Utopia canaglia
Il destino del Napoli è tutto un marchingegno che De Laurentiis prova a far digerire: assoluzione non condivisa dello Spalletti bis, ammiccamento alla napoletanità di Mertens, un “volemose bene” davanti a uno spaghetto alle vongole veraci.

© “SPALLETTI – DE LAURENTIIS” – FOTO MOSCA
Da quando il calcio è calcio, e lo sport è sport, se la squadra ‘X’ delude, per incoerenza e inspiegabile scarto tra valore degli atleti e assenza di risultati, la vittima sacrificale del default è il responsabile tecnico, l’allenatore e spesso il benservito coinvolge il suo intero staff. Succede appunto nel calcio (incomprensibile la riconferma di Mancini Ct della nazionale dopo la debacle degli azzurri esclusi a ragione dai prossimi mondiali). Succede nell’universo del tennis, del nuoto e di molte altre discipline. E perciò il tentativo di condividere la bizzarria che connota il governo del Napoli calcio è rapidamente destinato a smentita. Vediamo perché.
De Laurentiis, fino all’altro ieri, cioè fino allo sperpetuo delle ultime partite degli azzurri, ha sempre esternato ottimismo a profusione e lasciato intendere che questo Napoli era in grado alla pari con Milan e Inter di chiudere la stagione in corso con la conquista dello scudetto. A sostegno dell’azzardata tesi ha reiterato attestati di stima per Spalletti, ‘miglior allenatore del circuito’: “Non è in discussione, ha un contratto di due anni con opzione per un terzo”. La traduzione: licenziarlo costerebbe milioni di buona uscita e altri per rimpiazzarlo “…me lo tengo”. Geniale la sintonia presidenziale con Spalletti: il tecnico ha mortificato per l’intera stagione le qualità offensive di Mertens, finito in panchina, salvo a chiedergli di rimediare a partite in salita negli ultimi minuti, ha sbagliato formazioni in partenza e cambi, non ha mostrato uno straccio di bel gioco e ora è costretto da contratto ad assecondare l’idea del presidente di compensare la partenza di Osimhen (sul mercato per far cassa in Gran Bretagna) restituendo al belga napoletanizzato ‘Ciro’ autorevolezza e stima.
“A tavola”, racconta un vecchio proverbio, “non s’invecchia”, ma l’eclettico presidente del Napoli lo ha sostanzialmente modificato. Giura che per una pax costruttiva con la squadra “Bastano un paio di cene”. Mah! Non gli fa difetto neppure il replay della collaudata strategia per acquisire l’endorsement dei tifosi, incavolati al punto da boicottare gli incassi delle partite casalinghe degli azzurri (ribellione confermata dall’annunciato disertare di sabato prossimo del Maradona stadio che ospiterà il Sassuolo): De Laurentiis affida il tentativo di edulcorare il dispetto dei napoletani per il pessimo finale di campionato con la notizia dell’acquisto di tale Khvicha Kvaratskhelia, nella sua lingua ხვიჩა კვარაცხელია, nazionale della Georgia, ventunenne, giovane talento. Il presidente, affiancato da Giuntoli, lascia intendere che si potrebbero avviare contatti con il Sassuolo, a Napoli sabato prossimo per sondare la disponibilità di ‘acquistare’ uno tra Simeone o Scamacca, ma aggiunge, con storica cautela, di temere “la bottega del Sassuolo, perché cara”. Ma poi, Simeone Junior (Cagliari) e l’aitante Scamacca sono davvero l’alternativa all’altezza del nigeriano che la Premier League corteggia con un’offerta di matrimonio da 100 milioni? (Manchester United).
Ecco, il destino del Napoli è tutto in questo marchingegno che De Laurentiis prova a far digerire. Assoluzione non condivisa dello Spalletti bis, ammiccamento alla napoletanità di Mertens, un “volemose bene” davanti a uno spaghetto alle vongole veraci, ricetta di Cannavaciuolo, a una classica frittura di gamberi e calamari, innaffiati da un frizzante ‘Gragnano’. Cameriere, champagne! …Per brindare a un addio (Osimhen), alla beatificazione dell’allenatore contestato perfino dai fedelissimi di ‘Forza Napoli sempre’ e dai media, anche se tardivamente. Purtroppo, l’augurio di ‘buon futuro’ molto somiglia a un miraggio, a cieca utopia.