Carlo Ricchetti e quella maglia numero 7
La storia di Carlo Ricchetti il numero 7 granata protagonista dei tagli impossibili. Raccontato da Michele Pansini.
Credit photo Archivio SalernitanaC’erano tanti fili d’amore e di poesia che legavano negli anni ’90 il rettangolo verde dell’Arechi e la Curva Sud Siberiano. Uno di questi era composto da una linea immaginaria che legava quelle due casacche numero 7, quella che indossava sulla balaustra Raffaele il Vikingo che guidava cori, colori ed entusiasmo e quella che sulla fascia destra del campo si riempiva di vento durante i tagli impossibili di Carlo Ricchetti…
Ricchetti, il re del taglio, se ne è andato ieri, rapito da una malattia che lo ha strappato troppo presto all’affetto della sua famiglia e di chi gli ha voluto bene. A Salerno erano in tanti a volergliene e le molte parole di affetto che hanno sommerso i social ieri lo dimostrano. Sbaglierebbe chi oggi pensasse che il motivo di tanto attaccamento sia dovuto solamente al senso infinito di libertà che quelle giocate improvvise di quel ragazzo perbene regalavano ai tifosi. Ricchetti era molti di più: era un uomo mite, con un sorriso dolce e il cuore buono; l’amico da fissare negli occhi limpidi e azzurri per trovare conforto nei momenti difficili… Ecco, quando un giovane così si trasforma anche in uno degli undici eroi che regalano ad una tifoseria appassionata due promozioni, giocate folgoranti e gol che profumano di mare, grano e primavera si capisce perché ieri Salerno si è unita nel suo ricordo e si è sentita un po’ più sola.
Non è un caso che Ricchetti portasse sulle spalle lo stesso numero dell’angelo dalle gambe storte Garrincha o della farfalla granata Meroni o del Pasolini calciatore nei campi di periferia. C’era un canto speciale nel suo calcio che solo i sette, imperfetti e irregolari, sanno donare. Quei calzettoni sempre abbassati e quel volo leggero e senza tempo verso la porta di Carlo Ricchetti rimarranno un miracolo di bellezza che, come un gol allo scadere del tempo, è impossibile da dimenticare.
Ed è proprio per questo che i calciatori che abbiamo amato restano in tanti posti: sui gradoni delle curve, dietro i tabelloni luminosi, negli ultimi sospiri dei tifosi prima che la squadra entri in campo, nelle corde che tessono la trama delle reti delle porte o nel rumore della pioggia sulle coperture delle panchine…
Carlo Ricchetti e quella maglia numero sette rimarranno per sempre sull’erba profumata e leggera dell’Arechi, un prato che lui ha amato profondamente e che non ha mai dimenticato.
Addio, Campione generoso e gentile…
