Maradona e il Bari: luci, ombre e una sfida da ricordare
Maradona vs Bari: sfide leggendarie, storica vittoria biancorossa e rispetto reciproco in un calcio epico degli anni ’80-’90.

Fra le avventure e le storie che vedono protagonista il Pibe de oro Diego Armando Maradona ci sono anche gli incroci con il Bari. Quando Dieguito incantava tutta Italia da Nord a Sud e quando capitan Loseto fu scelto da Salvemini, l’allora mister dei Biancorossi, per marcare Diego nella gara di coppa Italia nella stagione 1988-1989. All’epoca, marcare il calciatore avversario più forte era un compito di grande prestigio e responsabilità, potremmo dire una missione, così la interpretò Giovanni Loseto, che non si limitò a seguire Maradona in campo come un’ombra, ma lo seguì persino quando si avvicinò alla panchina per dissetarsi. In quel calcio che non esiste più i difensori seguivano a uomo il calciatore avversario più forte, come possiamo ricordare che anche Gentile fece durante il Mondiale proprio su Maradona. Sapere di avere di fronte Diego Armando Maradona, uno dei giocatori più forti di tutti i tempi, non era solo una sfida personale, ma un richiamo per tutta la squadra ad alzare il livello e a superare i propri limiti, a giocare con tutto il cuore e con la testa, a dare tutto. Così avvenne in quella gara di Coppa Italia in cui il Bari superò il Napoli grazie alle reti di Maiellaro e Armenise. Un’impresa che ancora oggi viene ricordata e raccontata con orgoglio, perché il Bari di Salvemini riuscì a battere il Napoli, nonostante la presenza ingombrante di Maradona. Giovanni Loseto marcò Maradona ben quattro volte dal 1988 al 1991, in un calcio di un’altra epoca, fatto di scontri diretti, di lotta senza quartiere, ma anche di rispetto reciproco. In campo si combatteva e si battagliava, ma non veniva mai meno una stima profonda sia verso i compagni sia verso gli avversari. Quello che contraddistingueva Maradona era la classe dentro e fuori dal campo e il grande rispetto verso i propri compagni e verso gli avversari. Maradona, con la sua classe innata, sapeva essere grande non solo con il pallone tra i piedi, ma anche fuori dal campo. Il rispetto che mostrava verso i compagni e gli avversari era parte integrante del suo mito, un segno di quella nobiltà sportiva che oggi si fatica a ritrovare. Ogni incontro con lui diventava una lezione di calcio e di vita, un momento che restava impresso nella memoria di chi aveva avuto il privilegio di incrociarlo.
Un epilogo amaro
La storia dice che il Bari ha affrontato il Napoli di Maradona per cinque volte, riportando un pareggio, una vittoria e tre sconfitte. Oltre alla ricordata vittoria del Bari, rimane nella memoria collettiva l’ultima sconfitta, il 17 marzo 1991, in cui i partenopei si imposero di misura con una rete di Zola e Joao Paolo, funambolo offensivo brasiliano del Bari, sbagliò un rigore. Fu una partita vibrante, quasi carica di presagio quella partita fu un po’ come una matrioska, nascondeva un episodio nell’episodio, in realtà un epilogo amaro, perché nel post-partita come è noto, Maradona risultò positivo per cocaina all’antidoping. In un istante, il teatro più bello del calcio italiano si spense.
Maradona capì che il suo tempo a Napoli era finito.
Pochi giorni dopo, in una Pasqua malinconica, lasciò l’Italia.
Eredità di un incrocio
Nulla potrà mai cancellare ciò che è stato Diego per Napoli e per il Sud dell’talia, ha, infatti, rappresentato il riscatto del sud facendo grande Napoli.
Eppure, anche in quella tristezza, rimane un filo invisibile che lega Maradona al Bari.
Un filo fatto di rispetto, di memoria, di emozione.
Perché in quel piccolo stadio del Sud, lontano dai riflettori delle grandi metropoli, il genio argentino trovò un avversario degno, un uomo che lo guardava negli occhi senza paura e oggi, a distanza di più di trent’anni, i tifosi biancorossi ricordano ancora quella partita come una favola. Raccontano di quando Loseto fermò Maradona, di quando il Bari sconfisse il re del calcio. Ma soprattutto ricordano la stretta di mano, quel gesto semplice che valeva più di cento gol. Perché il calcio, quando diventa leggenda, non ha bisogno di trofei o classifiche.
Ha bisogno di uomini, di emozioni, di storie come questa.

Diego Armando Maradona
