Il futuro calcistico di Partenope
Al Barcellona dei giovani talenti fa riscontro il Napoli di De Laurentiis, in piena crisi finanziaria, a rischio di perdere ‘pezzi’.

©️ “ZIELINSKI” – FOTO MOSCA
Esperienza, maturità, superiorità anagrafica, contro gioventù, potenzialità, futuro: riposto il campanilismo tra la ‘roba’ da archiviare senza soffrire di nostalgia, la sintesi filosofica della trasferta spagnola nella Catalogna secessionista, è in questa contrapposizione generazionale, per ora conclusa dal prezioso pareggio del Napoli con il Barcellona che fu di Guardiola, nella cattedrale del calcio europeo del Camp Nou. La corazzata, che il presidente La Porta ha dovuto ingegnarsi a tirar fuori da un pericoloso ‘rosso’ di bilancio, ha operato una sterzata nel mare inesplorato, ma promettente, di talenti in fieri, selezionati con l’evidente obiettivo di costruire un team erede della meraviglia a suo tempo proposta, appunto, dal geniale Guardiola.
L’investimento, per quanto il ridimensionamento dell’onere di costosissimi ingaggi e contratti, ha richiesto comunque maxi flebo di dollari il felice incontro con l’ambizione del gigante svedese Spotify a fregiarsi di visibilità internazionale, grazie alla scintillante vetrina del calcio spagnolo. Di qui la sontuosa sponsorizzazione di 280 milioni di euro. Il Camp Nou, conseguenza scontata dell’accordo muterà il suo storico nome in Spotify Nou Camp.
Recensioni del giorno dopo, non poco benevole, esaltano l’1 a 1 che il Napoli porta a casa ed enfatizzano la condanna di Spalletti del signor Kovacs, fischietto imputato di incompetenza: dopo aver indagato il Var, “rigore” il verdetto che ha punito l’impatto di un cross del Barca con la mano di Juan Jesus, che improvvidamente si è opposto con il braccio aperto, distante dal corpo. Spalletti contrappone la tesi della mancata conseguenza del tocco di mano sulla direzione del lancio. Con onestà professionale il tecnico toscano conviene sui danni ricorrenti di un Napoli a trazione opposta tra un tempo e l’altro di molte che più di una volta è costata punti e voti in pagella. Per sanare questo vulnus, che sottrae credibilità alle aspirazioni di traguardi prestigiosi, chissà non sia il caso di affiancare allo staff medico che tutela fisicamente gli azzurri uno psicologo dello sport.
Sarebbe opportuno affidare a lui un’appropriata terapia per indurre la squadra a ‘ragionare’ come le ‘grandi’ del calcio, che dosano le energie psicofisiche per ottimizzare il rendimento nell’arco totale dei 90 minuti e che in vantaggio di un gol producono il massino impegno per raddoppiare e mettere al sicuro il risultato. Ieri il Napoli dei primi 45 minuti è stato messo equilibratamente in campo per smorzare il velleitarismo offensivo del Barcellona e profittare della prevista pressione per veloci ripartenze finalizzate dall’imprendibile Osimhen.
Al rientro dal riposo, sopresi dalla prevedibile aggressività dei blugrana, impegnati a rimontare lo zero a uno subito con il gol di Zielinski, i bianchi (ennesima divisa di Armani) hanno reiterato l’illusione di arrivare al 90esimo con il vantaggio minino acquisito. Il pareggio finale, ha ragione Xavi, tecnico del Barcellona, premia il Napoli, certo, ma se si dimenticano almeno tre incredibili errori degli attaccanti avversari che hanno mandato alle stelle o a lato della porta difesa da Meret palloni destinati a finire in rete da posizioni ideali.
Epilogo: al Barcellona dei giovani talenti fa riscontro il Napoli di De Laurentiis, in piena crisi finanziaria, a rischio di perdere ‘pezzi’: il regime di risparmio (leggi esodo di Insigne) potrebbe indurre azzurri di qualità a emigrare.