© “GARCIA” – FOTO MOSCA
Ha avuto fortuna il Napoli ieri sera a Braga. Serve anche quella ogni tanto. Serve anche quella per raddrizzare una stagione che pare nascere tutta storta. Vincere aiuta a vincere e soprattutto a continuare i lavori con maggiore serenità. Se al minuto 88 di Braga-Napoli, sull’uno a uno, Niakatè non l’avesse messa nella sua porta da solo, se al 94esimo Pizzi non avesse colpito il palo a Meret battuto, l’aria in città sarebbe diventata irrespirabile. I tre punti sono un bocca a bocca.
Il Napoli vince in terra portoghese, ma non convince, affatto. C’è qualcosa che non va, ma è difficile specificarlo anche per un occhio attento. Non gira. Non si trova. Si cerca, ma si perde. C’è voglia di farlo, la squadra non è certo arrendevole, ma non ci si riesce. In grandi intervalli di gioco gli azzurri sembrano impotenti, ed è paradossale per chi nemmeno qualche mese fa sembrava poter tutto. Ma oltre alle gambe non c’è di più, al momento si è al livello del Braga. E l’anno scorso i portoghesi, nella loro miglior stagione nella storia, al Municipale ne presero 4 dalla Fiorentina di Italiano. Famose a capì.
Resta da salvare il salvabile, da guardare il bicchiere mezzo pieno, perché il disfattismo non paga. La fase offensiva del primo tempo è stata brillante e intensa. Movimenti sicuri, voglia di incidere con la giocata, creazione di palle gol, riaggressione feroce sulla perdita del pallone. Poi la volontà. Diciamocelo chiaramente, in tutti – anche a quelli a cui voci di corridoio non erano arrivate – si è insinuato il dubbio che la squadra stesse rigettando Garcia e i suoi metodi. Non è cosi. Non c’è nessun conflitto interno, non si vogliano fare le scarpe. Guardasi esultanza al primo gol di Di Lorenzo. C’è determinazione. La coesione è probabilmente l’ingrediente primario per superare le difficoltà, per mascherare i limiti, solo che per ora non ci riesce. O meglio, prendendoci per buono solo il risultato, non ci fa dormire sonni tranquilli.
Il primo tempo sembrava averci restituito gli azzurri della scorsa stagione. Dominio assoluto, pali, traverse, dribbling, velocità e verticalità. Solo il gol di Di Lorenzo (al minuto 46’), l’unico, non gli rendeva grazie. Il pallone toglieva le ragnatele dall’incrocio dei pali e Garcia sembrava uscire dall’apnea: “Perché non vuole entrare, non è che porto sfiga?” avrà pensato il francese.
Come spiegare i due pali di Osimhen, uno di destro e uno di testa, il gol “mangiato” (ed è dire poco) dal nigeriano ad inizio partita su un pasticciaccio della difesa portoghese. (Per la cronaca Victor ha calciato un rigore in movimento sul portiere).
La sensazione è che il Napoli possa dilagare da un momento all’altro ma non succede. Il Braga è davvero poco, eppure quando si spinge in avanti da fastidio, perché è come un dito nella piaga. La piaga è la difesa azzurra. Natan non è partito titolare come si diceva (lo abbiamo visto al 90esimo). Rrhamani è uscito al tredicesimo. La coppia dei centrali è stata Ostigard-Juan Jesus. Ha fatto bene in crescendo il norvegese, convincente. Certo ha rischiato l’autogol, colpendo il palo, ma è un rischio del mestiero.
Nel secondo tempo gli azzurri hanno difeso il risultato. Si, hanno difeso il risultato. Non glielo vedevamo fare da un paio d’anni. Dieci uomini sotto la linea del pallone, sul finale cinque difensori. Non c’è da vergognarsi. Nelle difficoltà si fa quello che si può, si cacciano le unghia, ci si snatura. Il Napoli non è più quello di una volta, che senso avrebbe correre dietro ai fantasmi del passato e prenderle?
Il rischio c’è stato, al minuto 84 i portoghesi l’hanno pareggiata, perché nonostante tutto – nonostante la voglia, l’abnegazione, i qualsiasi mezzi per raggiugnere il fine – la fase difensiva azzurra è uno spettacolo orrendo. Gli avversari si inseriscono come e quando vogliono. Come Bruma, perso da JJ. Destino ha voluto che Niakatè premiasse gli audaci.
Perché se tutto va male, almeno aggrappiamoci a questo. Il gruppo dello scudetto non è più ancorato alla sue certezze, ma è saldo, pronto ad affrontare le difficoltà compatto.
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