La Fascia di Ago, Agostino Di Bartolomei.
La storia di un regalo. La storia della fascia del capitano granata Agostino Di Bartolomei. Un pezzo firmato da Michele Pansini

In giro ce ne sono sempre meno, ma i campetti di periferia sono sempre stati il teatro di storie, vere o romanzate. Eccone una…
Un giorno, ai margini di un campetto in erba, si presentò un ragazzino che poteva avere più o meno tredici anni; si chiamava Luca, era smilzo, aveva capelli lisci e scuri e teneva un pallone sotto il braccio. Luca lasciò cadere il pallone per terra e dopo averci poggiato sopra la suola del piede sinistro, rimase a guardare gli altri ragazzi, un po’ più grandi di lui, giocare. Al termine della partitella Luca riprese il pallone tra le mani e se ne tornò a casa. Il girono successivo si ripeté la stessa scena. Il terzo giorno, i ragazzi, che avevano notato il nuovo arrivato a bordo campo, iniziarono a chiedersi tra di loro se qualcuno lo conoscesse; nessuno però lo aveva mai visto, eppure quel paesino contava solo qualche migliaio di abitanti. Le giornate passavano e la storia si ripeteva uguale, finché uno dei ragazzi si avvicinò e gli chiese di unirsi a loro. Luca sorrise e senza esitazioni accettò, ma prima di raggiungere il campo tirò fuori dalla tasca della tuta una fascia e se la infilò al braccio sinistro. Un gesto che tutti notarono, qualcuno sorrise, ad alcuni sembrò un modo per darsi un tono, altri ancora considerarono quella scelta eccessiva e da presuntuoso, nessuno però commentò. Luca in campo non era né più bravo né meno capace degli altri, ci sapeva fare, ma non era certamente un talento. Nei giorni successivi il giovane spesso si unì alla partitella dei pomeriggi spensierati di maggio in cui l’estate era ormai un alito di vento in arrivo e tutte le volte, prima di entrare in campo ,compiva, con calma e tra gli sguardi perplessi degli altri, lo stesso rituale della fascia. Una sera, al termine dell’ incontro, uno dei compagni di squadra gli chiese: ma perché ti metti sempre quella fascia…chi ha deciso che tu sia il nostro capitano? Luca sorrise e chiese agli amici di formare un circolo al centro del campo e poi iniziò a raccontare. Questa fascia me l’ha regalata mio nonno. Da piccolo mi raccontava, come tutti i nonni, un sacco di storie, alcune credo anche che le inventasse, ma erano tutte bellissime. A volte, subito dopo il racconto, mi capitava di addormentarmi e sognavo pure il seguito della storia. Anche questa che sto per dirvi potrebbe essere frutto della sua sterminata fantasia… Quella sera mi raccontò che nel 1990, vent’anni fa, si trovava allo stadio Vestuti di Salerno. La Salernitana guidata dal capitano Agostino di Bartolomei si giocava il ritorno, dopo tanti anni di C, in serie B. Al termine della gara fu davvero promozione; ci fu invasione di campo e mio nonno nella confusione di gioia e lacrime, trovò una fascia e si convinse che fosse quella del capitano, nessuno riuscì più a togliergli dalla testa quella certezza… Lucariè, ora io la regalo a te – mi disse una sera mentre passeggiavamo vicino al mare – e vedi che questa non è una fascia qualunque; Di Bartolomei è stato un grande calciatore, pensa che quando era solo un bambino il prete dell’oratorio racconta che aveva già un tiro potentissimo e non solo tutti facevano a gara per stare in squadra con lui, ma quando c’era da tirare un rigore o una punizione, nessuno litigava per calciare e tutti guardavano lui. E poi, chiedevo io ? … e quando la Roma, giovanissimo lo chiamò, divenne in poco tempo il punto di riferimento della squadra Primavera, tanto da guadagnarsi in poco tempo la convocazione in prima squadra a diciotto anni e un posto fisso… e Poi? sempre più incuriosito, continuavo a chiedere … E poi divento il capitano di quella squadra e con la fascia al braccio e la dieci sulle spalle festeggiò lo scudetto… E come ci è finito un campione così a Salerno e in serie C?… Lucariè, bello di nonno, Di Bartolomei non era come tanti altri, a lui piaceva leggere, studiare, gli piaceva l’arte, i quadri, il grande pittore Guttuso divenne amico suo, si racconta che in una trasferta in Olanda se ne andò con il Barone Liedholm a vedere la mostra di Van Gogh… pensa che prese la maturità mentre era un giovane calciatore di serie A e avrebbe voluto anche fare il medico come il campione brasiliano Sòcrates; quando, dopo aver lasciato la Roma e aver giocato nel Milan e nel Cesena, decise dei scegliere Salerno per finire la carriera qua, per tanti di noi fu un sogno grande…anche noi, finalmente e dopo tanti anni, avevamo un grande campione, uno che era capace di fare lanci di 50, 60 metri, uno che in campo aveva sempre la testa alta e riusciva a trovare un compagno smarcato con mezzo sguardo, ma quello che lo rendeva speciale ed unico era il suo carattere, schivo e introverso, era sempre disponibile e generoso e anche quando doveva protestare con l’arbitro, lo faceva con rispetto e con le mani dietro la schiena… E ora , cosa fa Di Bartolomei? Ora non c’è più, esattamente dieci anni dopo aver sfiorato il successo più grande della sua carriera, la vittoria della Coppa Campioni ai rigori, decise di farla finita. Perché? Non lo so, bello di nonno, e non te lo chiedere, Lucariè, ma tutte le volte che entrerai su un campo di calcio, metti questa fascia al braccio e sentirai, come lo sentiva Agostino, che quello, tutte le volte, sarà il momento più bello della tua vita…