Antonio Cassano e il suo dente del giudizio: che conformismo, però, sotto i moccoli
Antonio Cassano è il conformista che, per non sembrare tale, si maschera da sboccato anti-conformista.

© “CASSANO” – FOTO MOSCA
A 40 anni, Antonio Cassano è diventato un maniacale inquisitore di ombelichi altrui, collezionista di Tapiri e di «elzeviri», il trash di Bari Vecchia eletto a esperanto. A ognuno la sua cacca. E i pronostici. Puntati, spesso, come le carabine di un plotone di esecuzione sul sadismo vigliacco di noi radical chic. Da quando ha trasformato la «Bobo Tv» in un pulpito, e le sue omelie in sentenze all’arma bianca, è assurto al rango di Sibilla cassana. Parrocchiano devoto, non mi perdo una profe-zia.
Attenzione, però. Antonio non è il Fantozzi che, nel delirio generale e coatto del cineforum, sale sul palco e farfuglia: «La Corazzata Potemkin è una cagata pazzesca». No, non è lui. A parità di slang, trucido, è il conformista che, per non sembrare tale, si maschera da sboccato anti-conformista. Secondo Leo Longanesi, «l’intellettuale è un signore che fa rilegare i libri che non ha letto». Ecco. Cassano frusta e fustiga i «titoli» che trova in edicola e passa oltre. Vi suggerisco l’ultima intervista alla «Gazzetta dello Sport», firmata da Andrea Di Caro: «Il mio calcio senza sconti».
È la summa del suo credo, credo. Ebbene, se si escludono un po’ di «merde» e di «cazzi», siamo nel recinto del conformismo dell’anti-conformista, merce molto diffusa e ambita.
Volete una controprova? Non poche delle Cassanate combaciano con le opinioni del sottoscritto. Ma sì. Esempi sparsi. «Allegri va cambiato»: di più, non andava ripreso.
«Mou gioca malissimo»: che scoperta, dell’estetica se n’è sempre fottuto. E comunque, come raccomanda John Fante, chiedi alla polvere (dell’Olimpico).
«Guardiola è un genio»: ma no? «Le squadre di Sarri sì che danno spettacolo»: e chi ha mai detto o vergato il contrario? L’avrei tenuto alla Juventus. «Messi il giocatore più forte del mondo»: questa, poi. Come la scoperta dell’America. Il dubbio dell’ultimo ventennio – sino, almeno, al 2022 – è stato: o la Pulce o Cristiano Ronaldo. Non un dilemma fra le cui onde annaspare o, addirittura, annegare. «Juventus: solo ombre. Annata pessima, negativa»: wao, questo è un banalissimo far di conto, non far di «sconti».
«Napoli-Milan: se devo puntare un euro, dico Napoli»: chi si butta «prima», godrà in eterno della mia riconoscenza «dopo». A maggior ragione se la pensa come me.
«Spalletti è il miglior allenatore italiano, un vero top». Per carità, il giudizio è netto e plausibile. Appunto: troppo plausibile e troppo – paradossalmente – popolare. Detto oggi, in un’orgia di Funiculì funiculà. «Inzaghi: l’Inter [di Lisbona] mi ha stupito, ha meritato di vincere e va dato merito a Inzaghi, ma per essere riconfermato non basta arrivare in semifinale, deve vincere la Champions. Altrimenti è da cambiare». Alla faccia. Genio in coppa, pirla in campionato, Inzaghino: come si sta comodi tra le spazzole del tergicristallo.
Perché nessuno gli offre il ruolo di direttore sportivo o tecnico? «Temo abbiano paura di Cassano». Direte che dal mio salotto sarà pure ruffiano affermarlo, ma io una chance gliela darei. Sul serio. Non rientra, nel colloquio, un cenno alle famigerate plusvalenze. Antonio ne aveva parlato a botta calda, in video: «Sto con la Juventus, così facevan [quasi] tutti». In questo caso, un granello di «anti» gli va riconosciuto. Gran finale con Judy Garland, attrice affascinante e tormentata: «Sii la versione originale di te stesso, non la brutta copia di qualcun altro». Cassano l’ha presa in parola. E se il moccolo gli serve per dopare concetti di pubblico spaccio, chi se ne frega.