Il Cagliari pareggia, Napoli cuoce a fuoco lento: finale ai rigori da epopea

Dall'umidità al delirio: Napoli–Cagliari si è giocata più con i nervi che con le gambe. Venti rigori, mani congelate, decisioni culinarie rimandate e un pubblico che ha sofferto più del termometro. Una serata tragicomica da Coppa Italia con finale bollente.

il Napoli batte il Cagliari ai rigori - credits Instagram officialsscnapoliil Napoli batte il Cagliari ai rigori - credits Instagram officialsscnapoli
Articolo di Giancarlo Moscato04/12/2025

La serata era umida, lo sa anche il Cagliari che prova a portarsi il caldo del mare sardo. Si percepisce un freddo pungente, che persino il Vesuvio, per non sapere né leggere né scrivere, si era messo la sciarpa.
Nel frattempo, metà Napoli usciva dall’ufficio correndo come se stesse per chiudere l’ultima salumeria della città, e bisognava portare l’ultimo pezzullo di provola per la cena improvvisata di un anonimo mercoledì.

“Dotto’, devo scappare, ho un impegno urgente.”
“Una riunione? a quest’ora?”
“Peggio.”
“Peggio della riunione?!”
“Ce sta ‘a partita col Cagliari, 250 grammi vanno bene”
“Ma avevate detto 150”
“va buono ‘o stesso!”

Arrivati allo stadio, qualcuno tremava dal freddo e dalla corsa. Ma tanto, si sa, a Napoli anche il gelo si scalda quando la pelota rotola.

La partita inizia con all’orizzonte la maglia color caffè, che per gli avventori – eroi arrivati in tempo (o quasi) allo stadio, è proprio quello che ci vorrebbe. Quelli che sono riusciti ad entrare allo stadio provano a farsi sentire dalle curve. Sia per sostenere la squadra, ma anche per riscaldarsi. Le ultime sere di calcio a Napoli sono state davvero gelide.

Il buon tempo è finalmente spuntato dopo una giornata incessante di pioggia, e per tutti questo può essere un ottimo presagio. Ma la Coppa Italia, prima Tim, poi Freccia Rossa e poi chissà come ancora sarà intitolata, sembra più un disturbo che altro. Competizione fastidiosa come quella classica visita indigesta dalla “gnora” – suocera – che proprio non vuoi vedere. “Amore, devi salire un attimo sopra…”. Eppure, s’ha da fa!

Il Cagliari a Napoli con tante riserve

Quindi si parte, con un entusiasmo in campo pari alla partita scapoli e ammogliati di Fantozziana memoria. Eppure, però c’è qualcuno dei calciatori in tenuta caffè che prova a scaldarsi davvero. Su tutti il baby (non più tanto baby per il calcio moderno) Vergara, che cerca di illuminare la notte del San Paolo – Maradona. Tanti i rincalzi in campo, in particolare nel Cagliari. La classica partita del mercoledì quando manca qualcuno, il tipico decimo, e vengono racimolati gli ultimi elementi in giro per non far saltare la partita.

E dal chicco di caffè Vergara, arriva la presa di zucchero sulla testa di Lorenzo Lucca. Zuccata vincente, e la più romantica delle frasi si materializza: Napoli in vantaggio. Tutto sembra presagire il lieto fine. Gli spettri di vecchie eliminazioni agli ottavi di Coppa Italia sembrano lontani, nulla fa presagire il peggio, soprattutto quando il condottiero Conte, forte dei punti conquistati a Roma dai suoi gladiatori, inserisce i “titolari”.

Dagli spalti è un chiacchiericcio incessante, oltre ai soliti cori che non mancano mai. Chiacchiere concentrate sul tipo di pietanze che aspetta i tifosi a casa. Il mood è proprio questo: ci sarà un mai banale brodo? Una buona fetta di carne? O perché no, per chi è in compagnia, andiamo mangiarci una pizza?

E proprio mentre le decisioni erano quasi arrivate al culmine, un errore di lettura in campo, forse l’unico vero, mette davanti alla porta Sebastiano Esposito. Il ragazzo fratello del gigante eroe di ogni mondo Pio, si trova a tu per tu con un gigante che lo fissa, Milinković-Savić. Effettivamente l’attaccante si trova improvvisamente, senza nemmeno quasi saperlo, dinanzi alla porta. Come catapultato dal Poetto a Mergellina, in un batter di ciglio. Ma come è fredda la serata, è freddo anche lui: pareggio del Cagliari.

Ed ecco che ogni brodo tarda la sua “zucata”, ogni pizza la sua infornata, e ogni fetta di carne la sua cottura. “Ce ne andiamo alle 9″, è ormai il grido unanime di una porzione di tifo anche fin troppo spazientita. Nessuno vi ha obbligati. E questa Coppa, più fastidiosa ai più come una scheggia di legno nel dito, e con orari improponibili, continua nella sua singolare formula one shot: pareggio? andiamo direttamente ai rigori.

Un po’ come la vecchia regola del calcio di strada tra ragazzini: o gol o rigore! Rigori che prontamente, soprattutto i più giovani, vogliono immortalare con quei maledetti cellulari, per ormai il calcio del momento, il calcio da social. Ma basta.

Ed è di rigore che si va: ce la caveremo rapidamente? Neanche per sogno. Se ci fossero stati altri minuti disponibili, probabilmente avrebbero calciato anche i custodi dello stadio. 20 i penalty calciati. Magistralmente, va aggiunto, in particolare quelli del Cagliari. Però ecco che al quarto rigore del Cagliari, si materializza il famoso brodo: Felici, che stava per rendere tutti i tifosi in stato d’animo in onore del suo cognome, calcia bene ma impatta la traversa. Si va avanti fino al quinto ed ultimo rigore di Neres. Molti sono già sull’uscio dello stadio pronti a sentire la rete gonfiarsi. E invece, conclusione fiacca: parato.

«uh maronna mia n’ata vota o’ piecoro!» come a dire, “bisogna continuare ancora con questa tiritera?”, per citare un immortale capolavoro, Io speriamo che me la cavo quando Sergio Solli porta a casa un agnello di Pasqua. Agnellino sacrificale, in questo caso, Neres, che ne ha sentite volare tante. Si va ad oltranza, e calciano tutti. Ma proprio tutti, 20 rigori. Mancano solo due calciatori all’appello.

Tanto che anche il portiere del Napoli, Milinković-Savić, sceglie di recapitare uno scaldabagno in porta, un tiro di una potenza colossale il suo settimo rigore, che Caprile preferisce schivare con abilità. Che botta! Lo stesso portiere azzurro neutralizza il rigore di Luvumbo e Buongiorno, cognome come un messaggio all’indomani dato il risultato, realizza il decimo rigore del Napoli. Avanti il prossimo, da scoprire dai prossimi risultati di Coppa.

L’unica nota stonata: i fischi a Lorenzo Lucca. Il pubblico è certamente sovrano, ma su un pareggio in Coppa Italia, fischiare chi indossa la propria maglia è di quanto più indecoroso e imborghesito che possa fare un tifoso.
Si va ai quarti di Coppa Italia: onore al Cagliari. E ora tutti a casa: e per inciso, alla fine a casa c’era da mangiare il brodo.