Julius Hjulin: il portiere svedese che non si piegò agli U-boot di Hitler
L’incredibile storia di Julius Hjulin leggenda di una squadra impronunciabile, ingegnere capace di rompere i coglioni agli U-boot tedeschi.
Julius Hjulin in azione contro MeazzaC’era una volta, nel cuore della Svezia, una cittadina dal nome difficilissimo da pronunciare: Eskilstuna. Probabilmente alla gran parte di voi, questo paese sperduto delle lande gialloblù non dice niente. E a Eskilstuna non accade praticamente niente. Si produce ferre e acciaio. Acciaio e ferro. Ci sono fabbriche e fabbriche. Operai su operai. Tra loro c’è uno spalatore di carbone, si chiama Carl August Hjulin, consigliere comunale del Partito Socialdemocratico, che fa carriera nelle ferrovie fino a diventare un macchinista, ma non è il protagonista di questa storia. Carl ebbe un figlio: Julius. Come tutti i bambini di una città di ferro e fumo, di acciaio e operai, Julius vive nel quartiere operaio di Nyfors. Quando finisce la scuola come tutti i ragazzi di una città di ferro e fumo finisce a lavorare in fabbrica. Tornitore per la precisione.
Il Miracolo dell’IFK
Siamo nel 1921. E’ da poco finita la prima guerra mondiale e il calcio inizia a espandersi a macchia d’olio in tutto il mondo. In Svezia la fanno da padrone le squadre di Stoccolma e Göteborg, il resto del paese è poca roba. Poche squadre, molto scarse. Ma sta per cambiare qualcosa. L’IFK Eskilstuna schiera tra i suoi pali un diciottenne figlio di operai: Julius Hjulin. La squadra viene da un imbarazzantissimo penultimo posto in classifica. E questi che fanno? Si affidano ad un diciottenne? Una follia. Ma partita dopo partita Julius mostra tutto il suo talento. E quello che sembrava un azzardo diventa una splendida favola tra i pali. La squadra di Julius inizia a piegare i blasonati team delle grandi città svedesi. Parata dopo parata, miracolo dopo miracoli, arrivano in finale.
16 ottobre 1921. In finale si sfidano l’IKF e un altro sconosciuto team che risponde al nome di Sleipner. Due squadre della provincia svedese raggiungono la finale. Mai capitato.
La mattina della finale c’è un casino in città, all’alba è già un delirio. La finale si gioca a Stoccolma così i tifosi organizzano un treno speciale per portare quanta più gente possibile sugli spalti a far il tifo per l’IFK. A me piace pensare che il papà di Julius abbia guidato quel treno pieno zeppo di gente che pronta a gridare il nome di suo figlio.
Ci sono più di diecimila persone sugli spalti. Il panico. Il primo tempo è una merda. Noioso. Tutto fermo. Tutto bloccato. Nel secondo tempo lo Sleipner inizia a pressare. Sleipner come il cavallo a otto zampe di Odino. 1 -0. Julius sta perdendo. Ma quel giorno Odino sceglie un altro finale. Un finale che vede Olsson e Pettersson ribaltare la partita. Finale che vede l’IKF vincere e compiere un autentico miracolo sportivo.
Da Campione a Ellis Island
Dopo aver vinto campionato, dopo esser diventato la star, l’idolo dei tifosi, quando hai solo 18 anni, Julius che fa? Parte per l’America insieme a suo fratello. Perché il pallone di cuoio non sfama le bocce di una Svezia con le pezze al culo dopo la guerra.
E ora immaginatelo arrivare a Ellis Island. Dove sono passati milioni e milioni di immigrati arrivati da ogni parte del globo, da ogni angolo del mondo. Hjulin è proprio un cognome del cazzo. Difficile da ricorda, difficile da pronunciare. E così come capita spesso il cognome viene americanizzato in Hjulian. Ma il pallone non si scorda mai e così a Chicago Julius continua a giocare per la squadra della sua azienda: Pullman Fc. Quel campione di Svezia fa sfraceli anche in America. Vince il campionato dell’Illinois, la Peel Cup. Troppo forte per restare confinato in una squadra di una società che produce vagoni ferroviari. Così viene acquistato dall’Harvey Fc. E poi ci vuole un po’ di culo. La fortuna che mentre giochi una serie di arbitri in inglesi in tour per gli U.S.A si accorgono che sei proprio un bel portiere. E così Julius fa di nuovo le valigie, attraversa nuovamente l’Oceano e arriva in Scozia.
Sotto gli occhi di Willie Maley. La Parentesi Celtic
1925. Arriva a Glasgow. Fa un provino per il Clyde, una squadra sconosciuta. Ma in città non si fa altro che parlare di questo giovane portiere. E poi ci vuole un po’ di culo. Giusto il tempo di far arrivare alle orecchie di Willie Maley del Celtic, la prodezze di questo svedese. Maley decide di fargli un provino. Maley del Celtic, uno dei club più importanti del globo. Il provino va una merda. Non ha le scarpe adatte e nemmeno i guanti. Quando torna negli spogliatoi capisce che non ha speranze. E poi ci vuole un po’ di culo, perchè in fin dei conti a Maley il ragazzotto svedese è piaciuto assai nonostante le scarpe non fossero adatte. Preso. Benvenuto in squadra. Questo è il tuo contratto. Minchia 200 sterline al mese. E’ finita la fame.
Dopo una discreta carriera in terra Britannica Julius se ne torna in America. E voi vi starete chiedendo, ma cosa c’è di speciale in questa ragazzo, in questa storia dove c’è bisogno sempre di un po’ di culo? Aspettate.
Parare mentre il Duce ti guarda
Mondiali del 1934. Italia. Mussolini è al potere. I Mondiali sono l’occasione per il Duce di mostrare i muscoli. Julius non gioca per la Svezia, è il portiere degli Stati Uniti e a Roma sfida proprio l’Italia fascista. Julius ha ormai 31 anni. Quasi per caso è a quel mondiale in cui gli States si iscrivono all’ultimo minuto. Ad assistere alla partita c’è Benito Mussolini in persona, in testa ha un cappello bianco. Stadio del Partito Nazionale Fascista gremito. Folle oceaniche. L’Italia è una corazzata. L’Italia non può perdere. L’Italia non perdere. Piega gli Stati Uniti 7 sberle a 1, con il mitico Giuseppe Meazza una spanna sopra tutti gli altri. Ma Julius non sfigura. Julius sfodera parate anche davanti a Mussolini.
E quindi vi starete chiedendo, ma cosa c’è di straordinario in questa storia dove c’è bisogno sempre di un po’ di culo? Aspettate.
Quella contro l’Italia è l’ultima partita di Julius, ma il bello doveva ancora venire.
Fanculo gli U-boot nazisti
Inizia la guerra. La Guerra delle Guerre. La Seconda Guerra Mondiale e Julius c’è dentro fino al collo. Gli Stati Uniti hanno un problema con le navi a vapore e chi risolve il problema? Julius. E che facciamo lasciamo una persona di questo calibro, così, nel bel mezzo di Chicago? Non se ne parla proprio. Chiamate questo Julius e trasferitelo immediatamente a Fort Sheridan. Le navi a vapore americane venivano sempre abbattute dai sottomarini tedeschi. Un cazzo di problema per le sorti della guerra con centinaia di giovani americani che morivano in mezzo al mare bombardati dagli U-boot tedeschi. Colpivano e poi scappavano e nessuno riusciva a beccarli. Ma Julius non si arrende, inizia a fare modifiche, inizia a scervellarsi, così trova la soluzione tecnica e le navi americane iniziano a inseguire i sottomarini tedeschi senza più rompersi. Le battaglie le vincono gli eserciti, gli Stati, i generali. E in nessun libro di storia troverete il nome di Julius, ma se gli Stati Uniti hanno fatto il culo a Hitler in mezzo al mare lo si deve anche a questo portiere mezzo svedese, mezzo americano. A questo ingegnere cazzuto che non voleva prendere gol dai crucchi. Julius non ha ricevuto nessuna medaglia. Nessuna coppa. Nessun elogio. In fin dei conti era solo un ingegnere che modificava tubi.
Quando finì la guerra Julius registrò oltre 30 brevetti. Continuò il suo lavoro. In Svezia si dimenticarono di lui del suo miracolo del 1921, ma i tifosi dell’IFK lo ritengono ancora il portiere più importante della storia del club.
Julius ha salutato il mondo nel 1974. Forse dalle parti di Glasgow oggi non sanno neppure chi sia. E forse se lo sono scordati anche a Eskilstuna. Eppure quel tornitore diventato campione di Svezia, immigrato negli Stati Uniti, portiere di uno dei club più importanti del mondo e infine gigantesco cazzo in culo degli U-boot nazisti, meriterebbe qualcosa in più dell’articolo che mi appresto a concludere. Almeno una canzone Julius, ci vorrebbe una canzone, o forse un po’ di culo.
