Presidenzialismo vulcanico

"Presidenzialismo vulcanico", il vero modo per definire i rapporti che intercorrono tra Napoli, il Napoli ed il suo presidente.

De Laurentiis
Articolo di Luciano Scateni11/12/2021

© DE LAURENTIIS – FOTO MOSCA

“Ho scritto un bel libro, bello davvero” / “Hai visto il mio ultimo lavoro, il mio stupendo autoritratto?” / “Guarda, la ‘Nona’ di Beethoven è propria bella, non lo nego, ma la mia operetta ‘Baci e Abbracci’, non lo è almeno altrettanto?” / “E dai giochiamo, che a scacchi non mi batte neppure Kasparov”
Insomma non è raro che i diffusi signor X si osservino allo specchio con gli occhi lucidi d’orgoglio emozionante e uno smagliante sorriso autocompiacente, che rispondano “Io, io” alla domanda “Chi è il più figo del mondo?” Così va nel mondo dell’apparire sull’essere. Aurelio De Laurentiis conferisce con il gotha del giornalismo sportivo. Scelta assolutamente legittima, lo fa dopo il 3 a 2 semi miracoloso rifilato alla “perfida Albione”, ai red britannici del Leicester.

Con intelligente scelta di tempo, da esperto navigatore dell’imprenditoria cinematografica, non discetta di filmografia dopo il flop di un suo film bocciato da critica e pubblico, ma all’indomani di un successo. Dismessi i panni del produttore, indossa la “mise” di presidente calciofilo del Napoli e svincolato dalla difficoltà di giustificare prove non molto brillanti, non apprezzate dalla tifoseria degli azzurri (per non andare lontano, Inter e Sassuolo) dichiara: “Spalletti è il miglior allenatore della mia gestione del Napoli. Lobotka? Chi avrebbe scommesso su di lui? (neanche Spalletti, costretto a schiodarlo dalla panchina per il forfeit di Anguissa e Fabian, ndr). Elmas idem (in prima squadra per le assenze di Insigne, Politano, Lozano, Zieinski ndr). Ounas (ma non ha dovuto emigrare con successivi prestiti a Nizza, Cagliari, Crotone?)”. Qualcuno ricorda tutti i “casi” di giocatori di altissimo profilo che la società lasciava intendere fossero a un niente dall’indossare la maglia azzurra e mai visti a Napoli?

Funambolici gli ultimi lampi di anticonformismo della società: è Armani a firmare l’abbigliamento dei calciatori. L’azzurro finisce per essere solo uno dei colori di tute, maglie, calzoncini, calzettoni, tute: blu, azzurro, bianco, rosso, strisce bianco-azzurre “Argentina“, verde, con foto di Maradona (euro 160). Ce n’è per maschi donne, bambini e si moltiplicano gli sponsor. Oltre Armani, Lete, Robe di Kappa, Msc crociere, Amazon. La fervida fantasia del Presidente spazia dal “Quanto son bravo a condurre la campagna acquisti” e “lo store” appena descritto, ma oltre c’è la strabiliante idea (immediatamente bocciata dai tifosi) di sostituire lo storico simbolo del “ciuccio” con il “più nobile” cavallino rampante (ma non è esclusiva della Ferrari, dunque della Fiat, dunque di Agnelli, dunque indirettamente della Juventus ndr?).

Il fiume in piena di De Laurentiis va ancora oltre. Propone di produrre una serie tv sul Napoli e di consentire partite senza intervallo con tanti cambi, precedute da incontri di calcio femminile.

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