I leopardi sono a un passo dal mondiale (il primo in libertà)
Oggi, a oltre cinquant’anni da Mondiale del 1974, la Repubblica Democratica del Congo è tornata a lottare per qualificarsi: dopo il secondo posto nel girone dietro al Senegal e vittorie su Camerun e Nigeria nei play-off CAF, la squadra di Desabre si giocherà lo spareggio interzona contro la vincente tra Giamaica e Nuova Caledonia.
Fotogramma di Brasile -ZaireIl 22 giugno 1974 Zaire e Brasile si affrontano in una gara valevole per la terza e ultima giornata della fase a gironi dei Mondiali. I sudamericani sono reduci da due pareggi a reti bianche: all’esordio si sono fermati sullo 0-0 contro la Jugoslavia, replicando poi con la Scozia. Gli africani, invece, dopo la sconfitta per 2-0 subita dalla 𝘛𝘢𝘳𝘵𝘢𝘯 𝘈𝘳𝘮𝘺 sono calati a picco, prendendo nove gol dalla selezione dei Balcani. Avevano registrato, tra l’altro, il record per la partita con lo scarto di reti più ampio alla pari con Ungheria–Corea del Sud 10 a 1 di vent’anni prima (primato condiviso, dall’ ’82, con un altro acuto dei magiari, che quella volta se la presero El Salvador).
La 𝘚𝘦𝘭𝘦𝘤̧𝘢̃𝘰, come da pronostico, si sblocca a livello realizzativo e a cinque minuti dal termine si trova sul tre a zero. L’occasione per arrotondare il punteggio arriva sottoforma di un calcio di punizione: Rivelino misura i passi, pregusta la doppietta, sta per prendere la rincorsa… quando dalla barriera si sgancia una maglia verde, che calcia lontano la sfera. L’arbitro dell’incontro, il rumeno Rainea, lo punisce con l’ammonizione e fa ripetere la battuta, che si conclude con un nulla di fatto.
Quella maglia verde la indossava Joseph Mwepu Ilunga, terzino destro allora venticinquenne. Inizialmente, si pensò che quel gesto fosse dettato dall’inconsapevolezza delle regole di gioco. Solo nel 2002 il vecchio difensore del TP Mazembe ne spiegò la motivazione, che era da ricercare nel regime dittatoriale vigente nella terra che fino al 1960 era stata sotto il controllo del Belgio.
Al comando c’era Mobutu Sese Seko: già dal nome possiamo capirne le convinzioni, poiché forma abbreviata di una locuzione che nella lingua locale significa “𝘔𝘰𝘣𝘶𝘵𝘶 𝘪𝘭 𝘨𝘶𝘦𝘳𝘳𝘪𝘦𝘳𝘰 𝘤𝘩𝘦 𝘷𝘢 𝘥𝘪 𝘷𝘪𝘵𝘵𝘰𝘳𝘪𝘢 𝘪𝘯 𝘷𝘪𝘵𝘵𝘰𝘳𝘪𝘢 𝘴𝘦𝘯𝘻𝘢 𝘤𝘩𝘦 𝘯𝘦𝘴𝘴𝘶𝘯𝘰 𝘱𝘰𝘴𝘴𝘢 𝘧𝘦𝘳𝘮𝘢𝘳𝘭𝘰” e che lui preferì al nome di battesimo, un più umile Joseph-Désiré.
Come in ogni regime che si rispetti, lo sport giocava un ruolo importante per ripulire la propria immagine. Così, puntò dapprima sul calcio: l’AS Vita alzò al cielo la Coppa dei Campioni africana segnando una prima volta storica per il movimento congolese, mentre la nazionale vinceva la Coppa d’Africa per la seconda volta nella sua storia e staccava il biglietto per la Germania Ovest a discapito del Marocco. Fu lui a minacciare i giocatori di non tornare a casa, e di uccidere anche le loro famiglie, se avessero perso con un margine superiore a tre gol dai 𝘝𝘦𝘳𝘥𝘦𝘰𝘳𝘰. Ecco che quella pallonata acquista un senso, diventa una mossa disperata nel tentativo di perdere tempo e di allontanare il più possibile la minaccia dalla propria porta. Sese Seko, deluso dal rettangolo verde, si darà alla boxe e organizzerà nella capitale Kinshasa 𝘛𝘩𝘦 𝘳𝘶𝘮𝘣𝘭𝘦 𝘪𝘯 𝘵𝘩𝘦 𝘫𝘶𝘯𝘨𝘭𝘦, mettendo a confronto due giganti del ring come Muhammad Ali e George Foreman in quello che è forse il match di pugilato più celebre di tutti i tempi. Ma questa è un altra storia, e noi siamo qui per celebrare il presente della Repubblica Democratica del Congo.
𝘓𝘦𝘴 𝘓𝘦́𝘰𝘱𝘢𝘳𝘥𝘴, a più di cinquant’anni di distanza dal debutto, potranno tornare a giocare il Mondiale.
Nelle eliminatorie CAF si sono fermati al secondo posto del girone B, davanti a Sudan, Togo, Mauritania e Sudan del Sud ma alle spalle, per due punti, del Senegal. Decisivo è stato, in fin dei conti, proprio lo scontro diretto: per salutare un’eventuale vittoria della RDC –che avrebbe portato la squadra con un piede e mezzo dentro la kermesse nordamericana– allo 𝘚𝘵𝘢𝘥𝘦 𝘥𝘦 𝘔𝘢𝘳𝘵𝘺𝘳𝘴 si erano assiepati fin dal mattino migliaia di sostenitori. Il doppio vantaggio firmato da Cédric Bakambu, attaccante del Real Betis, e Yoane Wissa, passato nell’ultima sessione di calciomercato dal Brentford al Newcastle, andava in quella direzione. L’avversario, però, non era ancora andato ko come Foreman aveva fatto mezzo secolo prima a pochi chilometri da lì. Grazie ai gol di Gueye e Jackson gli ospiti hanno ristabilito la parità, piazzando il colpo definitivo della rimonta all’85° con Pape Matar Sarr e operando il sorpasso anche in classifica.
Interzona
Incassata quella delusione, gli azzurri si sono dovuti preparare per i play-off continentali, un quadrangolare che a sua volta avrebbe dato accesso agli spareggi interzona della FIFA.
In semifinale li aspettava il Camerun, sconfitto all’ultimo respiro con la zampata di Chancel Mbemba durante i minuti di recupero. Nell’ultimo alto di questo mini torneo, invece, la sfida era contro la Nigeria: anche in questo caso si è rivelato determinante il 31enne difensore del Lille –sulla strada delle cento presenze con la casacca della nazionale– ai tiri di rigore.
Gli uomini guidati da Sébastien Desabre, CT francese in carica dal 2022, non si sono fatti scoraggiare dal vantaggio-lampo di Frank Onyeka e hanno imposto il loro gioco, trovando l’1-1 con Meshack Elia prima dell’intervallo. Le occasioni avute nella seconda frazione e ai supplementari (con tanto di due reti annullate) non sono bastate per chiudere la partita, che si è trascinata alla lotteria dal dischetto. Qui, Desabre ha tirato fuori l’asso dalla manica, sostituendo il portiere titolare M’Pasi con Fayulu, estremo difensore in forza agli armeni del Noah: i fatti gli hanno dato ragione, perché il Congo ha vinto anche per merito suo.
Nell’arco di queste due gare ci siamo accorti una volta di più quanto il nome e il prestigio servano a poco, se non supportati da un affidabile progetto tecnico e sportivo. Lo vediamo da anni in Italia, ma anche in Africa dove Camerun e Nigeria hanno deluso e che si ritrovano a convivere rispettivamente con una lotta intestina (quella fra il presidente della Federazione Eto’o e il Ministero dello Sport) e una squadra disunita, immersa in un clima poco sereno, che è riuscita a mancare di nuovo la World Cup dopo l’assenza in Qatar malgrado uno dei reparti offensivi più attrezzati del mondo.
Nella RD del Congo, invece, hanno lavorato bene e ne raccolgono i frutti: un’identità precisa e la possibilità di qualificarsi quando il prossimo marzo, in Messico, affronteranno con i crismi dei favoriti la vincente della gara fra Giamaica (principale indiziata per il passaggio del turno) e Nuova Caledonia.
