Napoli: Quando si spengono le luci

Battuta d'arresto per il Napoli. Limiti in evidenza. Lucca bocciato. Mario Gargiulo racconta la trasferta di Torino.

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Articolo di Mario Gargiulo20/10/2025

Una serata e una trasferta che si presentano propizie di gioia e successo. Uno stadio colorato di azzurro, a eccezione della storica Maratona che tifa compatta. Gli azzurri sembrano in fiducia nonostante le assenze e in grado di portare a casa l’intera posta contro un Torino oggettivamente dimesso. Invece vien fuori una disfatta. Alcuni limiti dell’impostazione di gioco di Conte sono emersi evidenti, non più coperti dal risultato spesso arrivato senza merito e senza gioco. Il Napoli, nonostante gli acquisti costosi (e finora non altrettanto decisivi), continua a essere una formazione dai valori tecnici modesti. Proprio per questo avrebbe bisogno di un’organizzazione che sopperisca con schemi e movimenti efficaci alle carenze di “piede” di molti giocatori. Invece i “creatori” di gioco spesso trascinano palla in orizzontale, toccandola più volte inutilmente e lentamente, perché non hanno idea di come muoverla altrimenti: non aiutati in questo dalla staticità di chi dovrebbe riceverla. Il confronto con alcune formazioni del recente passato, che in questo stadio hanno dominato e vinto largamente, appare imbarazzante. Scudetto o non scudetto.

La trasferta al Grande Olimpico è una tradizione ultradecennale. Facile accedere ai biglietti per un “milanese”, prezzi contenuti, visuale buona da quasi tutti i settori (meno -come dappertutto- quelli più bassi), possibilità di manifestarsi tifosi ospiti senza timore di ritorsioni.

Ieri, come sempre, stadio in larga parte partenopeo: famiglie, gruppi di amici da ogni dove. Unica, poderosa voce dissonante la sempiterna Curva Maratona che tifa compatta per l’intera partita. 

Campo in perfette condizioni, giornata meravigliosamente tiepida per l’autunno inoltrato torinese: nonostante le assenze, sembra tutto scritto per continuare in una tradizione di vittorie e belle serate. 

Invece ne è uscita una delle più brutte prestazioni esterne che si ricordi. E, non essendo chi scrive un “risultatista” che nasconde dietro vittorie risicate, spesso immeritate, pochezza di qualità di gioco e organizzazione tattica, il confronto vale anche rispetto a recenti prestazioni di quest’anno e di quello scorso.

Il Napoli ieri ha confermato limiti che l’esito finale ha reso ancora più evidenti e amari.

Conte è un allenatore conservativo e lo sappiamo. Non fa giocare bene le sue squadre e lo sappiamo. Non ha mai fatto vedere, anche nelle sue precedenti esperienze, di saper organizzare un convincente gioco d’attacco e lo sappiamo. I suoi centravanti sono spesso isolati, senza supporto immediato, con la fronte perennemente rivolta alla propria metà campo: e anche questo penso che qualsiasi fan napoletano, in buona fede e con un minimo di conoscenza dell’abc del gioco, lo abbia imparato.

Però, tutto ciò premesso, ci sono delle cose che restano incomprensibili. 

Giochi contro il Torino, squadra tradizionalmente fisica ma dai valori tecnici modesti e con una tenuta difensiva non certo granitica; ti viene a mancare -indipendentemente dalle reali ragioni- il centravanti grazie al quale hai portato a casa la pelle nelle ultime partite: perché allora non schierare, anche e soprattutto in aiuto all’immaturo Lucca, due ali come si deve e creare, con Di Lorenzo e Anguissa da una parte e Spinazzola e KDB dall’altra, due convincenti “triangoli” offensivi? Invece di operare la solita scelta difensivista e conservativa con l’inutile Olivera che tieni in campo per 65 minuti?

Altro busillis: è un po’ che Conte ripete che è cambiato l’approccio alle partite rispetto all’anno dello scudetto. Francamente noi queste diversità non le vediamo così nette ma seguiamo comunque il ragionamento del tecnico: maggior possesso palla e presidio della metà campo avversaria, minori ripartenze, aree di miglioramento nella velocità e nella “cattiveria”. Ci permettiamo di dissentire.

Il “portar palla” nella metà campo avversaria era una caratteristica anche del campionato dello scudetto. Ma è un portar palla senza idee e di conseguenza senza movimenti efficaci con o senza pallone. Il portatore, lungi dal toccarla al massimo due volte prima di effettuare un passaggio auspicabilmente verticale, la tiene tra i piedi con movimenti spesso orizzontali o in “retromarcia” senza idee e schemi. Di qui le statistiche semplicemente controintuitive che denunciano possessi palla biblici, in uno a chilometraggi superiori ai difensori avversari con expected goals ridicoli in proporzione alla gestione della sfera. Conte ieri ha detto che anche il pareggio sarebbe risultato un risultato striminzito: da osservatori dal vivo della partita non siamo affatto d’accordo.

C’è poi una ragione strutturale per la quale il Napoli gioca male, soprattutto con un allenatore che basa tutto su garra e difesa: per spiegarla concretamente ricordiamo la partita che il Napoli vinse a Torino nel maggio 2017, una delle più belle a memoria di “trasfertista”. Un sonoro 5-0 contro una squadra superiore al Torino di ieri sera.

La formazione di quel Napoli: 

Reina; Hysaj, Albiol, Koulibaly, Ghoulam; Allan (st 17′ Zielinski), Jorginho, Hamsik (st 20′ Rog); Callejon (st 36 Milik), Mertens, Insigne. Il confronto dei valori tecnici di quella squadra con quella di ieri sera è semplicemente improponibile, in ogni settore del campo. 

Ma proprio per questo anche i migliori undici della rosa attuale non andrebbero lasciati giocare senza uno straccio di organizzazione tattica mirante a scaraventare le palle in rete e non soltanto -forse- ad evitare che le stesse finiscano nella nostra. Cosa che quest’anno non sta neppure riuscendo. Uno scudetto come quello dell’anno scorso si vince una sola volta nella storia di un club, soprattutto di un club come il Napoli cui generalmente niente viene regalato neppure dalla buona sorte.

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