Remco Evenepoel, il predestinato del ciclismo

Vincere la Doyenne (la «Decana») a 22 anni e 89 giorni è il segnale che il ciclismo è sempre più orientato verso corridori giovanissimi.

Articolo di Fabio Monti28/04/2022

Sono tempi grami per il ciclismo italiano, come si è capito durante la stagione delle classiche del Nord, esauritasi il 24 aprile, però dal Belgio arriva una buona notizia, in coincidenza con l’edizione numero 108 della Liegi-Bastogne-Liegi, la più antica delle grandi corse in linea, nata nel 1892. Il successo del belga Remko Evenepoel è destinato ad essere ricordato a lungo, per più di un motivo.

Vincere la Doyenne (la «Decana») a 22 anni e 89 giorni è il segnale che il ciclismo è sempre più orientato verso corridori giovanissimi (vedi Pogacar, nato il 21 settembre 1998 e già bi-vincitore del Tour), che un tempo non sarebbero stati considerati maturi per passare al professionismo. Arrivare a Liegi in solitudine è una prova di forza, che richiama alla memoria i successi dei veri fuoriclasse del pedale. Ma quello che più conta è che adesso si può veramente pensare che il ciclismo mondiale abbia ritrovato un corridore con un grande avvenire davanti a sé.

Il giorno di Ferragosto del 2020, nel finale del Giro di Lombardia, Evenpoel, che aveva stupito tutti per quanto fatto da dilettante, era volato fuori strada, nella discesa dal muro di Sormano, sopra il lago di Como, durante il Giro di Lombardia: frattura del bacino e danni a un polmone, con rischio della vita per essere finito a venti centimetri da un albero. Sembrava che questo precocissimo talento, spesso paragonato al mito di Eddy Merckx (assai critico con Remko, al quale aveva rimproverato di essere troppo impulsivo), dovesse ridimensionare progetti e speranze.

 Dopo mesi di durissima riabilitazione, era stato costretto a ritirarsi dal Giro d’Italia del 2021 e questo era sembrato a tanti un segnale di allarme non trascurabile. L’annata 2021 non era finita male, con il bronzo nella prova a cronometro del Mondiale nelle Fiandre, alle spalle di Filippo Ganna e Wout Van Aert, ma era rimasto più di un dubbio. La vittoria sul traguardo di Liegi, gara selettiva e difficile, anche nell’interpretazione, riconsegna al ciclismo uno dei protagonisti più attesi, che per la bicicletta ha lasciato da parte persino il calcio (era capitano della nazionale Under 17 del Belgio), accettando di ripercorrere la strada del padre, professionista dal 1991 al 1994. Non correrà il Giro d’Italia, ma questo può essere un fatto positivo per chi ha tutto il tempo per costruire grandi cose. Uno che è nato il 25 gennaio 2000 e che ora è tornato a stare bene può guardare al futuro con un sorriso.