Si dibatte da giorni su come e perché sia stato possibile che la Federazione mondiale di atletica leggera (World Athletics) abbia potuto escludere dalle dieci nomination per il miglior atleta del 2021 gli italiani Marcell Jacobs e Gianmarco Tamberi. Il primo è stato l’unico ad avere vinto due medaglie d’oro (100 e staffetta 4×100) ai Giochi di Tokyo; il secondo ha conquistato il titolo olimpico del salto in alto, insieme con il qatariota Mutaz Essa Barshim, dopo l’argento all’Europeo indoor di Torun (Polonia) e prima di vincere la Diamond League.
Sarà bene chiarire, preliminarmente, che si è trattato di una scelta sbagliata in senso assoluto, sebbene i dieci atleti selezionati siano tutti campioni olimpici e abbiano tutti un altissimo profilo: l’ugandese Joshua Cheptegei (5.000), gli svedesi Armand Duplantis (asta) e Daniel Stahl (disco), i norvegesi Jakob Ingebritsen (1.500) e Karsten Warholm (400 ostacoli), il keniano Eliud Kipchoge (maratona), il portoghese Pedro Pichardo (triplo), il greco Miltiadis Tentoglou (lungo), il canadese Damian Warner (decathlon) e lo statunitense Ryan Crouser (peso). È anche facile immaginare che alla fine a vincere sarà Warholm, autore sulla pista (italiana, targata Mondo) di Tokyo, di un record destinato alla storia (45”94), come se corresse i 400 piani e non dovesse superare dieci ostacoli.
Ma perché i due azzurri non hanno trovato posto in questo gruppo di dieci campioni? La scelta è stata effettuata da sei statistici, che hanno preteso l’anonimato e che non hanno inteso fornire alcuna spiegazione scritta sui canali ufficiali o in via ufficiosa. Sei personaggi che forse, ha suggerito malignamente qualcuno, non hanno nemmeno visto le gare in diretta e si sono limitati a ponderare con il bilancino delle cifre le varie prestazioni dell’intera annata. Nel caso della medaglia condominiale di Tamberi-Barshim, includere l’azzurro nella top ten dell’anno avrebbe voluto dire codificare una smagliatura del regolamento, che sarà presto cancellata, introducendo di nuovo l’obbligo di spareggio in caso di salti alla medesima quota e con lo stesso percorso.
Nel caso di Jacobs, possono avere pesato i dubbi espressi dai giornali inglesi e americani sull’esplosione olimpica di Tokyo. Ragionamento sbagliato, analizzando l’intera stagione dello sprinter azzurro, anche campione europeo indoor dei 60 metri e autore di grandi prove ben prima dell’Olimpiade, dove poi ha portato il record europeo dei 100 metri a 9”80. Gli anglosassoni non ci vogliono stare: pensano che l’esplosione dell’azzurro sia il frutto di comportamenti borderline e non si rassegnano, sebbene l’unico velocista trovato positivo al controllo antidoping sia stato il britannico Chijindu Ujah. È come se i soloni della World Athletics avessero scelto una linea prudenziale per evitare rischi (inesistenti allo stato) di chissà quali rivelazioni.
Punire l’Italia per il fatto di avere vinto cinque medaglie d’oro nell’atletica, quasi fossimo diventati gli Stati Uniti, è una reazione stizzita che ci può stare, considerato l’atavico disprezzo del mondo anglosassone nei confronti dell’Italia e acuita dalla forza politica di Primo Nebiolo. Provocazione per provocazione, si potrebbe dire che un rimedio nel caso di Jacobs ci sarebbe: consegnargli il Pallone d’oro. Da ragazzo giocava anche lui a calcio e la velocità anche nel più popolare sport del mondo ormai è (quasi) tutto. Con una postilla finale: ma i sei saggi raccolgono i numeri o danno i numeri?
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