©️ “OSIMHEN” – FOTO MOSCA
Ha guardato in bocca a caval’ donato il Napoli a Marassi, come chi per orgoglio, nei guai, rifiuta una mano amica, un fischietto in questo caso, quello di Abisso. Un abisso è ciò che corre tra il contatto Murru-Anguissa e un rigore, assegnato però agli azzurri al solo secondo giro completo di lancetta. Lobotka serve il camerunese che si inserisce in area, l’ex Fulham è contrastato dal terzino sardo e finisce a terra per un pestone quasi involontario al termine di un corpo a corpo regolare. L’arbitro palermitano non ci pensa due volte: è rigore. Lo richiamano al VAR e conferma, si può procedere.
Politano sul dischetto – e non abbiamo ancora capito il perché – lo sbaglia, tira malissimo, a centro destra, Audero intuisce, tocca e la mette sul palo. Il favore del destino è rifiutato con un “no, grazie, faccio da solo”. E menomale per due. Menomale perché dopo i fatti di Monza, questo rigore avrebbe creato un brutta aria intorno alla squadra, la stessa di cui poi ci si sente vittime. Menomale perché i nodi arriveranno al pettine, la questione tiratori ha una versione pubblica – quella raccontata da Luciano – ed una privata, risolveranno la seconda all’occorrenza.
E veniamo, finalmente, alla partita, cominciata davvero al sesto minuto. Il Napoli ha subito la Sampdoria, per dodici minuti. Dopo il rigore sembrava di essere tornati a San Siro, o forse è stato ancora peggio. Dietro si è ballato come un sabato sera italiano, è stato il festival delle disattenzioni e dei palloni persi come spicci da tasche troppo larghe. Lo ha fatto due volte Di Lorenzo, poi Lobotka, Anguissa.
I blucerchiati erano lì a raccogliere a mano aperta. Ricevevano e puntavano Meret, un paio di volte graziato, clamorosamente da Lammers in tap-in perdente, ed una miracoloso su missile terra-area partito dal sinistro di Verre.
Ci ha pensato Osimhen a dare la sveglia ai suoi, a caricarseli sulle spalle, a dare la caccia ai gufi nella savana. È andato vicino al gol di testa, al sedicesimo e poi l’ha fatto davvero. Mario Rui lo ha servito dalla sinistra con un assist al bacio perugina, il nigeriano ha anticipato come un felino Nuytinck e ha messo la palla alle spalle d’Audero in scivolata: uno a zero.
Parola ai campioni. Parola a Rui, al sesto assist in tredici partite, secondo difensore nelle top 5 leghe in questa speciale classifica. Parola a Victor Osimhen, capocannoniere della Serie A con dieci reti, secondo giocatore africano a segnare almeno 10 gol in tre stagioni differenti in Italia, dopo George Weah, e in doppia cifra in ciascuna delle ultime tre stagioni, come Harry Kane, Haaland, David, Mbappé e Lewandowski nei rispettivi campionati.
La missione dell’attaccante mascherato non era ancora terminata. Sul finale del primo tempo è sbucato dal niente, sulla destra, si è palesato come un fantasma, ha spaventato Nuytinck, l’olandese che per fermarlo è finito a terra, e si è involato verso la porta in solitaria. Rincon alla disperata lo ha falciato, entrataccia horror. Corte marziale: rosso per il Generale. Samp in dieci. Partita virtualmente finita e decisa dagli strappi di Osimhen, nei fatti poi chiusa da Elmas al minuto 82’ su rigore, questo sacrosanto.
Indiscutibile come il titolo di campione d’inverno. Arrivato nella notte, quando anche l’altra milanese – quella rossonera – si è fermato sul X, contro una Roma rediviva. A due partite dal giro di boa sette lunghezze sulle seconde (Juve e Milan) fanno il titolo, riguardo al quale – adesso che è ad appannaggio degli azzurri – si interrogano circa l’utilità. Non ne ha, ma fornisce una proiezione: se il Napoli mantenesse questa media chiuderebbe il campionato a 98 punti. Mica pochi.
Per calibrare con più accuratezza la percentuale abbiamo un scontro diretto a disposizione, il prossimo, big match e ossessione, la Juventus. I bianconeri viaggiano a fari spenti e arrivano da lontano guidati dal mago Max l’uomo che trasforma i fischi in applausi, e i super competenti di calcio in ciucci. Bisogna temerli? Forse, e solo sul campo, senza farsi mettere nelle orecchie e in testa strane idee.
Il Napoli c’è, non è di colpo guarito dopo il Meazza. La condizione non è ancora delle migliori, la coralità manca, e alcuni singoli – come Kvara – sono lontani parenti di quelli che ricordavamo. Ma ha determinazione, capacità di non arrendersi alle difficoltà, è machiavellico, come non lo è mai stato in passato, e qui si gioca tutta la speranza nella vittoria finale.
Una vittoria che comincerebbe a tricolorarsi ancor più se i non colorati andassero via dal Maradona senza punti. Scivolerebbero a – 10, il Milan resterebbe al massimo a – 7. Sono tante lunghezze dalla seconda. Quasi quanto quelle maturate prima della sosta. Chi glielo va a dire adesso a quelli che portavano crisantemi sulla carcassa azzurra che la sconfitta di Milano si è già annullata.
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