Totoriello: Campione nella Vita
La storia di Salvatore Petrozzi, il ragazzo di Scampia che ha scelto il calcio. Un esempio straordinario per tutta la città.

L’altoparlante di Maurizio ’O Dragone, noto venditore di zeppole e panzarotti cotti al momento, trasmette la voce di Gigi Finizio intento a cantare Camera 18. 1998. Vieri ha appena fatto una doppietta contro il Camerun. Siamo tutti felici, l’estate è appena iniziata e durerà altri tre mesi. Nel rione è tempo di tornei. Tempo di comporre le squadre. Il torneo inizia. Ed io ho paura di una sola persona: Salvatore Petrozzi, alias Totoriello. Qualche giorno prima dell’inizio del torneo l’ho visto “schiattare” a terra una bottiglia di vetro come sfregio nei confronti dei più grandi, perché non volevano farlo giocare. Non ho paura calcisticamente di Totoriello, siamo nati nello stesso anno, e ci sfidiamo ad armi pari. Ho paura piuttosto del contesto che lo circonda. E come me tanti altri.
Lui non lo ricorda, ma una domenica mattina ci siamo incontrati al Mariolina Stornaiuolo, il campo mitologico di Arzano e dintorni. Io giocavo con l’Arci Scampia, lui col Secondigliano. Ci hanno presi a “palate”. La loro squadra era fortissima. A difesa Fiorillo e Marco Guadagno, un ragazzo per bene, un ragazzo d’oro, acquistato pochi anni dopo dall’Ascoli. Gigi D’Urso sulla fascia che aveva una tecnica mostruosa e un carisma straordinario, Ivan Uccello a sinistra (che è semplicemente una delle persone più belle che io abbia incontrato nella mia vita). A centrocampo Montuori, un metronomo e in attacco Bracco. Chissà come ha fatto Bracco a non esordire in serie A. 4 – 0 per loro. Eravamo abituati. Quella domenica mattina mio padre venne a vedere la partita. Che figura di merda. Totoriello uscì dagli spogliatoi e ci incontrammo. Provai disagio, vergogna, non perchè avevo perso, ma perchè io avevo un papà e lui no. Morto in un incidente un anno prima. Tre figli, di cui uno appena nato. Quel neonato si chiama Fulvio e ho avuto il piacere di essere il suo allenatore. Un ragazzo educatissimo, gentile, “scuronoso”, sempre al posto giusto. Un ragazzo frutto del lavoro straordinario di una madre che ha cresciuto da sola tre figli piccolissimi.
Totoriello col tempo è diventato forte. Fortissimo. Baricentro basso, cambi di direzione veloci, tiro bomba. Completo. E la gente del rione, me compreso, abbiamo imparato ad apprezzarlo non per il suo cognome, ma per il suo talento. Totoriello è sbocciato e quel ragazzino che spaccava bottiglie di vetro in campo è solo un ricordo, quel ragazzino capriccioso ha lasciato spazio ad un giovane atleta di Scampia, cortese, timido, ma un animale in campo. Forse, uno dei più forti nati nel 1988 di Napoli.
Abbiamo avuto la fortuna di ammirare Tore nei tornei Giù alle Kappe, in squadra con Chicco La Cava, Michele Liccardi, Luca Pini, Lupone in porta. Ha sempre brillato!
Totoriello non è diventato un calciatore, le cose non sono andate come speravamo in molti. Lui c’ha provato in tutti modi. Lasciando casa giovanissimo, esprimendosi nelle categorie dilettantistiche. Oggi, lo seguo su facebook, lo vedo ancora vibrare per l’ennesimo inizio di stagione, l’ennesima preparazione. Io, che ormai non gioco da anni, sorrido quando lo vedo con la maglia addosso. La sua passione è travolgente.
Poche settimane fa, mentre con mia figlia giravo per il rione in bicicletta, incontrai una bambina gentile, dal perfetto italiano. In breve tempo strinse la mano a mia figlia e iniziarono a giocare insieme. Era la figlia di Totoriello. Mi emozionai.
Totoriello sembrava destinato a diventare un capo, sembrava destinato ad appartenere a certi ambienti. Sembrava naturale, ovvio. E invece lui ha scelto il calcio. E invece lui è diventato un grandissimo esempio per tutti i giovani del quartiere. Si è tolto le stimmate a colpi di tacco. E’ stato capace di vincere la partita più difficile, quella che noi non potremmo mai capire. E io sono convinto che il suo papà sia orgoglioso di questo esterno formidabile.
Pur di non entrare in certi ambienti l’ho visto fare i più disparati lavori.
Una sera di qualche anno fa avevo fame. Chiamai la pizzeria del rione. Dopo poco un fattorino bussò alla mia porta. Era Totoriello. Ci salutammo, sorridemmo. Mia figlia mi chiese: “Papà chi è, un tuo compagno di squadra?”.
“No, a papà, è un campione”.
“Un campione di calcio?”
“No, un campione nella vita!”