Scorrendo velocemente il calendario di tutto il girone di andata salta subito una cosa all’occhio. Il Napoli non gioca mai di domenica alle tre! Oh, canzoni che inneggiavate al sacro furore e al rito domenicale, dove siete?
Rituali domenicali passati
Il cerimoniale di quando eravamo bambini era quello di piazzarsi davanti alla radiolina per ascoltare i secondi tempi delle partite, per capire quello che era successo nei primi 45 minuti. Nessuno sapeva nulla, nada de nada. Per essere precisi, d’inverno, le gare di campionato iniziavano addirittura alle 14:30 e quindi solo alle 15:30, con l’inizio dei secondi tempi, si conosceva il risultato della partita grazie ai collegamenti di “Tutto il calcio minuto per minuto”. Solo più tardi la storica trasmissione iniziò a trasmettere anche i primi tempi e quindi gli aggiornamenti avvennero in tempo reale.
Negli anni del secolo scorso, prima dell’avvento dei primi posticipi di Tele+ e Stream, la partita NON di domenica alle tre era una vera eccezione, una mosca bianca. Oggi è la regola. Al Napoli capitò qualche gara di anticipo ma solo perchè tra invasioni solitarie, bottigliette in testa ai segnalinee e tribune sfasciate, il San Paolo subiva delle squalifiche. Proprio un Napoli-Torino si giocò di sabato, a Roma.
Napoli-Torino, 11 gennaio 1975
Fu un esodo senza precedenti quello dei tifosi napoletani verso lo stadio Olimpico di Roma, teatro dell’anticipo di campionato tra Napoli e Torino dell’11 gennaio 1975. Le cifre astronomiche riportano 80.000 spettatori, divisi tra circa 25.000 paganti e 55.000 abbonati.

Roma fu invasa dai napoletani, da una fiumana di gente disposta a tutto pur di seguire la propria squadra del cuore. Anche in capo al mondo, se fosse stato necessario. Un popolo che trasudava di passione pura, una marea di persone uniti da un’unica bandiera, una folla che batteva per un solo cuore, quello azzurro. Questi dati sono la risposta lampante a chi crede che il calcio di oggi si debba fare nei salotti televisivi o riducendo la capienza degli stadi.
Fu un esodo che ne ricorda da vicino altri due, sempre all’Olimpico, e sicuramente li superò per numero di spettatori. Il primo fu quello del dicembre 1973 quando il Napoli andò a vincere contro la Roma con rete di Braglia nel giorno in cui scattò l’austerity ed i napoletani raggiunsero la capitale con ogni mezzo. Il secondo fu nel dicembre del 1975 quando gli azzurri espugnarono l’Olimpico con la rete di Boccolini e 40000 spettatori si inventarono il nuovo-vecchio inno del Napoli,“O’ surdato nnamurato”.
Il giorno di Napoli-Torino anche i giornali del Nord stimarono il numero di tifosi di quella partita in 80.000 presenze, una cifra folle per il calcio di oggi. Vale a dire che quella partita, giocata in campo neutro, ebbe più spettatori di tutte le gare di cartello giocate al San Paolo negli ultimi trenta anni.
Contro i granata per il riscatto
Il San Paolo era finito sotto le ire del Giudice Sportivo dopo la gara interna con la Juventus, finita 6 a 2 per i bianconeri, con lancio di petardi all’indirizzo del guardalinee che operava sotto i distinti a pochi secondi dalla fine, a risultato ormai compromesso. Il Napoli fu costretto a giocare due volte fuori casa – sempre nella Capitale – la prima col Torino, appunto, e 15 giorni dopo con il Varese.
Dopo la scoppola con la Juve gli azzurri avevano messo in fila due pareggi, entrambi fuori casa e a reti bianche, quello pre natalizio a Terni e l’altrettanto scialbo di San Siro con l’Inter alla vigilia dell’Epifania. Adesso era il momento del riscatto, lo sentivano i giocatori, di nuovo con Vinicio, lo sentivano i tifosi. Quella gara col Torino si giocò di sabato proprio per permettere alla Lazio o alla Roma di giocare regolarmente in casa il giorno successivo. Rigorosamente alle ore 15.
Amarcord, mi ricordo
“Amarcord”, “Mi ricordo” direbbe Federico Fellini. Ero in un bar, in trepidante attesa con altri tifosi, aspettando che la radio trasmettesse il secondo tempo della partita. Fino alle 16 nessuna notizia.
“Mannaggia, che sta facendo il Napoli?” era la frase più ascoltata tra le quattro mura di quel locale. Inizia il secondo tempo, collegamento radiofonico partito. “Giornata fresca, cielo coperto, terreno in ottime condizioni. Presente in tribuna l’osservatore federale Bearzot, unitamente agli allenatori di Roma e Lazio Liedholm e Maestrelli e ai giocatori della Roma. Ciclonica la presenza napoletana sugli spalti. Decine di migliaia di supporter partenopei hanno aggredito la capitale con ogni mezzo di trasporto durante la mattinata”. Se questo incipit di Ameri non è poesia calcistica io sono Shakespeare.
La partita
Sapevamo che Clerici e Braglia erano out ma fino all’ultimo non sapevamo quali fossero state le scelte di Luis Vinicio. Allora dalla scatola parlante apprendiamo che Massa indossa l’inedita casacca numero 9, quella del gringo, Ferradini la 11 di Braglia e come ala destra viene schierato il ‘soldatino sardo’ Rampanti come raccordo tra le punte ed il centrocampo.
L’espulsione di Santin, reo di una seconda ammonizione per fallo su uno scatenato Massa, fa ben sperare. Nel bar si stanno consumando gli ultimi spiccioli delle festività natalizie, qualcuno apre un panettone, qualche altro compra caramelle in clima post Befana, qualche avventore chiede un caffè o addirittura un ponche caldo. E’ un freddo gennaio ed il pensiero corre a loro, a coloro i quali sono sugli spalti, al freddo e al gelo, a tifare Napoli, ad emozionarsi per i colori azzurri, a supportare una squadra senza due titolari fondamentali quali Clerici e Braglia. C’è anche chi si accende una sigaretta e si concentra sull’ascolto della partita tra una boccata e l’altra di fumo.
Al 17′ della ripresa il radiocronista annuncia un angolo per gli azzurri. Rampanti, l’ex al veleno, batte il corner, sulla traiettoria tesa si avventa come un falco predatore “Peppiniello” Massa, librandosi in aria, e gira in gol con un colpo di testa preciso. Pigino, il povero portiere che sostituisce Castellini quel giorno, faccia rubizza da contadino delle langhe, resta fermo e dimostra di non aver saputo prendere il tempo al folletto partenopeo. Urla e schiamazzi nel bar, “gooool”, Napoli in vantaggio.

Per il resto ordinaria amministrazione con gli azzurri che controllano la partita lasciando pochi spazi alla flebile reazione del Torino che aveva già iniziato la partita con una tattica attendista e prudente tirando calcioni alle punte azzurre. Carmignaninon tocca palla, Burgnich passa un pomeriggio tranquillo, Pogliana continua a scorazzare tenendo Sala lontano dall’area napoletana e Bruscolotti fa fuori Paolino Pulici e lo costringe ad uscire dal campo. A centrocampo la voglia di Rampanti, desideroso di riscattarsi contro l’allenatore granata Fabbri che aveva dato il suo placet alla cessione al Napoli, con la premiata orchestra Juliano-Orlandini-Esposito fanno il resto mettendo in grado di tirare in porta perfino il carneade Ferradini a cui viene anche negato un rigore solare.
Alla fine tutti contenti, lo spirito di squadra e la grinta che Vinicio sapeva trasmettere ai suoi giocatori non venne meno. Il Napoli era ancora vivo ed anzi più compatto che mai. Rampanti, felice come un bambino, abbracciò Peppe Massa a fine partita e gli disse: “Te le sei meritate tutte le 12 bottiglie di champagne!”. Fu la sua promessa, prima della partita, a chi avesse segnato la rete decisiva.

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