Calzona, una scelta giusta nella stagione delle scelte sbagliate
Superare la Juventus è la prova che Calzona calza. Per il Napoli si è compiuta finalmente una scelta giusta nella stagione delle scelte errate.
FOTO MOSCA“Fuori pericolo”. Il Napoli è guarito, o almeno ci è molto vicino. A certificarlo l’esame Juventus con esito positivo. È finita 2 a 1 al Maradona. Poteva finire un po’ comunque. Al minuto 81’ si era riaperta, cinque minuti dopo lo scacciabianconeri Raspadori l’ha chiusa, trasformando una respinta sul rigore di Osimhen parato da Sczezsny.
È un 2 a 1 che significa molto di più dei tre punti che portano gli azzurri al settimo gradino della classifica, a quattro lunghezze dal quinto posto occupato dalla rigenerata Roma e ad otto dal quarto cementato del Bologna, ieri stoico a Bergamo e al momento resistente a quel tempo che per opinione comune dovrebbe farlo venir meno.
Superare la Juventus è la prova che Calzona calza. Si è compiuta finalmente una scelta giusta nella stagione delle scelte errate. È l’uomo giusto. Un uomo normale che ha cura dell’essenziale. Ha riportato ordine, disciplina, abnegazione, fiducia. È molto rispetto al nulla precedente, tanto quanto basta ad un gruppo per ricordarsi di saper fare una cosa su tutte: essere corale.
È stata una partita equilibrata. Il Napoli l’ha vinta, poteva pareggiarla, perderla, ma in tutti i casi meritatamente, per entrambe. Si sono scontrate due filosofie opposte, come da copione. Agli azzurri il dominio del possesso, alla Juventus le transizioni. Il primo tempo è stato Sarrista per gli uni, Allegriano per gli altri. Vlahovic non è riuscito a rompere gli equilibri, Kvara si, alla grande.
Durante la ripresa, sono diminuite le occasioni per entrambe, così come il dominio territoriale azzurro. Sul finale i bianconeri sono cresciuti, hanno colto il pareggio che era nell’aria con Chiesa. Rischiato di ribaltarla, poi ci ha pensato Osimhen. Uno dei grandi meriti del Napoli è essere rimasto all’interno della partita sempre, senza farsi influenzare dagli avversari o dal risultato, da psicosi. Il nigeriano ha conquistato il rigore decisivo, l’ha sbagliato, ma la ribattuta è stato raccolta da Raspadori che come lo scorso anno ha messo la parola fine sulla sfida.
3 punti dicevamo, ma molto di più. Il Napoli non è più lo stesso. Ha un’identità di gioco, occupa bene il campo, va a prendere gli avversari alti, ha fiducia di costruire, di fare le giocate. È più solido, nonostante le sbavature decisamente diminuite. Ha voglia, e non c’era prima. Ha Osimhen che non ha realizzato ma fatto reparto da solo, fa sentire forte la squadra. Kvaratskhelia è tornato a giocare alla Best.
Il georgiano nel primo tempo ha fatto ammattire la difesa bianconera da solo, ha conquistato due ammonizioni (Cambiaso e Vlahovic). Ogni accelerazione era un sussulto nel petto di Allegri.
Come lo è stato Vlahovic. Il 77 è stato l’hombre del partido, prestazione di livello e rete d’autore, di voleè, alla Zidane. In negativo lo è stato anche Dusan. Il serbo ha divorato tre reti che un attaccante come lui, uno che vorrebbe paragonarsi ad Osimhen, un uomo da tricolore, non può sprecare: di testa, su cross di Chiesa; di sinistro ha colpito il palo con uno scavetto; e poi il, dopo il gol di Kvara, su regalo di Traoré l’ha messa fuori con Meret lontano dai pali.
Per gli azzurri da sottolineare la prova di Rrahmani – uscito nel secondo tempo per un indurimento. L’albanese ha fornito una signora prestazione, pregevoli un paio di anticipi e la soprattutto la presenza la centro della difesa. In crescendo la condizione di Traorè, lanciato ancora una volta dal primo minuto.
Credere all’Europa, non è più una follia. Né quella dei quarti, né quella del quarto. Se pensiamo a cosa vivevamo qualche settimana fa, è già un miracolo.
