Caro Kvara le scrivo, così mi distraggo un po’ (anche dagli schemi)…

Caro Kvara le scrivo così mi distraggo un po' in attesa della partita di Champions League contro l'Eintracht.

kvaratskhelia
Articolo di Roberto Beccantini20/02/2023

©️ “KVARATSKHELIA” – FOTO MOSCA

Caro Kvara le scrivo, così mi distraggo un po’. In attesa dell’Eintracht – squadra «tetesca»: occhio, dunque – il gol che ha realizzato venerdì sera, al Mapei Stadium di Reggio Emilia, mi ha strappato dal sofà.

È stato, il suo gesto, uno schiaffo al protocollo, come il ruttino che scappa a un commensale durante una cena di gala. Ma un ruttino d’autore, di classe, meglio «lui» che cento falsi colpi di tosse per far capire alla signora della forchetta accanto che del barboncino di cui sta blaterando non ce ne può fregar di meno.

È una metafora probabilmente contorta, se non rozza, ma pane al pane: il ruttino è la libertà, come lo shampoo che si faceva Giorgio Gaber («Una brutta giornata, chiuso in casa a pensare, una vita sprecata, non c’è niente da fare, non c’è via di scampo; mah, quasi quasi mi faccio uno shampoo»).

Ebbene sì, i giocatori del Sassuolo sono ancora lì, testimoni memori e grati di aver decorato, comunque, un quadro di Jan Vermeer, olandese, esponente di spicco della «pittura totale» che anticipò il «totaalvoetbal» di Rinus Michels e Johan Cruijff.

Lo riassumo per comodità dei lettori: tocco-piumino a scivolare via dal primo avversario; slalom verticale ancheggiando un po’ di qua e un po’ di là; al momento dello sparo, palla leggermente spostata per confondere la sentinella estrema; e, «in fin della licenza», destro calato come un bisturi tra le gambe del paziente che avrebbe voluto ribellarsi all’anestesia.

Perché Luciano Spalletti, alla millesima panchina, non è più il banale «traghettatore» o, peggio, «il bruto che cala sempre nel girone di ritorno»? Semplice: perché non ha invaso il georgiano rubandogli il diamante. Gliel’ha lasciato, felicissimo di poterne adottare i bagliori nella sua vetrina. L’eresia di Kvara è un inno al dribbling, atto che sta al calcio come Marilyn Monroe al cinema. Eccita, seduce, spinge verso sogni birbanti, allontana dalla castità dello schema. Rende «adulteri». Bisogna correre a confessarsi, e sperare nella clemenza dei Covercianisti, ligi, nei secoli, al conformismo delle penitenze.

Se, a 72 anni, continuo a crogiolarmi nel peccato del liberismo, è anche colpa sua, Kvara. Colpa di reti come quella che ha stappato il 17 febbraio scorso, giorno in cui Michael Jordan, ha presente? ne compiva 60. Reti che sobillano la gioia dello sport sorvolando, nello spazio e nel tempo, la didattica dei tutori, la frusta dei domatori, gli «ismi» dei fanatici.

Persino la «Gazzetta» le ha reso onore, dedicando addirittura due pagine al dribbling che esporta, e inserendola, di diritto, tra i migliori su piazza, con Rafael Leao del Milan e Armand Laurienté del Sassuolo. Non è mai troppo tardi.

Naturalmente, l’uno non esclude l’altro, scartare l’avversario non significa imbottigliare i moduli e le bisettrici nella cianfrusaglia tattica che ci portiamo dietro, spacciandola per bigiotteria da Quinta strada. La modernità di Spalletti è fuori discussione anche se, in passato, al Sacchismo subentrarono il Contismo e il Sarrismo. Non però, o non ancora, lo Spallettismo.

Sono gli acuti «alla Khvicha Kvaratskhelia» che creano scompiglio, agitano i cuori, avvicinano le fazioni, smorzano i rancori. Il tunnel di Omar Sivori, da lassù, ha sghignazzato forte, trascinando al cin cin George Best, secondo a nessuno in materia di sbornie (prese o date, con o senza virgolette).

Kvara carissimo, il suo decimo sigillo è molto più di una prodezza. È un manifesto ai giovani: «Stay hungry, stay foolish», siate affamati, siate folli, proprio come ammoniva Steve Jobs, maestro di futuro. E, appena potete, fuggite dalle gonne materne degli allenatori. Non è reato. Grazie.

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