Lo Bello: “Serve personalità quando si vieni richiamati dal Var”

L'ex arbitro internazionale Rosario Lo Bello ha commentato la mancanza di personalità di alcuni arbitri di fronte al richiamo del Var.

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Articolo di Redazione SDS07/01/2022

Si conclude nel caos, così come era iniziato, il 20° turno di campionato. Dopo riunioni improvvisate, protocolli abbozzati, volontà ignorate e cieca cupidigia, mascherata da necessità di calendario, il gran finale di questa, ahinoi, memorabile giornata ci ha consegnato l’ennesima pessima figura di un arbitro al cospetto dell’occhio “onnisciente” del Var. Ad essere onesti più di un direttore di gara ha scatenato polemiche per chiamate mancate o presunte sviste. Tuttavia, in compagnia dell’ex arbitro internazionale Rosario Lo Bello, abbiamo espresso considerazioni sull’operato di Chiffi in Milan-Roma e, come sia stato decisamente succube della tecnologia.

Al termine del match di San Siro Mourinho ha tuonato “Per parlare di problemi di qualità devo parlare dell’arbitro e del Var. Non si vede chiaramente che il primo è rigore, si vede un movimento dove Tammy (Abraham, ndr) allarga il braccio, ma non c’è un contatto puro. Aureliano era a casa ma ha fermato il gioco: ho chiesto una clip per capire le ragioni, ma anche i miei analisti non l’hanno trovata. Se lo paragoni con quelli su Zaniolo e Ibanez, o ne dai tre o nessuno. Io non ne avrei dato uno. (…) Se vuoi fare il fenomeno al Var blocchi la partita e fai l’arbitro. Chiffi senza personalità, e poi a San Siro vai al monitor e arrivederci”.

Ecco, appunto, la mancanza di personalità è al centro del problema. Su questo aspetto Rosario Lo Bello è stato chiarissimo: “Mi tornano alla mente le parole del Sommo PoetaNave sanza nocchiere in gran tempesta”. Cosa vogliamo aggiungere? Un arbitro bloccato dalla Asl prima di partire, giocano la partita con un sostituto, ma vuole comunque determinare da casa. È un sistema in totale confusione. La falla è talmente grande che servirebbe una trave per bloccarla, non una pezza.

Quando c’è calma piatta anche un discreto marinaio può diventare un ottimo comandante. Il valore di un capitano lo vedi durante le difficoltà. Se la navigata diventa difficile, hai ancora più merito se la conduci con coraggio. L’arbitro bravo lo vedi non quando non sbaglia, ma quando l’errore viene considerato una fatalità. Il direttore di gara deve essere accettato. Non gradito, accettato. Se hai fatto una buona conduzione, un errore diventa null’altro che una presa d’atto della direzione di gara.

In campo nessuno aveva minimamente notato il tocco, quasi impercettibile, di Abraham sulla conclusione di Theo Hernandez. Se l’arbitro viene richiamato dal Var, deve anche avere la personalità di dire che non c’è alcun bisogno di un check al monitor, e affidarsi al proprio giudizio. Per cercare un ago in un pagliaio ha riscaldato gli animi in campo, tant’è che poi la Roma ha subito due espulsioni.

Se la partita rischia di diventare delicata, per un motivo o per un alto, basta rendere più esplicito e plateale il linguaggio del corpo. Certe volte è fondamentale. Su un calcio di punizione ad esempio: prima fai un cenno con la mano per invitare ad affrettare i tempi, poi porti il polso davanti agli occhi, così da guardare l’ora, e punti il dito verso l’orologio, infine con il braccio fai un cenno in orizzontale così che lo vedano tutti. Nessuno potrà protestare dopo.

Alcuni gesti devono essere plateali. E se nonostante tutti i messaggi non verbali dovessero avvicinarsi per protestare, ammonizione a uno, due, tre, insomma, chiunque si pari davanti. Non si può accettare un capannello del genere. La prevenzione è stata fatta attraverso gesti ben visibili e non fraintendibili. Se poi dovessero insistere, ammonire senza posa. Non è bello vedere un arbitro assediato, dunque, bisogna fare in modo che ciò non accada”.