Si fa presto a dire #Garciaout. E se fossi tu l’oggetto di un hashtag di esonero?

Vincenzo Imperatore invita a riflettere nei giusti modi in merito alla decisione di Aurelio De Laurentiis di confermare Rudi Garcia.

Articolo di Redazione SDS23/10/2023

© “GARCIA” – FOTO MOSCA

#Garciaout è uno degli hashtag di maggior tendenza sui social nell’ultimo mese. Ma non dimentichiamo che c’è stato anche un tempo per il #Spallettiout, così come per il #Gattusoout, per non parlare di #Ancelottiout. Vincenzo Imperatore, scrittore e analista finanziario, ne parla in un articolo per Area Napoli nel quale ha tracciato un’attenta disamina attraverso la quale invita a riflettere nei giusti modi in merito alla decisione di De Laurentiis di confermare Garcia:

“Tendenza significa che tanti, tantissimi, vorrebbero che si realizzasse quell’idea, quel concetto, quella esperienza. Mi meraviglia, sulla base di una osservazione artigianale realizzata attraverso i social network, che a determinare quel trend siano soprattutto persone che, anche nei media, vivano le dinamiche del mondo aziendale (imprenditori, manager, direttori di giornali, consulenti, lavoratori dipendenti, giornalisti), e che sanno perfettamente che cambiare manager è come cambiare allenatore. Per certi aspetti, infatti, un manager che viene rimosso e sostituito da un altro è come un allenatore che affronta il rischio dell’esonero. 

Ma il tifo, si sa, annebbia e quelle persone, spesso anche di successo nel loro business, dimenticano che lunedì potrebbe toccare a loro: decidere (se imprenditori) o subire (se manager o lavoratore dipendente) l’avvicendamento.

E mi chiedo: “ma se fossi tu, Sig. Rossi, il proprietario, il manager (anche direttore o caporedattore di un giornale) o il dipendente di quella azienda (anche un giornalista) che sta andando in default, saresti d’accordo a sostenere l’hashtag #Rossiout dopo le prime performance negative?”.

Vi invito a soffermarvi su quanto, nella letteratura economica e finanziaria, sostengono numerosi studi che si pongono l’obiettivo di stimare l’impatto del cambio di un manager sulle performance di un’azienda: il cambio del management in un’azienda, piccola o grande che sia, è sempre un momento delicato che genera profondi cambiamenti e necessita di un certo tempo per l’assestamento.

Perché non sempre la sostituzione determina un aumento di efficienza!

Al riguardo infatti sono state formulate tre teorie diverse sul fenomeno del ricambio di un allenatore o di un manager e che sostengono, l’esperienza ce lo insegna, che esonerare l’allenatore non sempre serve.

La prima è la teoria del “senso comune”, la più seguita, secondo la quale un allenatore (così come un manager) è il responsabile dei risultati deludenti di una squadra. L’esonero ha così lo scopo di dare un effetto positivo alla performance, portando idee nuove ed evitando gli errori commessi dal predecessore. Anche nelle aziende avviene che si tenti di dare una sterzata cambiando gli uomini al comando.

La seconda teoria è quella del “circolo vizioso”: nonostante l’esonero, la squadra continuerà a fare male, a causa della confusione all’interno delle relazioni societarie. Il cambio allenatore avrà un effetto destabilizzante, in negativo. In molti di questi casi, i risultati possono anche nel brevissimo termine, probabilmente per effetto di una bomba di adrenalina motivante, ritornando però al loro corso naturale dopo poche partite, giusto in tempo per giustificare l’ipotesi del “senso comune”.

La terza teoria prende il nome del “rito del capro espiatorio”. Esonerare un allenatore non ha alcun impatto sulla performance della squadra. Un tecnico è allontanato solo per placare l’animo dei tifosi e la pressione dei media.

Secondo voi quale dottrina sta seguendo Aurelio De Laurentiis? 

Tra l’altro non bisogna dimenticare che nel business calcio la valutazione delle performance sportive presenta quattro svantaggi rispetto alle aziende di altri settori.

Innanzitutto, la performance è misurata su base settimanale, attraverso tre semplici indicatori: vittoria, pareggio o sconfitta della squadra. Mentre nelle altre aziende, pur considerando la redditività (quanto ho guadagnato) il principale indicatore di efficienza, ci si trova di fronte ad una serie di Kpi (Indicatori Chiave di Performance) che, molto spesso, sono più importanti della redditività (ad esempio gli indicatori finanziari che ci fanno capire se quel guadagno ha generato o bruciato “cassa”) e meno pressanti (occorrono almeno 6-12 mesi per verificare l’impatto di una nuova leadership)

In secondo luogo le scelte strategiche dell’allenatore, in un mondo iperconnesso, sono osservabili da tutti, per esempio vedendo gli allenamenti, i giocatori schierati e il tipo di gioco adottato in partita mentre non succede quasi mai che le strategie di un top manager di una azienda, prevalentemente nel settore delle piccole imprese (investimenti, politiche del personale, ecc), siano così facilmente reperibili e leggibili.

In terzo luogo la tempistica con cui un allenatore è avvicendato risulta molto definita (“vattene a casa”) mentre la sostituzione di un manager di una altra azienda non è sempre chiara. Spesso, chi ha compiti dirigenziali all’interno di un’azienda non è allontanato, ma gli è conferito un incarico differente.

Infine le caratteristiche distintive degli allenatori, come l’esperienza pregressa nello sport, l’età, e i risultati ottenuti in passato, sono conosciute in profondità mentre i curricula vitae dei manager delle aziende, soprattutto nelle imprese familiari, sempre che esistano, sono sempre caratterizzato dalle omissioni dei fallimenti. 

Tutto così semplice? No e lo capisco! Perché anche a me risulta difficile togliere la maglia del tifoso ed indossare quella del professionista che valuta in maniera fredda questa dinamiche”.