Ciao Sinisa, abbiamo fatto il tifo per te

Dopo una lunghissima battaglia contro la leucemia, scoperta nel 2019, ci ha lasciato all'età di 53 anni Sinisa Mihajlovic.

Articolo di carloiacono16/12/2022

©️ “MIHAJLOVIC” – FOTO MOSCA

Sinisa Mihajlovic è volato via, come quei palloni calciati dal suo piede sinistro fatato, che ci facevano saltare dal divano. È morto, e anche questo ci lascia a bocca aperta. Si è spento a 53 anni l’allenatore serbo, perdendo, solo alla fine, la lunga battaglia contro la leucemia che aveva bussato alla sua porta nel luglio del 2019. Fu un fulmine a ciel sereno quella malattia, un grosso spavento per il mondo del calcio intero, perché quei personaggi che vediamo in tv o da vicino, giocare o allenare, fanno parte della nostra famiglia, e alcuni, come Sinisa, ci sono empaticamente ed umanamente vicini.

Eppure se qualcuno sembrava in grado di vincerla quella “bastarda”, l’indiziato era Mihajlovic. Sinisa, il guerriero, aveva gonfiato il petto, e con l’aiuto della famiglia, dei suoi calciatori, l’aveva messa sul piano personale, allo stesso modo di quando era in campo: sarò più forte io. Oggi sappiamo che quella grinta, che tanto abbiamo stimato e apprezzato negli anni, non è bastata. Non sono bastate le nostre preghiere.

Era inizio dicembre, qualche giorno fa, quando l’abbiamo visto per l’ultima volta in pubblico. Sinisa era a Roma, la sua città d’adozione, in occasione della presentazione di un libro. E di capitoli, se ne scriveranno sicuramente su di lui. Mihajlovic, il grande difensore col vizio del gol, buttafuori dell’area e cecchino del Vojvodina, prima, dello Stella Rossa Belgrado, poi, e, ancora, Roma, Sampdoria, Lazio e Inter. Mihajlovic, l’allenatore dal cuore formatosi sotto le bombe e dalle idee fresche e battagliere, portate avanti al Milan, al Torino, a Firenze, poi a Bologna, dove è rimasto in sella fino allo scorso 6 settembre, prima di essere esonerato.

Fu un esonero che a molti fece storcere il naso. I rossoblù si erano indeboliti e dare il benservito a Sinisa sembrava sbagliato. Era sbagliato pensare fosse un benservito, era un arrivederci. Ciao Sinisa, vai, ammazzala e torna.

Non tornerà purtroppo Sinisa. La sua battaglia l’ha persa in tre anni. Era il 13 luglio 2019 quando, in conferenza stampa, annunciò la sua malattia, senza però lasciare la panchina dei felsinei. Nulla poteva allontanarlo dal suo mestiere, dalla sua figura di guida. Anche da una stanza di ospedale faceva arrivare le sue urla ai ragazzi, i suoi figli. Gli volevano un gran bene i calciatori a Mihajlovic, per lui avrebbero dato l’anima, perché era un uomo buono, autentico e una fonte continua d’ispirazione, passione e abnegazione. Ritornò addirittura in panchina, sembrava ce l’avesse fatta.

Solo lo scorso marzo ci raccontò del ritorno della bestia: “Purtroppo queste malattie sono subdole e bastarde dalle ultimi analisi sono emersi campanelli allarmanti che fanno pensare che la leucemia possa riemergere”. Si fermò ancora, ma ancora una volta, ritornò alla guida tecnica, la panchina del Bologna non l’avrebbe mai mollata, fino all’esonero di tre mesi fa, che urlava ancora: Ciao Sinisa, vai, ammazzala e torna.

Dopo c’è stato solo silenzio, fino ad oggi. “La moglie Arianna, con i figli Viktorija, Virginia, Miroslav, Dusan e Nikolas, la nipotina Violante, la mamma Vikyorija e il fratello Drazen, nel dolore comunicano la morte ingiusta e prematura del marito, padre, figlio e fratello esemplare, Sinisa Mihajlovic. Uomo unico professionista straordinario, disponibile e buono con tutti. Coraggiosamente ha lottato contro una orribile malattia. Ringraziamo i medici e le infermiere che lo hanno seguito in questi anni, con amore e rispetto, in particolare la dottoressa Francesca Bonifazi, il dottor Antonio Curti, il Prof. Alessndro Rambaldi, e il Dott. Luca Marchetti. Sinisa resterà sempre con noi. Vivo con tutto l’amore che ci ha regalato”.

Sinisa è volato via, ma noi lo ricorderemo. Come ricorderemo quel giorno in cui disse di tifare Napoli per la lotta scudetto. Sappi, Sinisa, che noi il tifo per Mihajlovic l’abbiamo fatto sempre. E la tua partita l’hai vinta lo stesso.

“Non so cosa mi riserverà ancora il futuro, ma so che rivivrei e rifarei tutto, nello stesso modo. Anche gli sbagli, anche i dolori. Perché non esistono vite perfette. E sarebbero pure noiose. Ho vissuto ogni partita come se fosse la vita. E la vita come fosse una partita. Se oggi sono quello che sono, è grazie a tutto quello che mi è successo”.

Dal libro di Sinisa Mihajlovic, La partita della vita.