Lo Bello: “La tecnologia va avanti, ma non sostituirà mai l’arbitro”
L'ex arbitro internazionale Rosario Lo Bello ha commentato la sempre maggior invadenza della tecnologia sul giudizio arbitrale nell'appuntamento settimanale "Lo Bello del Var"

Anche la 17esima giornata di campionato si è conclusa e, come ormai è consuetudine, torna la rubrica “Lo Bello del Var”, in cui analizzare episodi e arbitraggi insieme all’ex arbitro internazionale Rosario Lo Bello. Fortunatamente questo turno di campionato è trascorso scevro da polemiche o correzioni particolari da parte degli addetti al Var. Abbiamo quindi colto l’occasione di affrontare con uno dei grandi fischietti del passato una tematica tanto sensibile quanto provocatoria: il ruolo del Var tra arbitraggio e arbitrio.
L’evoluzione non si può certamente arrestare o frenare. Più ci avviciniamo alle macchine, più queste entrano a far parte della consuetudine ordinaria. Anche quelle tecnologie che in principio possono spaventare per la radicalità del cambiamento a cui portano, un giorno, presto o tardi, verranno prima accettate e poi integrate nei nostri sistemi.
Così nello sport e, più nello specifico, nel calcio. L’indiscutibile autorevolezza del mezzo tecnico, terzietà per eccellenza, potrebbe, in un futuro non lontano, condurre la discussione all’estremizzazione dell’utilizzo dello stesso. Ovvero, rendere definitivamente e insindacabilmente oggettive le valutazioni tramite l’implemento di un algoritmo che simuli un’intelligenza artificiale. Ma non tutto è quantificabile. Alcune decisioni devono essere prese sulla base di percezioni qualitative e non quantitative, in base alla “temperatura” in campo e al mero spirito del gioco.
“Ci tengo a ribadire le parole di Ferrari Aggradi (con tono solenne), un vero e proprio mantra per me: “Ricordate che siete il direttore di gara e il direttore della terna, responsabili di tutto quel che succede, l’ultima decisione spetta a voi. Le partite cominciano tutte dallo 0-0. Le maglie sono tutte uguali, cambia solo il colore”. Un tempo c’era grandissimo rispetto per gli arbitri. Oggi hanno inventato il quarto uomo, il Var, il quinto, il sesto…e così via.
Tutti che percepiscono un compenso per la presenza. Una volta avevi la diaria di 540.000 lire e tutti, nei curricula, accanto al lavoro indicato, avevano un’occupazione principale. Anche perché non c’era certezza della conferma per la stagione successiva. Io ho sempre detto che l’arbitro deve poter essere libero di testa e di tasca. Con la mente sgombra fai una gran partita.
Il calcio adesso si sta muovendo, probabilmente, verso un utilizzo sempre maggiore della tecnologia, così da poter tagliare i costi rappresentati dalla figura dell’arbitro e degli assistenti e, allo stesso tempo, cercare di garantire l’oggettività della chiamata. Due piccioni con una fava. L’arbitro è stato sempre considerato non una risorsa, bensì un costo. Il problema delle federazioni non può essere identificato nel costo dei direttori di gara, quando, poi, si spendono miliardi per altre cose meno necessarie. L’arbitro costa? L’arbitro è un dono di Dio, se permettete (con tono deciso).
Artemio Franchi diceva: “Il direttore di gara è la federazione. In Italia non funziona tutto bene, ma una cosa è garantita: alle 14.30 iniziano tutte le partite puntualmente”. Per questo motivo sono convinto che la tecnologia non potrà mai sostituire completamente un arbitro.”