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Balotelli in Nazionale? Perché sì, perché no

Balotelli

Quando si parla di nazionale c’è un nome che si nasconde dietro l’angolo, pronto ad essere pronunciato in virtù di cosa convenga in un determinato momento storico. C’è chi lo vuole, chi lo rimpiange, chi non vorrebbe mai più vederlo: la verità è che nessuno riuscirebbe a fare a meno di Mario Balotelli, uno dei personaggi più chiacchierati degli ultimi quindici anni di calcio.

Per quanto la sua carta d’identità sia spietata, e sembra accompagnarlo alla porta del ritiro dalla nazionale, un gruppo di tifosi spera affinché un giorno Mario, sollevando la cornetta del telefono, risponda presente alla chiamata di Roberto Mancini. Altri, invece, si sono scocciati di dargli delle chance, basta: non si può essere eterni Peter Pan. Mario Balotelli non è più un calciatore d’alto livello. Forse, non lo è mai stato.

Da anni, però, la nazionale è vittima di un’evidente carestia di attaccanti. Nessuno è riuscito a pareggiare le epopee dei grandi nove del passato, da Inzaghi a Gilardino, da Vieri a Toni, e oggi è quantomai palese che l’Italia è alla ricerca di un grande centravanti.

Tutti presupposti giusti per ripescare quel solito nome: Mario Balotelli. Alla luce dell’organico della nazionale, e del periodo che sta attraversando, l’attaccante del Sion merita un’altra occasione?

Perché no, de Il Punto Brillante

Manca Immobile, Raspadori ai box, Belotti mezzo rotto o in panchina, Scamacca in Premier non gioca titolare da mesi. In Italia si fa così fatica a trovare un attaccante che Mancini è stato costretto a convocare uno sconosciuto argentino con bisnonno italiano, e Balotelli? L’attaccante che ha deciso la semifinale degli Europei contro la Germania con una super doppietta non è stato preso in considerazione. Forse si sarà dimenticato il Mancio, peccato che Super Mario gliel’abbia ricordato solo dopo la sconfitta con l’Inghilterra che lui era a disposizione. Se l’avesse fatto prima, magari.

Chiaramente scherzo. La semifinale si è giocata nel 2012, appena 11 anni fa.
Ed in questi 11, lunghissimi, anni, la carriera di Mario Balotelli è stato un continuo flop, perché dopo aver giocato da protagonista quel 2012 con lo scudetto al Manchester City, poi il numero 45 ha cambiato ben 9 volte maglia in 11 anni. E già questo è un dettaglio che rafforza i dubbi del commissario tecnico e del 99% degli italiani che capiscono di calcio. Chiaramente, poi, c’è un 1% che vorrebbe ancora Callejon e Ghoulam in questo Napoli di Spalletti o Cassano insieme a Totti nella Roma attuale.

Ripercorriamo questi 11 anni: a metà 2012/2013 passa dal City (1 gol in 13 gare e quella scena che lo sorprende mentre non riesce ad indossare la casacca in allenamento che resterà nella storia) al Milan, dove, bisogna ammetterlo, fa cose spettacolari con 12 gol in 13 partite di Serie A in 6 mesi e 14 gol in 30 gare nell’anno successivo.
Passa al Liverpool e ci resta un anno. Il motivo? 1 gol in 16 partite di Premier.
Torna al Milan e ci resta un solo anno. Il motivo? 1 gol in 20 partite di A.
Saluta così, per sempre, i top club, trovando la sua dimensione in squadre di centro classifica, vedi Nizza, club che porta ai preliminari di Champions con 33 gol in 53 gare, in due stagioni. Peccato che ci sia il Napoli di Sarri ad eliminarlo nei play off. Al terzo anno ricominciano i problemi, ma preferisco parlare di numeri: 0 gol in 10 presenze di Ligue 1.
Passa così al Marsiglia, dove segna 8 gol in 15 gare, in mezzo campionato.

Confermato, quindi? Macché, viene acquistato dal Brescia, tornando in Serie A. Retrocessione in B con 5 gol in 19 partite, alla faccia di tutti i fantallenatori che avevano creduto in lui. Va in B, al Monza. Secondo gli “esperti” farà il capocannoniere con 1 gol a partita ed il Monza straccia il campionato. Ne segna 5 e ne gioca appena 12, uscendo ai play off contro una squadra, il Cittadella, costruito con mezzo milione di euro.
Bisogna cambiare aria e scegliere un campionato di seconda fascia, ecco la Turchia, scelto da Montella nel suo Adana Demirspor. 18 gol in 31 gare il primo anno non sono, poi, così male. Ma è sempre Turchia. L’anno dopo, che sarebbe questa stagione, viene cacciato ad agosto, dopo due partite e dopo l’ennesima balotellata.

Chi lo prende? Il Psg? Il Real Madrid? Club italiani? No, il Sion, che oggi, con lui titolare, è ultimo in Svizzera. Ultimo! 5 gol in 14 partite, una media da centrocampista o da attaccante di seconda fascia. Quello che è diventato in questi ultimi 11 anni Balotelli. E Mancini fa bene a non fidarsi visto che nel 2014, ai Mondiali, fu uno dei protagonisti dell’eliminazione al primo turno. E l’ultima volta che è stato convocato, nel 2018, in Nations League, contro la Polonia, giocò 61 minuti senza mai toccare palla.

E sono disposto a confrontarmi con quel 1% che sta ancora dalla parte di Mario Balotelli. Un confronto a 3, io, tu ed uno psicologo!

Perché sì, di Lorenzo Maria Napolitano

Why Always Me? Si starà domandano in questo momento.

Se piovesse ogni volta che si ritorna a parlare di Mario Balotelli in nazionale, allora ci sarebbe un nuovo diluvio universale. L’iconico numero 45, dopo la gara con l’Inghilterra, e dopo essere stato lontano dalle luci dei riflettori per troppo tempo, decide di prendersi la scena e torna a punzecchiare Mancini: “Attaccanti in forma in Italia ci sono ancora“. Ma potremmo leggerlo anche come: “Allora? Cosa stai aspettando a convocarmi? Io sono pronto”.

Mario probabilmente nella sua vita ama soltanto tre cose: le macchine sportive, la sua famiglia, e la maglia della nazionale. Se tutti indossassero quella maglia con l’orgoglio e con la fame che ha lui, e la guardassero con gli stessi occhi con cui la vede lui, l’Italia avrebbe risolto da un pezzo il grande problema identitario che sta vivendo. Oggi, infatti, a detta di chi scrive almeno, basterebbe una semplice telefonata da parte di Mancini per rivedere gli occhi della tigre nel suo volto. Occhi iniettati di sangue, che hanno voglia di dimostrare a tutti chi è il migliore, quelli che lo hanno accompagnato per gran parte della sua carriera.

Non è vero che Mario Balotelli nel corso della sua carriera non ha dimostrato nulla, anzi, lui ha dimostrato cosa è capace di fare più di quanto possa sembrare: prendendo in prestito qualche statistica evidenziata dal Punto Brillante, possiamo notare qualcosa di diverso, che va oltre il semplice dato numerico. Ovvero che dove è riuscito a esprimersi, o meglio dove è stato messo nella condizione di potersi esprimere, sono arrivate stagioni da grandissimo calciatore.

Assodata la stagione mostruosa al Milan, partiamo da Nizza: 53 presenze e 33 gol. Numeri più che rispettabili. Passiamo in Turchia, sotto Montella: 31 gare e 17 reti realizzate. La quantità di partite giocate, può declinarsi anche come fiducia in lui, come persona e come calciatore. Dunque vuol dire che Mario in quel periodo si è allenato bene, era sul pezzo, era presente, ed ha collezionato statistiche più che buone, ottime.

Dunque dov’è il problema: che dove non ha sentito la giusta fiducia, dove non è stato messo nelle condizioni di poter essere sé stesso, ha giocato inevitabilmente poche partite. Magari si allenava poco, forse anche male. Perché no, qualche volta la testa non gli ha saputo indirizzare la strada più giusta. Disputare 10 oppure 15 gare in una stagione, è sintomo di qualcosa che non funziona. Non c’entra niente la sua forza, la sua tecnica.

E, in ritiro, con la nazionale, qualora dovesse conquistarla, come potrebbero verificarsi situazioni del genere? Quando mai la storia ha conosciuto calciatori che non riuscivano a trovare familiare l’aria del ritiro della nazionale. Inoltre, fosse un azzardo, tenessimo un grande astronascente da coltivare e far sbocciare. Andrea Belotti non vale Balotelli. Immobile, per continuità, è superiore; ma, sotto un punto di vista tecnico, non sussiste paragone. Tra l’altro, non è neanche fisicamente al top in questo momento. Raspadori? Non può ricoprire il ruolo di centravanti. Scamacca? Pinamonti? Petagna? Retegui? Poche certezze. Perché non rischiare con il l’attaccante più valido, forte, spaventoso, tecnico, che ci possiamo attualmente permettere?

Balotelli è un calciatore pittoresco, che incute timore con uno sguardo, eclettico, irriverente, affascinante, trascinante: è l’attaccante italiano, oggi, più forte. Perché continuare a privarsi di lui?

Per intenderci, contro la Macedonia, la Svizzera, l’Irlanda del Nord, Balotelli ne avrebbe segnati almeno due di gol. All’Italia ne bastava uno.

 

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