Riquelme, El Último Diez
Il nome di Riquelme è uno di quelli che risuonano nell’eternità, come il coro unanime che l’ha accompagnato fin dalla prima partita al Boca Juniors. Quel “Riqueeelme, Riqueeelme!” intriso di riconoscenza per un fenomeno, un idolo, che per una carriera intera ha calpestato ogni filo d’erba con l’intenzione di lasciare un segno indelebile. Missione compiuta, […]
Il nome di Riquelme è uno di quelli che risuonano nell’eternità, come il coro unanime che l’ha accompagnato fin dalla prima partita al Boca Juniors. Quel “Riqueeelme, Riqueeelme!” intriso di riconoscenza per un fenomeno, un idolo, che per una carriera intera ha calpestato ogni filo d’erba con l’intenzione di lasciare un segno indelebile.
Missione compiuta, Romàn.
Lo scrittore Roberto Colombo, massimo esperto del calcio argentino, ne ha delineato un ritratto appassionato e fedele nel suo libro “Riquelme. Román e la casa del padre”, partendo dalle origini umili del Dieci argentino fino a ripercorrere la sua gloriosa ascesa.
Racchiudere la sua carriera in poche righe sarebbe un’utopia, ma Roberto Colombo ha colto nel segno sottolineandone il fil rouge che ha contraddistinto il fenomeno nato a San Fernando: l’attaccamento alla maglia e la sfrontatezza.
Basti ricordare il giorno in cui umiliò senza mezzi termini due presidenti argentini, i cui interessi mimavano quelli del club e di Riquelme stesso in primis. In particolare a Mauricio Macri Riquelme rivolse il celeberrimo gesto delle orecchie, sottolineato, viene da pensare sarcasticamente, nell’intervista durante la quale sostenne di averlo fatto perché alla figlia piaceva Topo Gigio.
Forse il simbolo più eloquente di questo incontro tra classe e sfrontatezza è il “caño” ai danni di Mario Yepes, il tunnel nel leggendario derby superclásico contro il River Plate, stravinto dal Boca. Un match che rappresenta una tappa epica del Boca di Bianchi, che avrebbe poi vinto la competizione per la terza volta nella sua storia.
È grazie a tutto questo, unitamente ad un talento sconfinato, che Román ha saputo ricambiare l’affetto della sua gente a suon di gol e prestazioni leggendarie.
Perché in fondo Riquelme giocava per la felicità della sua gente come fosse un gol della vita. Da segnare a tutti i costi. Compreso quello di mostrarsi duro e oltrepassare il limite.
Ma sempre e unicamente all’interno di una cornice di verità, di coerenza. Quella che l’ha consegnato alla leggenda come “el último diez” albiceleste.