Lo Bello: “Quando finiremo di giocare alla Playstation e vorremo giudicare il calcio, sarà troppo tardi”
Dopo i due episodi che hanno fatto tanto discutere in questa diciottesima giornata di Serie A, Rosario Lo Bello esprime il suo parere sull'operato arbitrale sotto osservazione.
– Domanda a bruciapelo: perché è nato il VAR?
– Per rendere il campionato più giusto, Signora Maestra.
– Bravo Giovanni, ma come si rende il campionato più giusto?
– Spazzando via ogni minimo e ragionevole dubbio sugli episodi arbitrali, Signora Maestra. Facendo in modo che società, giocatori e tifosi, siano tutti d’accordo con la bontà delle scelte e del regolamento.
– Bravo Giovanni, dunque oggi siamo tutti contenti?
– No, Signora Maestra.
Si scherza, ma mica tanto. I gol annullati nell’ultima giornata di campionato, prima a Bergamo, per la posizione “fuorigioco” di Palomino, e successivamente a Milano, per quella “dormiente” di Giroud, hanno scatenato un vero e proprio putiferio, di quelli che ti spinge a dire: e menomale che c’è il VAR. Si perché l’assistente digitale ha permesso prima a Irrati e poi a Massa di applicare il regolamento come AIA comanda, ma ciò non basta, così come non reggono le spiegazioni in merito all’attività o alla passività delle posizioni dei giocatori in una determinata azione.
Insomma, il VAR non metterà mai a tacere le chiacchiere da BAR e questo lunedì in tutti Italia, sappiamo che davanti ad un crodino, gli argomenti contrastanti, che faranno litigare amici e parenti, saranno solo due: Atalanta-Roma e Milan-Napoli sono state macchiate o meno da un errore arbitrale?
Noi lo chiediamo al nostro arbitro internazionale personale: Rosario Lo Bello.
“Quando la finiremo di giocare alla Playstation e vorremo giudicare il calcio, sarà sempre tardi (quasi sconfortato). La gente vuole vedere il calcio “vero”, non queste cose qua. Vi pare normale che si segni un gol, dopo un minuto e mezzo l’arbitro riveda tutto e cambi decisione così? Questo è calcio? Lo è solamente per coloro che vendono il “prodotto calcio”, non per quelli che lo devono giocare.
Innanzitutto, la gente vuole vedere il calcio e non la Playstation; numero due che le regole siano certe e comprensibili; terzo, si guardi un po’ oltremanica: al calcio viene riservata l’ultima pagina dei tabloid e l’uso del VAR è limitato il più possibile. È lo specchio della nostra cultura burocratica. Il voler cercare l’interpretazione più cavillosa, al contrario degli inglesi, che noi a volte bistrattiamo, i quali hanno una mentalità più lineare, più logica.
Mi piace sempre parlare per esempi. Tanto tempo fa, ho annullato un gol al Milan per un fallo, forse un po’ meno evidente rispetto al fuorigioco che è stato chiamato a Giroud ieri sera, ad Hatley. Quasi identico. Allora non capisco. Che Massa fischi fallo del francese e in pochi secondi finisce tutto. Nessuna polemica, solo una decisione arbitrale, di cui il direttore di gara si assume la responsabilità. Era già accaduto che questo arbitro attendesse il parere del VAR e poi cambiasse decisione troppo facilmente. Ma cosa ci stai a fare, allora, esattamente in campo? Il VAR è diventato il coraggio degli arbitri timorosi.
Tornando agli inglesi, a me piacerebbe veder arbitrare sempre gente come Webb o Kuipers, gente di polso (voce decisa). Non c’è bisogno di arbitri che fanno i 100 metri in 12 o 13 secondi, ma che siano presenti, in tutti i sensi, al momento giusto e al posto giusto. Persone che nessuno osi contestare per l’autorevolezza delle chiamate. L’episodio di Bergamo mi è parsa un’azione di pallanuoto. Quando il centroboa, che in genere ha una stazza enorme, viene marcato da un difensore, questo gli sta dietro e se lo tira a sé. Ed è esattamente quello che è successo. La chiamata, quindi, doveva essere al contrario. Ribadisco, a costo di apparire ripetitivo, le parole di Ferrari Aggradi: “L’arbitro è il direttore di gara e della terna”, e aggiungo io: del VAR.
Per carità, è sbagliatissimo dire “ai miei tempi”, però accidenti, non mi pare che gli errori di allora fossero molti più di oggi, né più eclatanti. Vorrei solo stimolare un confronto. Quanti erano prima? Quanti sono adesso? Ma almeno era calcio”.