Conte ha juventinizzato il Napoli: che mentalità
Gli azzurri cercano la vittoria senza compromessi, senza seguire un’unica strada, è un cambio di mentalità, Conte ha compiuto un miracolo.

Il Napoli di Conte ha annichilito il Palermo, nei sedicesimi di Coppa Italia, con un 5-0 che racconta tanto sui lavori fatti e i lavori in corso a Castelvolturno, e forse ci anticipa – senza spazio per scaramanzia e provincialismo – quello che potrà essere il futuro degli azzurri: destinati a competere.
È indubbio che sarebbe da sciocchi celebrare il risultato di una partita che, tolte le chiacchiere da bar, è stata uno schiaffo in faccia alla narrativa del calcio “sofferto”. Al “Maradona” è emersa, innanzitutto, l’inesorabile superiorità tecnica e mentale della squadra azzurra, che non ha avuto pietà per i rivali, per l’involucro vuoto del romanticismo pallonaro, né per quella obsoleta verità assoluta che impone di usare il turnover con il misurino.
Il Napoli è sceso in campo con dieci undicesimi differenti rispetto ai titolari di Torino. Caprile tra i pali, Mazzochi e Spinazzola sugli esterni, coppia centrale formata da Rafa Marine e JJ, doppio play in mezzo, Gilmour e Lobotka, tridente alle spalle della punta formato da Neres, Raspadori e Ngonge e lì davanti Simeone.
Non c’è stato il tempo per chiedersi se fosse un azzardo. Due minuti e abbiamo già capito tutto. Ngonge, l’uomo su cui in pochi avevano puntato nei pronostici pre-partita, segna due gol in cinque minuti. Il primo con la complicità di Sirigu in versione oratorio, il secondo bellissimo all’angolino. Colui caduto nell’anonimato, che sembrava in procinto di partire e relegato ai margini della rosa, si palesa. È da gennaio che guardandolo si ha l’impressione giusta, ha le doti.
I rosanero di Dionisi, giunti a Napoli per giocarsela con orgoglio, si ritrovano immediatamente sommersi. E no, non è colpa dell’arbitro o della sfortuna, come dirà il tecnico a fine gara. L’errore di Sirigu non perdona, nemmeno un legno, un rigore negato, o una sfera fuori di poco, ma non è questo il punto. La misericordia manca al nuovo Napoli di Conte, che non dà scampo, non accetta nemmeno per un secondo l’idea di lasciare il minimo dubbio su chi comanda.
Il gol di Juan Jesus al 42’ – con tanto di dedica a Bomby stile “Ilary sei unica” – chiude il primo tempo con un punto esclamativo.
I rosanero, maledetti dal palo colpito da Brunori, potevano sperare in qualche spiraglio, ma la verità è che il ritmo imposto dagli azzurri non era congeniale.
Al 58esimo i siciliani perdono Vasic per espulsione (generosa), e c’è solo da concludere il rituale del massacro. Conte lo sa e ordina la carica, dove vede il sangue chiede il morso, come uno squalo. Neres e McTominay (lo scozzese entrato a fine ripresa in compagnia di Lukaku e Kvara) completano il tabellino, facendo capire che da queste parti è cambiato il vento: vincere è l’unica cosa che conta. Un motto che ricorda vecchie rivalità, che Conte ha nel sangue e menomale. La juventinizzazione azzurra dà buoni frutti in barba ai contrari.
Il 5-0 finale è una dichiarazione brutale: non c’è spazio per gli avversari, non c’è tempo per i sentimentalismi. Il calcio non è bello solo quando è combattuto fino all’ultimo minuto. Gli azzurri cercano la vittoria senza compromessi, senza seguire un’unica strada, senza essere schiavi del bello. È un cambio di mentalità, flessibilità e cinismo, esserci riusciti in cosi poco tempo è un miracolo che credevamo nemmeno la cultura del lavoro del buon Antonio potesse compiere in questi tempi. Ci sbagliavamo.
P.S. CONSIDERAZIONE SPARSE
Dopo la punizione in area non concessa a Torino per aver raccolto un pallone con le mani che andava spazzato, Caprile se la cava ancora, uscita a farfalle su Le Duaron, contatto spalla e schiena del centravanti. Era rigore. Buona la prova tra i pali, ma pecca di attenzione e lucidità.
Rimandato a fine settembre Rafa Marin, il percorso di crescita non è ancora concluso. Preciso nelle marcature, in impostazione da rivedere.
Non ce ne voglia Olivera, Spinazzola sull’out sinistro innalza la qualità dell’intera manovra.
Interessante la formula del doppio regista, con Lobotka orizzontale e Gilmour in verticale. Potremmo rivederla, non sempre e per forza con gli stessi interpreti, lo scopo è permettere a McTominay di fare un po’ quello che vuole, alla Hamsik.
Simeone e Raspadori, c’è qualcosa che non va, tanto impegno, ma eterni vorrei ma non posso, o vorrei ma non riesco, forse avrebbero bisogno di cambiare aria.