmo intervistato per farci spiegare perché il calcio è così profondamente mutato. L’anno in cui Mariani giocò con gli azzurri, indossando la 11 ma anche la 9, la squadra aveva in attacco, oltre a lui, Damiani, Umile, Canè e Ferradini. Cinque punte che si alternarono per la miseria di 11 reti in totale. In effetti Damiani e Mariani, che facevano la ‘rima baciata’, giocavano abbastanza larghi, convergevano verso l’area avversaria ma erano troppo leggerini per impensierire le difese nemiche. Nel mezzo, infatti, mancava un risolutore, un vero bomber, uno squarciatore di reti, uno di un certo peso. Mariani, in diverse gare impiegato anche da centravanti, non poteva esserlo ed infatti la storia ci ha detto che i suoi migliori campionati li ha fatti da spalla a Boninsegna nell’Inter, da seconda punta.

Mariani con due maglie

Quando il Napoli puntò su di lui, costava poco, aveva un buon sinistro, sapeva dribblare ed insinuarsi nelle aree avverse ma nel suo DNA non ci sono mai state caterve di gol. Fu una scommessa. Tre reti in tutto il campionato 72-3 furono poche per la riconferma tanto più che Vinicio, il nuovo allenatore, aveva già in mente un duo di attaccanti che doveva venir fuori dal quadrilatero Canè, Clerici, Troja e Braglia. Così quando arrivò la richiesta del Palermo, il Napoli lo cedette senza colpo ferire.

Mariani in azzurro

Nell’allora calcio mercato di novembre la svolta. Mariani passò all’Inter dove fece la fortuna di ‘Bonimba’ per due stagioni ma nemmeno coi nerazzurri avrà un matrimonio lungo. Passò al Cesena dove raggiunse una insperata e storica qualificazione in Coppa U.E.F.A. A Napoli andò come andò, gli anni di piombo sarebbero arrivati di lì a poco e la meglio gioventù portava ancora i pantaloni a zampa di elefante, gli stivaletti col tacco, le camicie sbottonate ed i capelli lunghi. Quelli che caratterizzavano anche il viso da ‘borgataro romano’ di Giorgio che avremmo visto volentieri in un film di Pasolini. Il San Paolo gli portò bene, infatti tutte e tre le reti le segnò a Fuorigrotta, curiosamente in tre partite finite sempre 1 a 1. Due con le torinesi ed una col Bologna. In verità fece anche due gol in Coppa Italia, uno ad agosto nel 3 a 0 contro il Brindisi ed un altro a Bergamo per un 1 a 1 con l’Atalanta. Fu il secondo ‘cavallo pazzo’ (dopo Chiarugi), diceva di fumare più di un pacchetto di sigarette al giorno (per questo motivo fu fatto fuori da Viciani al Palermo) ed era un tipo fumantino. Da giocatore non fu mai uno tenero e se c’era da litigare non si tirava certo indietro. Il suo temperamento lo portò anche a gesti plateali in campo. Memorabile anche qualche ‘vaffa’ con i signorotti dell’Inter, nella lista anche Mazzola e Boninsegna. Nello stesso tempo, però, aveva un cuore grande così. Si dice, infatti, che in casa, con quattro figlie femmine che lo ‘domavano’, era un pezzo di pane. Proprio recentemente Simonetta, una di loro, gli ha dedicato un libro dal titolo “Era mio padre” col significativo sottotitolo di “L’ultimo angelo maledetto del calcio“. Mariani adesso gioca in Paradiso, fa da spalla a Saltutti, suo compagno nella Viola, e negli allenamenti del giovedì è attento a non farsi male. Sapete, lui è piccoletto e vuole continuare a giocare. Per poi fare ancora qualche boccata con le ‘bionde’. Dopo la doccia.

Scheda di Corradini

‘Amarcord’ Corradini, sì, mi ricordo di te, vecchio cuore Toro. Tu hai insegnato a molti tifosi partenopei cosa significa vincere all’ultimo istante, cosa vuol dire gettare il cuore oltre l’ostacolo. Hai segnato solo due gol nella tua permanenza a Napoli ed entrambi ci hanno fatto godere. Reti ‘orgasmiche’. Forse l’idea che puoi ribaltare una partita ed andare dallo 0 -1 al 2- 1 o dallo 0-2 al 3-2 potrebbe sembrare strana e bizzarra ma con la squadra nella quale ha militato Corradini tutto era possibile. Sei campionati col Napoli, 173 presenze e, appunto, 2 gol. Due reti in due finali convulsi nello stesso campionato, a braccetto con Diego Armando Maradona e l’allegra combriccola del secondo scudetto, anno di grazia 1989-90.

La prima volta accadde al San Paolo, 17 settembre 1989, Napoli sotto di due reti contro la Fiorentina nel primo tempo. Quel giorno Roberto Baggio, che era già fenomeno, fece il fuoriclasse e in 10 minuti tramortì il Napoli con serpentine e dribbling da KO. Due a zero per la Viola. Nel secondo tempo entra in campo un barbuto Maradona al posto di Mauro e dà la carica. Autorete di Pioli e rimonta possibile, poi Careca sfonda come solo lui sapeva fare e a due minuti dalla fine Corradini, in tuffo di testa, segna il 3 a 2 per gli azzurri. San Paolo impazzito di gioia, entusiasmo dei tifosi alle stelle, anzi sotto una buona… stella, quella che darà al Napoli il triangolino tricolore. Eh, sì, perché se devi vincere un campionato lo si capisce anche da questi episodi, vero? 

Il gol di Corradini alla Fiorentina

L’anno che apre la nuova decade, quello degli stadi nuovi, del campionato del Mondo “Italia 90”, è iniziato da poco. È l’ora di pranzo di domenica 14 gennaio e una fetta dello stadio Friuli è già pieno della folla di napoletani che lavora nella città friulana. Camerieri, ambulanti, stagionali, commercianti non aspettano altro, il Napoli sa che a Tarvisio c’è un club che risponderà presente come sa che verranno anche dal confine austriaco e da tutto il Nord per seguirlo. Lo sponsor ‘Mars’ campeggia sulle maniche lunghe dell’azzurro, il cielo sopra Udine è ballerino con sferzate di pallido sole ma anche ventate glaciali. Un gelo che cala sui tifosi ‘emigranti’ quando il napoletano De Vitis, prodotto del vivaio partenopeo, al ‘3 incorna e beffa il povero Giuliani. L’Udinese prende coraggio, attacca, crea e va vicino al raddoppio. Il Napoli, dal canto suo, non dorme ma soffre maledettamente l’agonismo e il dinamismo della provinciale guidata dall’ex Marchesi, un signore della panchina. Batti e ribatti, Renica si fa male e gli subentra Corradini che va a giostrare da libero. La difesa viene risistemata da Bigon che ha già i suoi problemi in attacco e a centrocampo per le contemporanee assenze di Careca e De Napoli. Al minuto ’86 il peperino Mattei indovina l’angolo più lontano e porta la squadra friulana sul doppio vantaggio. Partita persa? Come si possono recuperare due reti nei tre minuti che mancano al novantesimo? Ce lo chiedevamo quando le nostre orecchie erano attaccate ai transistor delle radioline o quando, da qualche macchina che sfrecciava, lo stereo sentenziava “Udinese 2 Napoli 0”. Vabbè, è persa, la rassegnazione prese il sopravvento ma non avevamo fatto i conti con i due folletti napoletani, Maradona e Zola, e l’elfo, il signor Corradini da Sassuolo.

Successe che Diego, il primo folletto, batte una punizione a sorpresa, il secondo folletto, il futuro ‘magic box’ Zola, viene atterrato in area e l’arbitro decreta il calcio di rigore. Manca un minuto alla fine. Sul dischetto ci va sempre lui, il primo folletto, il Dio del calcio. Pallone da una parte e Abate dall’altra. Eh, sì, perché se devi vincere un campionato hai bisogno anche di quelli che ti inventano qualcosa. La rimonta appare difficile, attraverso le radio non sai effettivamente come sta giocando la squadra, speri solo nel miracolo del recupero. Non la spegni perché la fede non te la fa spegnere, diventi un pellegrino e in quel momento ti vedi al cospetto di San Gennaro e cominci a pregare tutti i santi che consideri amici. Allora arrivò la signora Palla della Disperazione che dai piedi di Alemao, con un lancio di 30 metri, giunse a Fusi che, dalla sinistra, crossò per la testa di Zola, sì, il piccoletto sardo. Schiacciata di testa, miracolo di Abate che ribatte ma l’elfo Corradini, che fulmine di guerra non era mai stato ma aveva intelligentemente seguito l’azione, si avventa sulla palla e la ribatte in rete. Due minuti due gol, infarti e defibrillatori a volontà tra i tifosi partenopei dopo un pareggio acciuffato per i capelli. È il minuto ’92, la gente incredula guarda gli orologi, sa che l’arbitro Pairetto aveva dato solo due minuti di recupero. La folla di camerieri, ambulanti, stagionali e commercianti alza poi lo sguardo e vede Corradini correre come impazzito per il campo. E capisce che non è un sogno. Era un cuore Toro, Giancarlo, ma quando fece quella ‘doppietta’ diventò anche cuore… napoletano.

Cartolina di Corradini