Caro “Leau do Botafogo”,
Oggi compi novanta primavere e noi parliamo ancora di te. E lo faremo ancora nei secoli a venire per tante ragioni. Sei stato attaccante vero ed hai portato il “calcio totale” nella nostra città e questi primi, banalissimi, motivi ti piazzano nelle posizioni di testa nel nostro personale libro di Storia Azzurra.
Un volume che va riscritto continuamente, è vero, ma che ha già due foto belle nitide accanto alle pagine dedicate a te. Una è di un giovane di ventitré anni col ciuffo al vento, bello come un Adone, che salta gli avversari come birilli e deposita la palla in rete con gli spalti del ‘Collana’ che impazziscono di gioia.

L’altra è quella di un giovane allenatore che entra in campo, con le gambe arcuate come uno sceriffo, passando dal sottopassaggio prossimo ai Distinti e si dirige, attraversando il terreno di gioco, verso la sua panchina. E’ pronto alla battaglia, anche seduto su quella scomoda panchina di ferro.
Basterebbe questo per dirti con quanto orgoglio ed un pizzico di commozione, per quello che hai dato e fatto in questa città, ti auguriamo di spegnere le tue candeline col sorriso, come hai sempre fatto fuori dal campo. Napoli, la nostra città, da tempo immemore, è anche la tua. Sì, hai capito bene, non è un luogo che “senti come tua”. Napoli è semplicemente la “tua città” da quando hai deciso di metterti a guardare il mare e il cielo di Partenope che tanto può ricordarti il tuo Brasile. Qui hai trovato i tuoi amori, in questo posto hai messo radici. E’ strano che tu abbia incontrato la tua Flora proprio qui, lontano migliaia di chilometri dal Brasile, sul nostro Lungomare. Non ti sembrò vero, “è lei o non è lei”, ti apparve come in un sogno, come tutti gli amori che provocano le farfalle allo stomaco. Noi pensammo ad una favola quando ce lo hai raccontato, invece era pura realtà. E poi il calcio e lo sport, perché con quel fisico potevi fare qualsiasi disciplina. Ed allora se uno segna al Torino dopo 35 secondi dall’esordio in maglia azzurra scaraventando la palla alle spalle di Rigamonti, come fa a non scoppiare l’Amore? Quella volta passasti da ‘innamorato’ della tua donna a ‘uomo da amare’ incondizionatamente perché in quel campionato facesti più doppiette che gol singoli, senza contare una tripletta alla Pro Patria. 152 presenze per 69 gol in maglia azzurra, una media alta per i parametri di quei tempi.

Quando fosti costretto a lasciare Napoli per andare a giocare a Bologna perché Amadei era geloso della tua popolarità, ti scappò una lacrimuccia nell’intervista che il grande Gino Palumbo ti fece prima della tua partenza. Forse pensavi veramente che Bodi, Pivatelli e Mihalic non avrebbero mai potuto prendere il tuo posto nel cuore dei tifosi napoletani. Naturalmente fu così e fu un fallimento la loro permanenza a Napoli. A Bologna non facesti benissimo, in due anni la ‘saudade’ della nostra città non ti passò. Ed allora, come un innamorato ferito, mollato dalla sua donna, lasciasti passare del tempo. Si sa, la migliore medicina per le delusioni d’amore è proprio lo scorrere del calendario.
A Vicenza, tralasciando la strana parentesi di un anno all’Inter, facesti sfracelli, ancora oggi lì sei un idolo incontrastato. Amedeo Stenti, tuo compagno in biancorosso e poi giocatore del Napoli, disse che “i primi tifosi di Vinicio eravamo noi compagni di squadra”. Là, dove pare che mangino i gatti, hai marcato 68 gol in 141 partite, quasi un gol ogni due gare.

Quando dicesti basta col pallone giocato, eri già un mister in pectore. Il Supercorso di Coverciano, poi l’Internapoli. Potevi mica iniziare in un’altra città? Il Vomero, il ‘Collana’ sullo sfondo dei tuoi allenamenti, la nidiata di Chinaglia, Wilson, Massa, tutti sotto gli ordini del brasiliano che diventava sempre meno carioca e sempre più tedesco. Ritmi asfissianti, la tenacia fatta uomo con un fischietto in bocca a dirigere i movimenti dei giocatori in campo. Quando il Brindisi ti chiama sei già pronto per una categoria superiore perché pochi sanno che sei già preparato per spiccare il grande salto. Segui già l’astro nascente Ajax che, nei primi anni ’70, rivoluzionò il calcio, ti informi sui nuovi metodi di allenamento, pensi ad una squadra che non ricalchi quello che si è visto in Italia fino ad allora, il “primo non prenderle”. Sei propositivo, aggressivo, hai trascorso una vita all’attacco. E attacco sia. E’ quello il tuo credo, chiamalo “zona mista”, “calcio totale”, “calcio all’olandese”, sei pronto per una grande panchina, sei pronto per farci divertire.

E qui ritorna l’Amore e si intrufola Lui, l’amante. Quest’ultimo si chiama Corrado Ferlaino e, siccome di donne ne capisce, organizza uno strano ‘triangolo’. In questa figura geometrica ci finisci tu, lui e Chiappella perché, per tutto il campionato 1972-73, il presidente è tentato più volte di esonerare il povero Beppone per chiamarti subito. Ha visto giocare il Brindisi e la Ternana e ti vuole, ti corteggia ma tu non puoi lasciare la panchina pugliese. Quando finalmente la relazione viene alla luce e Ferlaino ti presenta alla stampa, il Napoli di Chiappella sta ancora giocando la fase finale di Coppa Italia. Paradossale. Se non è Amore questo, dimmi tu cos’è. E’ anche vero che successivamente hai avuto contrasti con Don Corrado e lo hai piantato in asso stile “me ne vado e sbatto la porta perché mi hai offeso”, ma questo fa parte del gioco degli amanti, delle relazioni umane.

Lazio, un nuovo biennio al Napoli non fortunato come il primo triennio, poi una serie di provinciali, Avellino, Pisa, Udinese dove hai fatto ottimi campionati lanciando giovani in squadre che potevano già contare su stranieri importanti (Juary e Barbadillo ad Avellino, Kieft e Breggren a Pisa, Zico ed Edinho a Udine). Quando il Napoli vinse il suo primo scudetto allenavi l’Avellino, che portasti ad un ottimo ottavo posto. Chissà cosa ti passò per la testa quando vedesti un ‘S. Paolo’ strapieno e traboccante di entusiasmo, quando attraversasti, cappotto appoggiato sul braccio, il campo per accomodarti sulla panchina degli irpini. Beh, te lo diciamo noi. Noi dagli spalti pensammo che il nostro allenatore del primo scudetto potevi essere tu e tu, dal campo, ci guardasti e pensasti la stessa cosa. Due cuori che batterono all’unisono. Questo è Amore, questo il nostro infinito grazie per quanto hai fatto per Napoli. Buon compleanno, Lione!
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