ESCLUSIVA – Il “Controcanto” di Liana Pastorin è un atto d’amore per Procida e il Napoli

Liana Pastorin, architetto e giornalista pubblicista, si è gentilmente concessa ad un'intervista ai nostri microfoni di Sport del Sud.

Liana Pastorin
Articolo di Federico Grassi02/07/2024

Liana Pastorin, architetto e giornalista pubblicista, si è gentilmente concessa ad un’intervista ai nostri microfoni di Sport del Sud. La sua doppia natura, tra lavoro e passione, la si nota nella scrittura dei sui libri e romanzi, ordinati e precisi raffiguranti la realtà sotto forma anche di ironia. “Controcanto”, dopo la pubblicazione del libro “Le mille e una Venezia” del 2019,  è il suo primo romanzo, ambientato nell’isola di Procida e non solo. Una storia avvincente, riguardante due protagonisti opposti e molto significativi.

Il tema della musica la fa da padrone, tra titoli e riferimenti a canzoni rappresentanti la natura ed il carattere dei personaggi. Dalla spocchiosità della Tipa di Torino, alla solitudine, pacatezza e riservatezza di Manrico. Questo romanzo ci ricorda come affrontare le avversità crudeli della vita, prendendo spunto da Ciro, barcaiolo procidano; sempre inseguire la retta via, anche se difficile. Distogliere lo sguardo dal passato, da relazioni tossiche, ricordando a tutti chi siamo veramente. 

Controcanto, ecco Liana Pastorin

Cosa ti ha ispirato a scrivere Controcanto

“Forse è meglio dire chi mi ha spronato. Dopo aver scritto la raccolta di “Le mille ed una Venezia”, nella quale era presente il racconto “Scombinato”, mio fratello Darwin in modo provocatorio mi disse che se non avessi scritto una romanzo non avrei potuto definirmi una scrittrice. Allora ho preso il racconto e l’ho fatto diventare quello che è ora “Controcanto”. 

I personaggi della Tipa di Torino e Manrico sono basati su persone reali o sono frutto dell’immaginazione?

Manrico nasce dalla mia immaginazione. Non è infatti né un uomo, né un adolescente e né un bambino preciso. È un personaggio costruito sulle fragilità universali dell’adolescenza. In lui ci sono tutti quei ragazzi incapaci di autodeterminazione, alcune volte vittime anche dell’ambizione dei genitori. Manrico bambino ed adolescente ha dovuto affrontare tante sfortune nella sua vita. Tra queste ne ho aggiunte un paio mie per liberarmene definitivamente.

Manrico è la  sommatoria di atteggiamenti che ho visto in uomini reali. Uomini con atteggiamenti tossici in relazioni con partner o semplicemente con la famiglia. La Tipa di Torino è uno stereotipo. Un pò antipatica, sopra le righe, quella che legge la vita di persone che non conosce. Parla con termini inglesi, particolari, chic. Con la critica pronta, commenta tutti. Di Tipe di Torino ce ne sono tantissime al mondo.

Perché come ambientazione l’isola di Procida

“Sono stata a Procida per la prima volta nel 2017 con una mia amica con l’intento di vedere posti di cui avevamo sentito parlare. Sono rimasta affascinata dagli aspetti ruvidi e veri che secondo me non esistono in altre isole. Mi sento vicina a Procida caratterialmente. In verità il romanzo nasce proprio sull’isola; io e la mia amica arriviamo davanti al bed and breakfast e vedo un vecchio amico di Torino di quando ero ragazza. Mi ha fatto scattare una possibile storia”.

Perché il titolo Controcanto, che significato ha?

“Controcanto mi sembrava che come titolo definisse bene il controcanto appunto, il contrasto di due personaggi opposti. È un termine come gli altri presenti nel romanzo di origine prettamente musicale“.

Che cosa rappresenta per te la musica

“Ho un rapporto con la musica particolare, un’amore non corrisposto. Non ho nessuna capacità musicale, nonostante abbia provato a suonare sin da piccola. Dal flauto alle medie alla chitarra rubata a mio fratello. Volevo suonare la batteria, ma mia madre voleva il pianoforte. Io cantavo nel corridoio, cosa che anche adesso amo fare, per far addormentare mia figlia quando era piccola. Appena ha iniziato a parlare, davanti al mio cantare mi ha subito detto “Mamma basta”. Insomma ho capito che dovevo astenermi“.

Come hai sviluppato la caratterizzazione dei personaggi? Manrico riservato, definito come un capitano di una nave che scruta l’orizzonte, mentre la Tipa di Torino antipatica, chic, frenetica.

“Sono cresciuti man mano. Mentre scrivevo prendevano forma. Ci sono tante chiavi di lettura per ogni personaggio. Ad esempio Manrico, il suo scrutare dall’alto come un capitano della nave, è una sensazione, il desiderio di voler essere notato, che esprime anche più avanti nel romanzo. Eppure è al contempo un personaggio grigio, come la sua camminata e il modo di parlare”

Ha poi continuato: “Per Stefania, che è un personaggio secondario, invece è stato fatto un ragionamento sul nome di battesimo. Lei assorbe tutte le sfuriate della Tipa di Torino e il suo nome significa coronata, che porta la corona di spine.  Il ruolo dei personaggi secondari, come anche Ciro o Giustina, è proprio quello di sostenere i principali”.

Cosa speri che i lettori traggano dal romanzo?

“Oltre a trarne i vari punti di vista sui personaggi, innanzitutto il piacere della lettura. Sicuramente inoltre spunti di riflessione, perché il romanzo affronta tematiche abbastanza importanti e ovviamente qualche risata. Infine anche conoscere i posti citati, su tutti Procida”. 

Quali tematiche speravi di esplorare?

“Sicuramente il tema dell’avere la forza di allontanarsi per tempo o di non entrarci proprio se possibile in rapporti tossici. Che siano familiari, ad esempio allontanarsi dai genitori che possono imporre determinate paure personali, seppur in buona fede, ma che possono influenzare o generalmente con il partner. Anche il tema, trattato con ironia, del giudicare gli altri e di essere giudicati senza conoscere”.

Continua: “In Ciro inoltre c’è il tema di assolversi, di perdonare se stessi e di garantire il diritto all’oblio. Andare avanti senza crocifiggersi pur avendo sbagliato nella vita. Girare pagina e dimostrare quello che si è davvero”.

Dopo la postfazione c’è una playlist. Ogni canzone è associata ad ogni personaggio?

Si, ogni canzone è associata ad un personaggio e leggendo il libro ne capirete i perché. Manrico è “Il trovatore” di Giuseppe Verdi. Nel testo ci sono due riferimenti. “Dolente Pia” è Maria. Tancredi invece è “Se ti tagliassero a pezzetti” di Fabrizio De André. La Tipa di Torino ovviamente è “Voglio una donna” di Roberto Vecchioni, “Stronza come un uomo”. Lei ne va fiera e sa di esserlo. Stefania è “Another Brick in The Wall” dei Pink Floyd. Ciro nel romanzo ripete “come fa a sapere Baglioni che è quello il suo vero piccolo grande amore”. Giustina infine canticchia Reginella di Murolo, nel ricordo del marito”.

Famiglia juventina, tu tifosissima del Napoli, perché?

“Non possiamo limitarci a dire famiglia juventina. Da bambini prevaleva in casa la lite che si consumava tra Darwin e Lamberto, i miei fratelli, con Corinthias e Palmeiras essendo nati in Brasile. Io ero juventina perché quando da piccola proprio Darwin mi obbligava ad imparare e dire, invece delle poesie, la formazione della Juventus.

Mio padre invece amava Napoli e tifava proprio Napoli. L’anno dell’ultimo scudetto, nel giorno di Napoli-Juventus, il mio compagno mi chiese di vedere insieme la partita. Io in quel momento mezza juventina proposi a lui di fare una scommessa per vivacizzare la visione. Dissi “Tu tifa Juve, io Napoli e se vince il Napoli cambierò squadra”.  Quella partita la ricordiamo ancora, era affranto per ovvi motivi e da quel momento tifo Napoli.

Ha infine aggiunto: “Il giorno dello Scudetto feci festa anche per papà, mi sentivo di festeggiare anche per lui. Sono poi legata alla città anche per un mio amico che è venuto a mancare l’anno scorso, Fabrizio Mangoni, che ho citato anche nel romanzo. Adesso speriamo che con Conte, che dalle mie parti conoscono molto bene, si torni a vincere e divertire. Spalletti è da ringraziare ma lasciamolo andare“. 

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