Il tackle nel deserto: un mercoledì di emozioni Marrakech
Quando scendono in campo i Leoni dell'Atlas il Marocco si ferma, Marrakech si ferma. I bar sono stracolmi di tifosi, è tutto un tripudio di drappi rossi.
MARRAKECH – L’aria era frizzante martedì mattina, nonostante da queste parti non esista l’inverno. L’animosità nei souk, nella medina, come nel resto della città era legata alla vittoria dell’Arabia Saudita sull’Argentina. In Marocco si devono essere sentiti un po’ fratelli di lingua e di confessione religiosa con i sauditi. Non fa una piega, e a dirla proprio tutta le magliette contraffatte di Messi non hanno mercato come la numero 2 di Hakimi, l’eroe nazionale.
Martedì è stato giorno di suggestioni, mercoledì di emozioni. Quando scendono in campo i Leoni dell’Atlas il Marocco si ferma, Marrakech si ferma. I bar sono stracolmi di tifosi, è tutto un tripudio di drappi rossi. Essere alla Coppa del Mondo è prestigioso, provare a camminare verso i turni successivi è un sogno che regala euforia.
La partita con la Croazia è sempre la sfida con i vice-campioni del mondo, un po’ logori in alcune individualità, ma sempre letali sulla carta. E invece le due squadre stabiliscono una livella di agonismo e di tattica. Sotto l’aspetto tecnico questo Marocco sa di avere numeri che contano. Finisce 0 a 0, nessuno a Marrakech rischia il carosello, ma si torna a casa, al lavoro, e addirittura in aeroporto, tenendo addosso la maglietta della nazionale. I più giovani sognano magie contro Belgio e Canada, i vecchi ricordano a figli e nipoti che era dai tempi di Boudrebala, Zaki, Timoumi e Dolmy, ovvero da Messico 86, che non si vedeva un Marocco così forte. All’epoca furono ottavi di finale sulle carcasse di Inghilterra, Polonia e Portogallo. Oggi chissà. Si ritorna a pensare a quanto compiuto dall’Arabia Saudita. Tutto può succedere.