Bahrain 3-0 Togo: Storia di inganni e calcioscommesse
La rubrica sul calcio africano "Hic sunt pila", firmata da Mario Sacconi ci racconta l'incredibile sfida tra il Bahrain e il Togo. Dove lo sport si mescola al calcioscommesse.
Credit Photo by Maxime GuyIl 7 settembre 2010 Bahrain e Togo sono pronte a sfidarsi in un’amichevole finalizzata a misurare il livello della squadra asiatica, provare nuove soluzioni e prepararla in vista della ventesima edizione di Coppa del Golfo, in calendario due mesi dopo sui campi dello Yemen.
Con il senno di poi la competitività del piccolo emirato non era così alta come si sperava: l’esperienza si concluderà all’ultimo posto del girone con un punto, frutto del pareggio all’esordio contro l’Oman e delle sconfitte –entrambe con tre reti subite– nelle gare con Qatar ed Emirati Arabi Uniti.
Ma non è tanto la prestazione nel torneo dei 𝘎𝘶𝘦𝘳𝘳𝘪𝘦𝘳𝘪 𝘥𝘪 𝘋𝘪𝘭𝘮𝘶𝘯, ormai lontani dai fasti del quarto posto conquistato sei anni prima in Coppa d’Asia, a spingerci indietro fino a quei giorni. Bensì la formazione del Togo: come si scoprirà più tardi, non era altro che un gruppo composto da calciatori dilettanti all’insaputa sia della Federazione in patria che di quella isolana.
Le divise degli ospiti non hanno decisamente un’aria ufficiale e la richiesta di non esporre bandiere o far suonare gli inni sono fattori quantomeno curiosi, ma si gioca.
Fin dalle prime battute appare chiaro il netto squilibrio fra le formazioni in campo. I padroni di casa dominano in lungo e in largo e si portano sul 3-0 senza sforzo, segnando addirittura altri cinque gol che, seppure rivedendo le immagini siano a tutti gli effetti regolari, vengono annullati per posizioni di fuorigioco: è il segnale che sotto questa storia si nasconde la fitta trama delle scommesse. A stupire è l’assoluta inconsistenza degli avversari, mai in grado di reagire nonostante sole sette posizioni separino il Bahrain (68°) dagli 𝘚𝘱𝘢𝘳𝘷𝘪𝘦𝘳𝘪 (75esimi) nel ranking FIFA. I movimenti sono scoordinati, l’intesa mancante, la condizione atletica approssimativa, tanto che il CT austriaco Josef Hickersberger non mancherà di sottolineare come non fossero “nemmeno in grado di giocare 90 minuti” e la sfida fosse stata “noiosissima e anche inutile, perché volevamo capire quanto siamo forti e avevamo in campo tutti i titolari”.
Parole che si caricano di un ulteriore significato quando dagli uffici di Lomé arriva un comunicato secondo il quale non sarebbe stata autorizzata alcuna trasferta del genere: la rappresentativa togolese aveva appena fatto ritorno a casa dal Botswana e nessuno fra i membri della spedizione in Asia rientrava fra i tesserati.
Per giunta Bana Tchanilé, che si era seduto in panchina per guidare la formazione, non aveva ricevuto incarichi. Lui che in passato era stato allenatore della nazionale (quella vera) di Adebayor, ma nell’ultimo periodo aveva preso strade meno raccondamabili, tanto che nel 2009 era stato sorpreso a orchestrare una tournée “clandestina” in Egitto e sul suo conto pendeva una squalifica di tre anni. Non pago, si era messo a capo del nuovo inganno con una disinvoltura che sfiorava la recidiva criminale: verrà arrestato e condannato a otto mesi di reclusione.
Andando ancora più a fondo, un’altra figura risulta coinvolta. Il nome di Wilson Raj Perumal rischia di non dirvi molto (a meno che non siate habitués del più indemoniato “match fixing” che impeversava nei primi anni Duemila), eppure si tratta di uno dei truccatori di incontri più potenti di sempre.
Nato nel 1965 a Singapore da famiglia con origini tamil, cresce tra le strade di Geylang, uno dei quartieri più difficili della città-stato. Dopo qualche esperienza nel calcio giocato si avvicina al mondo delle puntate illegali ed è qui che scopre quanto possa essere redditizio manipolare lo sport.
L’episodio andato in scena in Bahrein rispecchia, almeno nel risultato sul campo, il suo stile: largo ma non esagerato. I problemi? Un divario imbarazzante, difficile da coprire, e i cinque timbri annullati da Ibrahim Chaibou – arbitro del Niger appositamente ingaggiato per l’occasione e su cui gravava l’ordine dall’alto di non far lievitare il margine oltre le tre marcature.
Chaibou, già attenzionato per varie scelte discutibili, come i tre rigori assegnati al Sudafrica in un’amichevole contro il Guatemala e la strana gestione di Argentina-Nigeria, non si presenterà nelle sedi FIFA per far valere le sue ragioni. Si reinventerà dipendente in patria per l’esercito.
Nel 2014 esce una biografia dal titolo 𝘒𝘦𝘭𝘰𝘯𝘨 𝘒𝘪𝘯𝘨𝘴, scritta con i giornalisti d’inchiesta Alessandro Righi ed Emanuele Piano, che ripercorre la vita di Perumal. Dopo l’arresto in Finlandia, avvenuto mentre litigava animatamente con tre giocatori del Rovaniemen Palloseura, e l’estradazione in Ungheria, sceglierà infatti di collaborare con la giustizia, alleggerendo sensibilmente la propria pena. I tasselli, pian piano, vanno a formare un mosaico realizzato a partire dalla fine degli anni ’80, in corrispondenza delle prime combine in Malesia. A detta sua Wilson incontrava la complicità totale degli addetti ai lavori, nonché di alcune figure federali, che lo avrebbe “accolto a braccia aperte” facendolo accomodare a bordocampo per dirigere le operazioni.
La scalata viene agevolata da Internet e dalla possibilità di accedere via via ad una quantità di tornei sempre maggiore: è così che il suo potere cresce a dismisura, fino a indirizzare i campionati di Germania e Italia, le Olimpiadi di Atlanta e Pechino, le qualificazioni ai Mondiali (Honduras e Sudafrica avrebbero tratto benefici, anche involontariamente, dalla corruzione di alcuni avversari) e migliaia di partite in giro per il pianeta.
Interi eventi vengono pilotati, come nel caso dell’𝘈𝘴𝘪𝘢𝘨𝘢𝘵𝘦 –che ha stravolto il football nello Zimbabwe– o della Veikkausliiga finlandese, la stessa che alla fine gli costa il fermo da parte delle autorità. Ciò che lo spinge ad aprirsi e snocciolare informazioni su una rete immensa, ramificata in ogni dove, è la sete di vendetta contro i malavitosi che si sarebbero adoperati per farlo finire nelle mani delle istituzioni. Perumal potrà ritenersi soddisfatto: il boss cinese Dan Tan, con cui sembrava aver aperto un conto personale che lo spingeva a nominarlo in tutte le confessioni, verrà stanato.
Quello singaporiano è un personaggio a tratti inquietanti per i gangli del sistema che metteva in atto, ma al tempo stesso estremamente interessante e indicativo di diverse dinamiche calcistiche, a partire dalla facilità disarmante con cui è riuscito a diventare una presenza fissa in America Latina o in Africa. Nei suoi racconti un telefono, delle nuove scarpe, un qualsiasi regalo sono il mezzo con cui guadagnare la protezione e l’obbedienza di calciatori disposti a non denunciarlo e anzi a seguirlo, garantendo così gli obiettivi prefissati.
Wilson Raj Perumal afferma di non avere rimpianti, di aver girato il mondo per fare ciò che sapeva meglio: convincere, pianificare, controllare. Per lui il calcio non è stato altro che un enorme tavolo da gioco, che l’ha portato a vincere o perdere anche 3 milioni di euro in una singola notte.
Adesso sì, che quella strana serata in cui il Bahrein si trovò davanti un Togo costruito a tavolino acquista un senso.
