Napoli, dopo il film anche la Serie TV!

A pochi giorni dalla prima del film Sarò conte, dedicato allo Scudetto del Napoli, è intervenuto in conferenza stampa il regista Andrea Bosello.

Napoli, scudettoFoto Mosca
Articolo di Raffaele De Luca02/05/2024

Quest’oggi, in data 2 Maggio 2024, dalla sala stampa del Diego Armando Maradona, avrà luogo la conferenza stampa per il film Sarò con te, dedicato allo Scudetto del Napoli di Luciano Spalletti. Conquistato il 4 Maggio 2023, a seguito dell’1-1 maturato contro l‘Udinese, grazie ad un gol di Victor Osimhen.

Per l’occasione è intervenuto il regista del film Andrea Bosello, che si è così espresso in conferenza stampa: “E’ la prima volta che i tifosi vedranno un film del genere. Un protagonista non potevamo che non trovarlo in Luciano Spalletti, che è un uomo di campagna, come lui ama definirsi. In lui abbiamo trovato un grande uomo appassionato di calcio”.

Prosegue in tal modo, il regista del film sarò con te: “L’altro grande protagonista di questa storia è la città. Qui si entra nelle trame nel racconto. La città è l’ultimo vero protagonista del racconto”. Un film davvero unico nel suo genere, che per la prima volta farà vedere anche delle immagini esclusive dello spogliatoio azzurro”.

Napoli, il pensiero del regista Andrea Bosello

A poco più di un anno dall’anniversario della conquista del Tricolore, e a pochi giorni dalla sfida con l’Udinese, nel ventre del Maradona, si è tenuta la conferenza stampa in occasione del film Sarò con te. Un’occasione davvero speciale, nella quale è intervenuto il regista del film Andrea Bosello, dopo la visione di alcuni contenuti del film.

Chi è De laurentiis nel film?

“In questa stagione gli antagonisti della squadra, sono stati antagonisti sportivi. Noi abbiamo trovato l’antagonista di questa storia, in alcuni momenti del campionato, ove la squadra si è arresa alla sconfitta. Il presidente è il motore di questa storia, ma è presente solo all’inizio. Non lo rivedo come un antagonista di Spalletti. Il Presidente da l’incipit alla storia”.

Siete entrati nello spogliatoio nelle telecamere. Come siete riusciti a divenire parte integrante del gruppo?

“La genesi parte da molto lontano. In questi anni ci siamo ritrovati a discutere se il Napoli avesse vinto lo scudetto. Quest’idea sposata da Luigi ed Aurelio De Laurentiis non è stata facile, perché lo spogliatoio è un luogo davvero delicatissimo, dove ci sono le gerarchie, e una telecamere cambia l’atmosfera”.

“Siamo entrati attraverso un solo occhio, che ha trovato i punti di vista giusti per raccontare questa storia. Pian piano siamo diventati parte di questa famiglia. Essere percepiti come alieni era semplice. Abbiamo avuto delle tute, che già creano un effetto diverso. Ti devi calare in un luogo sacro che ha le sue regole. E’ servito quello per mantenere un profilo basso”.

C’è stato un momento in cui all’inizio qualcuno subiva la telecamera?

“Questa cosa viene espulsa fin da subito. Anche i più burberi cominciano ad essere se stessi. I calciatori hanno un loro linguaggio, sanno che non si possono spostare da una mediana. Hanno provato ad esprimere le loro emozioni. Di solito nei grandi documentari, il giocatore racconta l’odio, l’antipatia, con 20 anni alle spalle”.

E’ stata una stagione magica. Come avete scelto proprio questa stagione?

“Come sarebbe stato tutto il lavoro senza lo scudetto? Se non vinciamo è ancora meglio, perché sarà la più grande debacle sportiva della storia. Siamo partiti con quest’idea quando il Napoli di Spalletti, ha iniziato a divenire fortissimo. Dopo che l’anno precedente aveva perso ad Empoli”.

“Ha parlato prima della sconfitta. Le telecamere che effetto hanno fatto? In quei momenti lì gli animi sono più alterati. Noi avevamo una sola telecamera, ma alla fine sono quelli i momenti più interessanti. E dovevamo essere capaci di raccoglierli. Nella delusione di una sconfitta, è marginale la presenza di una telecamera. E’ bastata un pò di delicatezza”.

I due protagonisti: la città e Spalletti. La città in che modo?

“Sono rimasto sconvolto da questa esplosione popolare, avendo visto il primo scudetto. E quindi ho seguito questa traccia. Dopo 33 anni una generazione vede questi festeggiamenti. E’ quasi un’antropologia della gioia in questo documentario. Racconta un qualcosa che non pò accedere in altri città. Qui emerge di quanto i popoli abbiano una loro personalità”.

Qual’è stata la prima scena che avete girato? Quale calciatore ha i tempi dell’attore?

Ce ne sono tan, come Elmas, Kvara nella sua lingua, tantissimo Osimhen. Che forse è il personaggio più tragico. Mi ricorda un Denzel Washington. I primi momenti sono stati prima della pausa, poi sono partiti per la Turchia”.

“Il momento più brutto è stato il Milan, in quanto quei 4 gol pesavano sulle nostre spalle. Per punizione siamo stati sbattuti in tribuna stampa a Torino, con la Juventus. Tutti i momenti sono stati belli e divertenti. Ringrazio il Milan e la Salernitana. Aggiungo anche Anguissà e Simeone tra i protagonisti. Come documentario si avvale di tutto il materiale di archivio che abbiamo reperito”

Possiamo definirlo un film-documentario?

“E’ un documentario al 101%. I protagonisti extra sportivi servono da coro, per contestualizzare elementi del racconto che definiscono certi caratteri. Abbiamo cercato di scegliere, tra quelli che erano i tifosi più conosciuti. E persona in grado di raccontare la Napoletanità a livello internazionale”

“C’è l’inglese Robert Del Naia. Attori come Silvio Orlando, Tony Servillo, Luisa Ranieri. Il lavoro è iniziato da una serie, che abbiamo scritto noi, e vedrà la luce dopo il film. La serie ovviamente racconta le vite dei calciatori, c’è un contrasto tra le varie anime di questa equipe, e racconta ciò che non si poteva vedere nel film per una questione temporale. Nella serie c’è il grande intellettuale Ruggiero Cappuccio”.

Quante persone hanno lavorato? E che costi ha avuto questa produzione?

“La troupe contando tutti, consta di circa 80 persone. Ha il costo standard di un documentario. Questo è un genere adottato in piena da piattaforma come Netflix, che fissano il costo al minuto, che è di circa 6.000 euro al minuto. Ma questo può arrivare anche a 10.000. Le musiche sono di Teo Teardo, entusiasta di poter fare un lavoro simile. Lui che è ha lavorato con Sorrentino, amatissimo all’estero”.

Ci sarà una serie sul Napoli?

“Si, quattro episodi con inizio e fine. ADL fin dall’inizio ha detto che gli piaceva, e ha detto di fare il film perché merita di essere visto. Dura 1h e 40. Resterà nella storia della città, perché fra 30 anni qualcun altro lo andrà a pescare. Noi per mesi lo abbiamo visto nello schermo della moviola, ma quando lo abbiamo visto al cinema ci sono venuti i brividi”.

Quanto spazio viene dato a Napoli nel mondo? A tutte le emozioni che ha suscitato?

“Noi raccontiamo un’intera stagione di calcio. Si raccontano gli uomini. Noi abbiamo dedicato il finale a tutte queste persone che si sono emozionati per lo scudetto del Napoli”.

Il momento più impattante della ripresa?

“Farli uscire dal seminato. Durante le partite non dovevamo far notare la nostra presenza. Il momento più bello era stare nello spogliatoio, e vedere come Spalletti interagiva con i calciatori. Il pensiero va a Capodochino, alle 3 di notte. C’erano 20.000 persone”.

“L’operatore era sopra l’autobus, che ha ripreso dei momenti incredibili. Il momento più bello è stata anche un’inquadratura del Mister da solo al Maradona. E’ l’immagine che mi porto più dietro. Il momento più divertente è stato quando ADL ci ha detto che avremmo fatto il film”.

Empatia, la chiave di questo successo?

“Nel documentario ci sono tutti i momenti, ove si dice questa non la mettere. Il mister alzava la mano perché doveva stare solo con la squadra. Non ci dimentichiamo che dovevano vincere il campionato. In tal modo faceva capire alla squadra che aveva il controllo della situazione. Io sono stato cacciato svariate volte dallo spogliatoio”

Quali sono le caratteristiche di Spalletti in un contesto cinematografico?

“Se ci fosse stato Sarri, non ci saremmo neanche arrivati alla porta di Castel Volturno. E’ una figura tragica, che assomiglia al protagonista di una tragedia greca”. Ci ha fatto capire che dovevamo in questa storia anche 16 ore al giorno”.

Ci sarà stato un momento dove avete detto basta?

“No, mai! Io non getterò mai la spugna. Nelle difficoltà uno trova le ispirazioni creative. Questa cosa era troppo importante, e resterà per i prossimi 30 anni. Attingeranno a questa cosa, perché racconta uno dei momenti più importanti di questa città, sportivamente”.

C’è stata una cosa che avete pensato di non mettere?

“Le bestemmie ad esempio sono state pochissime. Ci sono dei momenti fantastici, che però non trovano spazio nel tessuto narrativo. Ci sono tutti gli scherzi che fa Spalletti. Juan Jesus ad esemepio è una persona che trasmette allegria all’interno dello spogliatoio”.

Può essere che le telecamere hanno motivato i protagonisti?

“Grazie per questa domanda! E’ un punto di vista che non avevo interpretato. Credo che tutti gli uomini vengono influenzati da un  occhio che li osserva. Un occhio che è sempre indiscreto. Credo che loro si sono sentiti investiti di una responsabilità in più. La percentuale è minima, la vittoria dello scudetto è tutto merito loro”.

I protagonisti tragici: Spalletti ed Osimhen! Si è fatto un’idea del segreto dello scudetto azzurro?

“E’ chiaramente un fattore che moltiplica per 1000 tutti i caratteri di quelli in campo. Starace è fondamentale nel Napoli, come Meret e Victor. Ci sono degli equilibri, che sono a dir poco delicatissimi ed imprescindibili l’uno dall’altro. Sono delle brave persone”.

“Tutte le volte che hanno giocato, si sono portati dietro questa cosa qui. In questa squadra l’amalgama era fortissima. Il merito è dell’area tecnica e dell’area sportiva allargata. Tutti quanti hanno costituito questa armatura, che ha portato la squadra a vincere lo scudetto.

“Spalletti per me è Sean Connery.Il film esce in anteprima domani sera, in tutte le sale che hanno aderito al progetto”.

 

 

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