Delio Rossi, il profeta dei sogni
La storia di un uomo che è rimasto nel cuore dei tifosi granata. Delio Rossi: un allenatore indimenticabile per Salerno.

Avete mai provato ad entrare in un campo di Calcio e a sedervi su una delle due panchine? O meglio: vi siete mai trovati a due passi dalla panchina e con lo sguardo rivolto verso il campo assediato da migliaia di occhi e speranze? Il rettangolo verde, visto da quella prospettiva, è enorme, immenso, schiacciato, pesante e leggero contemporaneamente; si sentono forti le parole affannate dei calciatori, si avverte il rumore inconfondibile dello scarpino che colpisce il pallone o il fruscio della sfera che attraversa l’erba; si percepisce la sofferenza che produce un fallo finanche a sentire il dolore sulle proprie tibie e la gioia di un gol salta subito negli occhi come un lampo…
È questo il posto dove gli allenatori vivono la parte più intensa della loro carriera, le sfide più importanti, le vittorie più inaspettate e le sconfitte più dolorose…ma non è l’unico. Ci sono altri due luoghi dove si consuma l’esistenza terrena di un Mister: il campo dove i suoi ragazzi si allenano e quella casa dove tutte le notti viene assalito da tormento o avvolto dalla pace. Sul primo, gli allenatori consumano giornate infinite tra rituali immutabili, conetti da sistemare, cronometri da stoppare e far ripartite, indicazioni preziose da impartire, osservazioni fugaci e imprecazioni irripetibili. Nella seconda, soprattutto durante le lunghe notti che precedono le partite, si annidano i dubbi, le paure, le certezze che si sgretolano e si ricompongono come uno schema di gioco e che svaniscono all’improvviso quando l’arbitro fischia l’inizio della contesa, aprendo la via ad una storia nuova che riempie i polmoni e le arterie…
Dal campo alla panchina a soli trent’anni
Oggi, a meno che non ci sia un infortunio a decidere il destino, sarebbe impensabile che un calciatore abbandoni il Calcio giocato ad appena trent’anni. Delio Rossi, ex capitano del Foggia allenato da Zeman, nel 1990, proprio mentre la Salernitana guidata da “Ago” tornava tra le lacrime di gioia del Vestuti in serie B, decise di non affondare più i tacchetti sul campo che aveva calcato per moltissimo tempo; iniziò subito ad allenare i ragazzi della Primavera del Foggia e in poco più di tre anni si trovò catapultato, nello scetticismo generale, nello spogliatoio dell’Arechi a guidare una squadra che, senza un colpo di reni, avrebbe trascinato se stessa e una società nel baratro di un’annata da dimenticare. Quella squadra, guidata da un mister giovanissimo alla sua prima grande esperienza, iniziò il proprio cammino con qualche incertezza che fece storcere nasi e allargare braccia, ma Rossi, fin dai primi allenamenti, aveva già visto qualcosa nei suoi calciatori. Quei ragazzi, che non possiamo a questo punto non citare: Chimenti, Grimaudo, Tosto, Breda, Ferrara, Fresi, Ricchetti, Tudisco, Pisano, Strada, De Silvestro, non solo avevano talento da vendere, ma possedevano passione e voglia di trasformare ogni contesa in epiche sfide nell’inferno della serie C e poco importa se quell’anno il campo dove allenarsi non era mai lo stesso e che, sotto gli occhi dei tifosi, erano costretti “a trovarsi” a volte con un preavviso minimo nei campi limitrofi di Salerno per prepararsi ad affrontare gli avversari… quella squadra condotta da Delio Rossi piano piano trovò una sua fisionomia e soprattutto trovò un gioco limpido e divertente che iniziò a conquistare la tifoseria granata…
Dal pulmino che portava palloni e conetti a baronissi alla vittoria della finale playoff al san paolo. La promozione in serie B
Sul campo di Baronissi il pallone a volte durante gli allenamenti non scorreva come Delio avrebbe voluto, ma i tagli di Ricchetti, le verticalizzazioni improvvise di Breda e Tudisco, le sgroppate di Grimaudo e Tosto, le chiusure pulite ed eleganti di Fresi , le geometrie di Strada, le invenzioni di De Silvestro e i gol di Pisano, avevano già raccontato al Mister che guidava, con metodo e attenzione ogni movimento, che quella squadra avrebbe potuto soffiare via le nuvole dal cielo e ricoprire di sole le domeniche dell’Arechi…in campo però Rossi fumava e masticava, masticava e fumava, e quando le partite iniziarono finalmente a sorridere ai granata, il mister guardò alla sua destra la Curva esplodere di felicità e in quegli occhi vispi si aprì finalmente un varco di luce.
Con il Perugia fu per tutto l’anno sfida vera, ma il primo posto se lo aggiudicarono gli umbri. I playoff furono però una dolce magia: nella doppia semifinale con la Lodigiani la squadra di Rossi mostrò subito che il secondo posto in campionato non era né un caso, né un colpo di fortuna, ma fu nella finale del San Paolo che il talento dei calciatori, “la mano” del Mister e la spinta dei 30.000 giunti da Salerno a Napoli trovarono l’equilibrio definitivo che si trasformò in sintesi e delizia: due bordate di Ciccio Tudisco e un fendente di Capitan Breda affondarono senza appello gli Stabiesi. La prima profezia era compiuta e l’uomo dei sogni , con la bandiera tre le mani, fece prima il giro del campo e poi senza accorgersene si infilò dentro i cuori dei Salernitani.
Il sorpasso a venezia e la corsa verso la serie A
L’anno successivo Rossi e la sua squadra fallirono per un soffio il doppio salto e, come capita spesso nel mondo del Pallone, le strade del Mister e dei granata di separarono. Delio però il mare ce l’aveva nel sangue e negli occhi e allora, dopo un anno a Foggia, si limitò a spostarsi dal Tirreno all’Adriatico. Dopo due anni a Pescara, il presidente della Salernitana, Niello Aliberti, pensò di nuovo a lui per quel sogno sfiorato ma che rischiava, dopo una stagione deludente, di inabissarsi nello specchio di mare del Golfo di Salerno. E allora Rossi poteva davvero essere l’uomo giusto per riaccendere l’entusiasmo di una Città innamorata e affamata di Pallone. Ad affiancare Ciccio Artistico in attacco arrivano il giovane Di Vaio dalla Lazio, Greco e “Il Toro di Mariconda” De Cesare. A centrocampo a dare quantità e qualità arrivarono i fratelli Tedesco e Balli tra i pali. Questi gli innesti più importanti su cui Rossi, che poteva contare anche sulla velocità di Ricchetti e sulle incursioni di Rachini, iniziò a costruire giocate fulminee e tagli capaci di squarciare le difese avversarie. I granata partirono forte, ma non furono gli unici a farlo. Il Venezia guidata da Novellino e trascinata dai gol di una punta devastante come Stefan Schwoch fecero addirittura meglio per quasi tutto il girone di andata. Fu lo scontro diretto a Venezia, che si chiuse con tre gol dei granata, a far capire a Rossi, alla squadra e alla tifoseria che il sogno poteva realizzarsi davvero. Il sorpasso divenne poi definitivo e nella partita di ritorno all’Arechi, con ben cinque giornate di anticipo, i granata, accompagnati da uno stadio pieno come i cuori dei tifosi, conquistarono una serie A che in tanti, in troppi fino a quel momento non avevano mai visto.
La giornata si concluse con Delio Rossi al centro del campo, lanciato in aria dai suoi ragazzi, con lui che finalmente sorrise a quel sogno chiamato serie A…