La trasferta è ancora il prodotto perfetto per chi ama il calcio
Le lunghe ore in treno tra ansia e trepidazione per poi esplodere al gol di Mertens. Sostenere la propria squadra in trasferta è l'essenza del calcio.

© “MERTENS” – FOTO MOSCA
Vi racconto una storia: per chi come me ama il calcio e i viaggi, la trasferta è il prodotto perfetto. Eppure, stavolta le insidie erano grosse: il Covid e il rinvio della partita. Ed infatti fatico a trovare un componente. Ma la voglia era tanta e l’occasione da sfruttare. Trasferta libera a Torino, e quando ci capita più. All’andata lunghe ore in treno fatte di ansia e trepidazione. C’era il rischio di trasformare una trasferta di pallone in una gita fuori porta al Museo Egizio di Torino. Sarebbe stato un epilogo crudele.
Arrivati in città si respira aria di partita. Si gioca. Raggiungo il B&B per posare lo zaino e andare a mangiare un boccone. Vado di fretta ma la proprietaria ci tiene a raccontare che il palazzo dove mi trovo è di proprietà di Bonucci e che all’ultimo piano risiede Perin. Non la interrompo per educazione finché, accortasi del mio finto interesse, mi domanda: “Tu sei juventino, vero?”. Tutta colpa di quelle chiaviche di napoletani juventini. Quante ne saranno passate da queste parti. Dove sono capitato, vorrei scappare. Ma la signora, anch’ella bianconera, è gentile. Le spiego, quindi, di essere del Napoli e di non appartenere a quella categoria. Basta, non ne posso più. Ho fame. Giretto in centro, poi direzione Allianz Stadium. Dentro, tanta roba. Ma pur sempre un cesso. Un gran bel cesso, potremmo sintetizzare. Fuori, un gran vociare di dialetti del sud. Si tocca Catanzaro e un attimo dopo Bari. Due passi e sei a Salerno. Di Torino non c’è nessuno. Contenti loro. Io, invece, mi sento a casa a 900 km di distanza. Precisamente nel settore 110 dove rappresentiamo una città e ne andiamo orgogliosi.
Fischio d’inizio. Viste le vicissitudini, ci basterebbe anche solo gioire ad un gol sotto lo spicchio a noi dedicato. E Ciro non se lo fa dire due volte. Al 23’ la butta dentro. Corre sotto lo spicchio, linguaccia. Siamo al settimo cielo. Finisce il primo ed è tempo di rifocillarsi. E qui entra in gioco Agnelli, che farà pure parte della top 3 degli insopportabili di tutti i tempi (gli altri due posti occupati da Massimo Mauro e Pavel Nedved) ma in questo caso bisogna fargli i complimenti. Ha sbloccato la vendita di cibo e bevande. Tra cui la Bud alla spina. La più venduta del settore. A Napoli, al Pap gli facciamo talmente schifo che ci vende la birra in plastica. Ma questa è un’altra storia.
Ricomincia il secondo tempo, la curva ha la pancia piena così come gli azzurri in campo. In vantaggio di 1 contro ogni più roseo pronostico. Ed infatti, dopo 10’, Chiesa trova su deviazione il pareggio. Ci poteva stare. Al triplice fischio, Insigne, da vero capitano, chiama a rapporto la squadra. Inizia il terzo tempo. Quello dei ringraziamenti e degli applausi ai ragazzi. Del campo e della curva. Sono stati 900 KM di trepidazione. Ce ne saranno altri 900 quanto meno di serenità. Ma prima bisogna raggiungere casa Perin. L’albergo si trova vicino la stazione ma allo stadio non ci arriva il treno. Solo bus affollati da brutta gente. Ecco perché decidiamo io e Diego, un ragazzo conosciuto nel settore, di dividere le spese del taxi. Ma anche i taxi vanno a ruba. Finché non ne fermiamo uno già occupato. Da due juventini. Chiediamo quale sarebbe stata la loro direzione. Rispondono quell’opposta alla nostra. Ma non importa, ci serve quel taxi. Entriamo lo stesso. Io mi siedo avanti. Lascio Diego tra i nemici. Non c’erano alternative. In queste situazioni meglio non parlare. Ed infatti non è volata una mosca. Fino all’arrivo alla loro destinazione. Quando sono scesi e noi abbiamo proseguito. Fu in quel momento che rivelammo al tassista la nostra fede calcistica. E nello stesso, egli diede finalmente una spiegazione a quel silenzio.
Il prossimo a scendere sono io. Saluto e ringrazio Diego e il tassista. Il primo tornerà a Napoli in bus. Il secondo tornerà allo stadio a prendere altri tifosi appiedati. Io intanto raggiungo Casa Perin. Vorrei tanto suonarlo al citofono ma mi trattengo. Domani sveglia alle 6. Partenza al crepuscolo in aereo. Mi piace partire all’alba e tornare al tramonto. Viaggiare leggero ma attrezzato. Rigorosamente zaino in spalla. Dormire in aeroporto o a Casa Perin non fa differenza. La voglia di avventura è la mia più grande ricchezza. Spero di non perderla mai.
Articolo scritto per la rubrica “Le vostre voci” da Andrea Lorello.