In Bianco e Nero: “Quel gol (e quell’opera) contro la guerra”

Ivano La Montagna inaugura la sua rubrica su Sport del Sud. In ogni articolo uno storico gol sarà paragonato ad un'opera d'arte. Si parte con la Guernica di Picasso e il gol di Lucien Laurent

La Guernica di Picasso- Ph. di Jules Verne Times Two
Articolo di Ivano La Montagna02/09/2025

Tutto Bianco.

Immenso. Sotto il guscio del Velodrome sono piccolo piccolo, un enfant impressionné. La borsa di tela, l’ennesima, comprata pochi minuti prima nel ventre della più bella nave da crociera in cemento armato: l’Unité d’habitation. I libri, il taccuino e il super telefono. Raccolgo, a ritmi furibondi, ricordi e suggestioni a casa di Éric Cantona: il mio idolo calcistico (Diego benedicente).

Punto al cuore di Marsiglia, l’incantevole Port Vieux, da dove salpano, ogni ora circa, les bateaux per le isole Frioul. La mia imbarcazione è la Edmond Dantes e va dritta allo Chateaux D’if, la fortezza che il romanzo di Dumas ha reso universalmente nota come la prigione del Conte di Montecristo.

L’atmosfera è perfetta. Cielo grigio, un po’ di vento e leggera pioggia. Balliamo quel tanto che basta. Durante il tragitto, come spesso mi succede, mi perdo su altre rotte, in altri viaggi.

Ancora in barca ma diverso il nome. Ora sono sul Conte Verde. È Italiano, come me, il piroscafo che solca l’Atlantico verso l’Uruguay. Il suono delle voci è piacevole. Intorno a me parlano quasi tutti la stessa lingua. A bordo ci sono i giocatori della nazionale francese insieme a un tizio assai elegante. Stringe un trofeo. Strano. Capisco tutti. Siamo partiti da Genova, mi dicono, e quello lì è il Signor Jules Rimet, il visionario che si è innamorato del calcio giocandolo per strada con i monelli e adesso è a capo della Fifa. È lui ad aver voluto il torneo, con tutte le sue forze. Stiamo andando in Sudamerica dove si disputerà il primo Campionato del Mondo. Francia a parte, dal resto d’Europa, siamo partiti in pochi: Belgio, Romania e Jugoslavia. Gli inglesi boicottato per spocchia.

Ci vorranno quindici giorni per giungere a destinazione. I giocatori fanno gli esercizi sotto coperta. Poi si allenano sopra con la palla. Lungo il tragitto nessuno ha mai visto una lavagnetta, né sentito parlare di schemi. La cosiddetta tattica non ha ancora ammorbato la pelota.

In Bianco e Nero.

È il 13 luglio del 1930. Il giorno dell’inizio. Poche, e tutte in monocromia, le mie preziose foto ricordo. Nell’Estadio Pocitos, appena mille posti, in una gelida Montevideo, di fronte al pubblico sono schierate le selezioni di México y Francia. Maglie lunghe e mutandoni enormi lasciano il minimo spazio al freddo che anche qui, fuori dal rettangolo, entra nelle ossa. Da qualche altra parte, ho sentito dire, si giocherà Bélgica contra Estados Unidos.

Alle 15.00 finalmente il fischio d’inizio. Torna lo straniamento. II gioco ha un ritmo innaturale. Il movimento delle figure come privo di fluidità. Il baccano dei tifosi però è sempre lo stesso. Mi scuote. Dobbiamo sconfiggere el frío. Mi passano una bottiglia.

Che roba è?

Aguardiente. Vamos, bebe mi amigo!

Diciannovesimo minuto. Il boato. Per il gelo, per l’amore, per quel gesto tecnico che sempre scalda il cuore di noi morti di pallone, continuiamo per un pezzo a battere le mani. Abbiamo visto partire il lancio di Liberati e, col fiato sospeso, seguito la sfera scendere piano… destro al volo. Rapido e preciso, bello come un bacio rubato.

Ha segnato Lucien Laurent, un operaio. Lavora nella fabbrica d’auto con lo stemma del leoncino e poi gioca, da semiprofessionista, con quelli del Sochaux. Li chiamano anche “Le Jaunnes et Bleus” (i giallo-blu) o “Les Lionceaux” (i leoncini) appunto, perché la squadra è nata due anni fa, per volere di Jean-Pierre, l’erede Peugeot. Lucien ha chiesto al capo due mesi di permesso per venire a disputare il torneo. Non corre a perdifiato, nessun urlo liberatorio, una semplice stretta di mano fra compagni e palla a centro. Una dignitosa esultanza per chi è appena entrato nella Storia. Battuto il Messico per 4-1 nella partita d’esordio, la Francia però non supera la fase a gironi. Decisiva la sconfitta contro l’argentina. Match avvelenato da ben tre infortuni -pure Laurent- e controverse decisioni arbitrali.

Il 30 luglio, un secolo esatto per la Costituzione in Uruguay, davanti ai 93.000 spettatori dell’Estadio Centenario, Jules Rimet consegna la pesante coppa d’oro ai padroni di casa, vittoriosi in finale. 4-2 rifilato proprio alla selezione albiceleste.

Tutto Nero, pochissimo Bianco.

In Europa. L’aria è irrespirabile. Cielo e tempo accelerano verso l’oscurità. Nero saturo. L’Italia fascista prende i mondiali del ‘34 e del ‘38. Poi il calcio, un gioco, viene messo da parte. Cede spazio alla tetra follia. Il 26 luglio del ’37 il turpe Francisco Franco scaraventa tutti all’inferno. Alle 16.45, dopo un giro di ricognizione, parte l’Operazione Rügen. La Legione Condor Hitleriana, col supporto dell’aviazione Legionaria italiana, effettua ripetute ondate di bombardamenti ‘a tappeto’ sulla piccola città basca di Guernica. Forza, vigliaccheria e ferocia. Uomini, donne, anziani, bambini e persino il bestiame arrivato per il mercato dilaniati e bruciati. Chi fugge nei campi tranciato dalle raffiche di mitra dell’ultima incursione. Duemilatrecento cadaveri.

Un rettangolo nero. Got ist tot. Muore Dio, muore l’Uomo.

Il cuore spezzato, la rabbia di Pablo Picasso. Un mese di lavoro e oltre ventisette metri quadrati di spazio pittorico per raccontarci -lo chiede la sua Spagna- l’essenza atroce della guerra. Il buio divora. La luce della vita resiste a costo di deformarsi. Tecniche e materiali antichi, resistenti come pellegrini. Dopo l’Esposizione Universale di Parigi l’opera gira il mondo. Monito. Profezia: “Tenete sgranati gli occhi. Le anime nere del nazifascismo prenderanno mille volti”.

Di nuovo guerra totale. Lucien, dalla Peugeot al fronte, viene catturato dai tedeschi e per ben tre anni soffre prigionia nei campi di Sassonia. Sulle macerie mondiali il torneo di Rimet, i mondiali di calcio, diventano emblema della primigenia forza dello sport: gioire insieme. E il gol di Laurent, il primo fiore, nelle cronache diventerà “Quel gol contro la guerra”.

Lo scafo batte piano sulla scogliera. Il marinaio chiama. Chateaux D’If. Con i piedi a terra tornano i colori. Me ne servono due -decido in quell’istante- oltre il nero e il bianco, per completare il quadro e il sogno, sono necessari al cuore una fascia verde e un triangolo rosso.