Per il primo anniversario della morte di Maradona, noi di Sport del Sud abbiamo avuto la possibilità di chiacchierare con quattro persone molto vicine al Pibe de Oro durante il suo settennato a Napoli.
Darwin Pastorin, ex giornalista del Guerin Sportivo e di Tuttosport, ricorda il viaggio aereo di Diego da Barcellona alle sponde del Vesuvio; Mimmo Malfitano, ex giornalista de La Gazzetta dello Sport, torna a quando, durante gli allenamenti a Soccavo, Maradona si divertiva a giocare a pallone nel fango come un bambino; Franco Rasulo, inventore della sigla Ma.Gi.Ca., spiega del difficile periodo di Maradona alla clinica di Merano; Infine, Gianni Aiello, segretario ed autista del Pibe de Oro dal 1984 al 1991, racconta con emozione il suo rapporto intimo con Diego, che lo considerava parte della sua famiglia.

5 luglio 1984
Darwin Pastorin: “Chiesi a Maradona come avrebbe superato la nostalgia di Buenos Aires”
Darwin Pastorin, ex giornalista ed ex direttore di Sky Sport, descrive la forte personalità di Maradona già all’età di 20 anni, e racconta di come Diego combatteva la nostalgia della sua amata città natale:
“È passato un anno ed ancora sono forti il dolore, la nostalgia, la malinconia, il rimpianto nei confronti del più grande calciatore di tutti tempi, che io ho avuto la fortuna di conoscere e frequentare nelle sue stagioni a Napoli e al Siviglia”.
Il Mundialito in Uruguay, nel 1980
“L’ho visto la prima volta in occasione del Mundialito in Uruguay, quando fece una conferenza stampa con tantissime persone in un albergo a Montevideo. Aveva poco più di 20 anni e si percepiva già che era destinato a diventare una persona di grande spessore, anche dal punto di vista dialettico. Sapeva come affrontare decine e decine di giornalisti. Aveva sempre grande entusiasmo nel rispondere alle domande”.
L’arrivo a Napoli
“L’ho conosciuto bene nei giorni della lunga trattativa a Barcellona. Ogni giorno sui giornali vi era un titolo diverso: “Maradona se queda”, ossia Maradona resta, e “Maradona se marcia”, ovvero se ne va. Alla fine è arrivata la notizia clamorosa del trasferimento. Sull’aereo che portava Diego a Napoli c’ero anche io e abbiamo fatto una foto insieme. Mi ricordo che l’ho intervistato pochi giorni dopo il suo arrivo, dopo la grande festa al San Paolo che lo ammirava palleggiare. Chiesi a Maradona: “Come farai a superare la nostalgia di Buenos Aires?” Lui rispose, mostrando un sorriso a girasole: “Mi basterà aprire la finestra e guardare il mare di Napoli”.
Diego ha sempre avuto coraggio nell’esporre le sue opinioni. Amava andare in direzioni ostinate e contrarie. Lo ha fatto per tutta la vita”.
In allenamento accarezzava le nuvole
“Ricordo bene Diego durante gli allenamenti: era uno spettacolo vederlo. L’impressione era di avere a che fare con un calciatore che accarezzava le nuvole. Poi era divertente. Gli dissi che mio figlio Santiago voleva fare il portiere. Si rivolse alla telecamera e disse: “Non fare il portiere, che quelli sono tutti tristi”.
Era piacevole parlare con lui perché non era mai banale. Era commovente, travolgente, tutto. Dopo un anno lo piango e lo rimpiango”.

Mimmo Malfitano: “Diego adorava allenarsi sotto la pioggia, era come un bambino”
Mimmo Malfitano, ex giornalista de La Gazzetta dello Sport, ricorda quando Maradona si autoinvitò alla sua trasmissione televisiva, e di come si divertiva a giocare a pallone nel fango, proprio come un bambino:
“Nel 1986, conducevo una trasmissione a Telelibera 63, dal nome “Il buco nella rete”. Un martedì ero allo stadio per intervistare alcuni calciatori. Aspettai Maradona fuori dallo spogliatoio per rubargli una battuta. Quando mi avvicinai per fargli una domanda, lui mi disse: “Perché dovremmo fare l’intervista? Ma vediamoci stasera in televisione!”.
Mantenne la parola e la sera venne in tv. Dovetti sconvolgere l’intera scaletta. Nessuno credeva che venisse per davvero. All’esterno c’erano decine e decine di tifosi. Una confusione incredibile!”
Gli allenamenti a Soccavo
“Le cose più belle le abbiamo viste noi che in quegli anni frequentavamo Soccavo e gli allenamenti del Napoli. Diego era uno a cui piaceva trattenersi dopo l’esercitazione per provare cross, punizioni e rigori. Si divertiva a prendere in giro i portieri di turno, come Raffaele Di Fusco o Vincenzo Zazzaro. In quei frangenti, Diego mostrava il meglio di sé dal punto di vista tecnico.
Quando pioveva, poi, ed il campo era zuppo di fango, si divertiva a fare sforbiciate, rovesciate e colpi di testa. Era come un bambino e si divertiva così. Abbiamo apprezzato dei colpi che probabilmente nemmeno in partita si sono visti”.

Franco Rasulo: “Fui l’unico ad intervistare Maradona a Merano”
Franco Rasulo, ex giornalista della Gazzetta dello Sport, ora a La Repubblica, ci svela un simpatico aneddoto sulla Ma.Gi.Ca., e spiega di quella volta che fu scelto da Diego per una particolare intervista:
“La Ma.Gi.Ca. non è il trio Maradona, Giordano e Careca, bensì Maradona, Giordano e Carnevale”. La sigla nasce nel 1986, ben prima dell’arrivo di Careca, quando il Napoli vinse ad Ascoli per 3-1. “È stata la prima volta in assoluto che segnarono tutti e tre. Scrissi un pezzo sulla partita, ed il giorno dopo la Gazzetta ha titolato, con un articolo a nove colonne: “Napoli, nasce la formula Magica”. Da quel momento, quasi d’incanto, anziché parlare di tridente, tutti parlavano della Magica.
Maradona in clinica a Merano
Nel 1988, Maradona andò a Merano dal dottor Henri Chenot, un medico, nutrizionista/stregone. “In quella clinica ci andavano i VIP a disintossicarsi. Diego, approfittando della sosta campionato, e dopo la sfida tra Napoli e Pescara finita 8 a 2, partì in incognito. M’imbarcai sul suo stesso aereo. L’eco di questa notizia divenne subito grossa e fu seguita da svariati giornalisti, tra cui Gian Antonio Stella e Gianni Minà. Maradona stette 10 giorni in clausura, ed era impossibile avvicinarsi alla clinica. Col dottore raggiungemmo un accordo, ossia che per 10 minuti al giorno ci avrebbe ricevuto e raccontato la giornata di Diego. Non si parlava mai di disintossicazione, bensì di cure dietetiche per una corretta alimentazione. Intanto i giornali scrivevano di tutto: di cocaina, di notti brave e di vita sregolata. Diego, a quel punto, sentì l’esigenza di dire la sua. Tra il fior fiore dei giornalisti, scelse me per un’intervista esclusiva, perché non ero né troppo amico, né nemico. Ero equilibrato ed equidistante. La Gazzetta dello Sport pubblicò 2 pagine intere di intervista intitolata: “Diego: la mia verità”. Ovviamente negò tutto”.
La popolarità nel mondo, dal Giappone alla Russia
La sua popolarità nel mondo era incredibile. Era più famoso del Papa e del Presidente degli Stati Uniti. “Il Napoli andò in tournée in Giappone. Quando uscimmo dalla porta vetrata dell’aeroporto, ci trovammo un esercito di fotografi che ci inondarono di flash. Ti rendi conto che vivere da Maradona non è stato semplice.
O anche a Mosca, nel 1990. Il Napoli partì senza di lui per la partita con lo Spartak. Diego arrivò la notte, da solo, dopo un mare di polemiche. La città si preparava all’ultima parata militare dell’era sovietica e le piazze erano blindate con carrarmati e soldati. Diego arrivò e volle andare, a tutti i costi, in Piazza Rossa. Seguito da tre/quattro giornalisti, tra cui io, entrò in piazza e si avvicinò ai soldati, che per legge non potevano muoversi. Però, quando questi lo videro, spalancarono gli occhi! Era popolare ed importante ovunque”.

contro l’Unione Sovietica
Gianni Aiello: “Diego mi considerava parte della sua famiglia”
Gianni Aiello, segretario ed autista del Pibe de Oro nei sette anni di Napoli, ha raccontato con emozione il suo rapporto intimo con Diego, e di come la loro amicizia si sia rivelata duratura nel tempo:
“Sto scrivendo un libricino incentrato sui miei sette anni trascorsi con Diego. A quei tempi, i giornalisti mi attendevano all’aeroporto, perché quando mi incrociavano capivano che sarebbe arrivato Maradona. Quando mi vedevano arrivare si animavano tutti“.
Se inizialmente la situazione era più serena e semplice, gli ultimi anni di Diego sono stati piuttosto difficili: “Viaggiava in auto blindate, con vetri oscurati. Prima, invece, arrivavo a Fiumicino e mi aspettava con le valigie in mano. C’era certamente qualcuno che lo intervistava, ma non in maniera assillante”.
L’amicizia con Diego, durante e dopo Napoli
“Ho conosciuto i manager presso Giuseppone a Mare, tra cui José Alberti che fungeva da interprete. Cercavano un collaboratore napoletano e da lì la mia fortuna di diventare amico suo”.
“Ogni qualvolta tornava in città andavo a trovarlo. Ricordo che, seduto con lui in albergo, parlavamo di tutto, di come stessero i nostri genitori o del passato trascorso insieme. Ad un certo punto entrò in stanza l’avvocato Pisani che elencava a Diego i vari impegni. Maradona, con un tono fermo, chiese di lasciarlo in pace poiché era impegnato con la sua famiglia. Questo aneddoto mi rimarrà dentro per sempre. Considerava me e mia moglie parte del suo nucleo familiare”.
Gli ultimi anni di Maradona
“Negli ultimi anni prima della sua morte non l’ho più sentito. Le telefonate che gli facevano venivano “filtrate”, ossia rispondevano altre persone e mi dicevano: “Adesso non c’è, sta riposando, è impegnato”. Fin quando c’era Guglielmo Coppola, l’ex manager, ho sempre avuto accesso. Anche quando era con Claudia, la moglie, non ho avuto problemi a parlagli telefonicamente.
Non ho mai conosciuto il figlio. Non ho mai avuto questa opportunità. E in tutta onestà non so nemmeno se sa chi sono”.

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