Lo scudetto lo vince la Juve secondo i seguaci di transfermarkt.it
Se fosse vero che "più alto il valore, più alte le probabilità di essere vincenti", allora i campionati sarebbero già conclusi da un pezzo.
© “DE LAURENTIIS” – FOTO MOSCA
Una favola che crea confusione e strumentalizzazioni, una favola che si basa sulla ignoranza delle principali regole di costruzione di un bilancio di una società di calcio.
Una narrazione abbastanza sostenuta (e non consapevole) immagina il valore delle rose delle squadre di calcio come parametro per posizionare la squadra in una griglia di potenzialità che tenga conto dell’equazione “più alto il valore, più alte le probabilità di essere vincenti”. Se così fosse, allora lo scudetto lo vincerebbe di nuovo la Juve (a meno 16 dalla vetta) ed il Napoli arriverebbe terzo!
Si tratta di un approccio sbagliato, frutto di valutazioni non reali dettate da incompetenza, speculazioni o, molto spesso, da strumentali prese di posizioni. Soprattutto in una fase economica recessiva come quella che stiamo vivendo che ha fortemente ridimensionato le quotazioni dei calciatori.
Veniamo al punto!
Premessa: la contabilità delle società di calcio (e la redazione dei loro bilanci) è basata, attualmente, sul principio del valore equo o “fair value” che consiste nel misurare beni e passività tenendo conto del loro valore attuale.
Il fair value viene definito come “il corrispettivo al quale una attività può essere scambiata o una passività può essere estinta, tra parti consapevoli e disponibili, in una operazione tra terzi”.
Tradotto: il fair value non è il “valore di mercato”, cioè un prezzo negoziato in uno scambio effettivamente realizzato (90 milioni per Higuain) o semplicemente immaginato-trattato (100 milioni per Osimehn), bensì il valore stimato (da chi redige il bilancio) come “ragionevole” per una ipotetica transazione di mercato.
Tutto ciò che si realizza in più rispetto a questo valore ragionevole determina una plusvalenza; al contrario ti porti a casa una minusvalenza.
Nel bilancio di una società di calcio, il “parco calciatori” assume un peso importante rappresentando l’asset fondamentale, strategico e di maggior valore. Mediamente il peso del parco calciatori sul totale dell’attivo è del 40%.
Ma come viene valutato nel bilancio un calciatore?
Secondo un valore, un tema già affrontato nelle settimane precedenti, definito “Net Book Value” (Valore Netto Contabile), ottenuto come la differenza tra il costo storico di acquisto (il costo del cartellino) e la parte ammortizzata negli anni.
Eccoci qua. Se, infatti, ci limitiamo a guardare l’attuale valore di mercato riportato da transfermarkt.it saremo portati a quotare la rosa del Napoli per circa 518,5 milioni di euro.
Ma la valutazione del sito specializzato attiene al valore di mercato, cioè il prezzo immaginato come punto di equilibrio tra domanda e offerta. Il mercato è un luogo di scambio tra persone alla ricerca di un bene e altre persone disposte a cedere quel bene in cambio di denaro. Le prime formano la domanda, le seconde l’offerta. Ma devono esserci entrambe!
Potremmo semplificare il concetto di “mercato” descrivendolo come l’insieme di tutti gli scambi che avvengono per un determinato prodotto. Ipotizziamo di voler comprare un paio di scarpe. C’è chi va in un negozio griffato, chi in un centro commerciale e chi anche in un mercatino rionale per negoziare con chi vende scarpe. Individuato il venditore si possono realizzare la vendita e l’acquisto, a patto che vi sia accordo sul prezzo con cui scambiarsi le scarpe, altra componente fondamentale del mercato, oltre alla domanda-offerta e allo scambio.
Il prezzo è, quindi, la sintesi di uno scambio commerciale. La somma di tutti questi scambi formano il mercato di un bene e ne determinano il prezzo medio di acquisto o di vendita. In pratica è come se, prima di effettuare la transazione, tutti quelli che si scambiano uno stesso bene dessero un’occhiata agli altri attori per capire se il prezzo del loro scambio è in linea o meno con il prezzo medio di mercato, ed eventualmente lo adeguano.
Ciò significa che a stabilire il prezzo saranno le interazioni tra tutti quelli che offrono il bene in questione (offerta) e tutti quelli che vogliono comprarlo (domanda) in un determinato periodo. Ed è qui che nasce una legge fondamentale dei mercati, ovvero la legge della domanda e dell’offerta.
Quando in un mercato ci sono troppe persone che offrono un bene rispetto a quanti lo vogliono comprare, il prezzo di quel bene scende, poiché gli offerenti entrano in concorrenza tra loro e abbassano i prezzi per venderlo prima degli altri. Quando invece è la domanda a essere superiore all’offerta, ecco che il prezzo sale, perché per accaparrarsi il bene prima degli altri gli acquirenti offrono un prezzo più alto.
Il prezzo di un bene, dunque, lo si può considerare come lo specchio degli scambi, una sintesi perfetta delle richieste di acquisto e di vendita che avvengono sul mercato. Detta in altri termini, in un determinato momento la maggior parte di chi vende e di chi acquista un determinato prodotto è disposta a farlo a «quel» determinato prezzo.
Ma se vogliamo, invece, avere il fair value del parco giocatori dovremmo osservare la voce “diritti pluriennali alle prestazioni calciatori” iscritta nell’attivo dello stato patrimoniale che già è al netto delle quote di ammortamenti.
Ebbene nel bilancio al 30 giugno 2020 (ultimo disponibile) sapete quale era il valore di bilancio (net book value) dei calciatori del Napoli?
Solo di 142 milioni di euro!
Ora se pure vogliamo supporre, solo immaginare, così come riportato da transfermarkt, un impatto sostanzialmente neutro della campagna acquisti-cessioni del 2021, allora fatemi fare il presidente per un giorno!
Perché se cosi fosse, se cioè domattina vendendo tutti i calciatori si realizzassero 518,5 milioni di euro, il presidente del Napoli – o io o De Laurentiis, poco cambia – non aspetterebbe un secondo ad accompagnarli personalmente all’aeroporto di Capodichino per portare a casa una plusvalenza di almeno 376,5 milioni di euro (!!!).
Alt!
Non e’ proprio così semplicistico perché c’è un altro aspetto da prendere in considerazione: che cosa spinge una persona a comprare o meno un bene? E perché proprio a quel prezzo?
Le decisioni di acquisto o di vendita di un bene sono soggette a molteplici variabili. Dovete infatti sapere che sui mercati il prezzo va distinto da un altro concetto molto importante: il valore.
Un bene o un servizio (i calciatori sono beni che offrono servizi) hanno dunque un prezzo e anche un valore. Mentre il prezzo è un dato oggettivo, pubblico, noto a tutti, il valore è soggettivo, emotivo, cambia di luogo in luogo e può assumere entità differenti a seconda delle persone coinvolte nello scambio o del metodo usato per determinarlo.
Il valore, dunque, è legato alla nostra percezione delle cose, per questo si parla spesso di «valore percepito».
Un dipinto, per esempio, potrebbe avere un valore inestimabile per me, tanto che sarei disposto a pagare milioni per averlo, ma un’altra persona potrebbe ritenere una follia pagarlo anche solo cento euro.
Il valore di un bene o servizio lo decidiamo noi in ragione dei nostri bisogni, dell’utilità che gli attribuiamo, dei benefici che può procurarci e persino dell’emozione che proviamo nell’acquistarlo o nel venderlo. Il prezzo, invece, lo determina il mercato.
Quando operiamo in un mercato come acquirenti confrontiamo il valore percepito con il prezzo di mercato. Ed è qui che scatta la scintilla :
• Se il nostro valore percepito di un bene o servizio sarà superiore al prezzo richiesto dal mercato, avremo la sensazione che sia un affare e lo acquisteremo.
• Se il nostro valore percepito sarà identico al prezzo di mercato, avremo la sensazione che il prezzo sia adeguato e compreremo comunque.
• Se invece il nostro valore percepito sarà inferiore al prezzo di mercato, avremo una sensazione di ingiustizia e non acquisteremo.
Ora voi siete convinti che oggi ci sia qualcuno disposto ad acquistare la rosa della Juventus per 603 mln di euro?
Oggi qualcuno sborserebbe 35 milioni per Locatelli?
Sono certo della vostra risposta.
Parlo di ciò che conosco, solo di questo: di ciò che conosco. Per il resto (tecnica e tattica) taccio.
Alla prossima.