Rao: il gol più bello
La storia del giovane calciatore del Bari Emanuele Rao insegna ai giovani che è importante lottare senza arrendersi mai anche se si convive con una malattia cronica come il diabete 1. L’importante è crederci, impegnarsi, lottare per realizzare i propri sogni.

“Ai ragazzi dico di non pensare che il diabete sia un limite”, questo il messaggio più importante consegnato dal giovane Emanuele Rao durante la sua conferenza stampa di presentazione, non si tratta delle solite dichiarazioni di un calciatore a cui siamo abituati, ma di una indicazione di speranza per i giovanissimi a cui viene diagnosticato un diabete di tipo 1. È uno di quei casi in cui le parole hanno un peso diverso dal solito, costituiscono un inno alla speranza e indicano ai calciatori del presente e del futuro che anche con una patologia cronica non ci si deve arrendere, non bisogna smettere di credere in se stessi e nei propri sogni, non bisogna fermarsi, come ha fatto lui sin da ragazzino dall’età di quasi 10 anni. Rao diventa così un simbolo di chi trasforma la difficoltà in forza, un simbolo di resilienza.
La storia
La sua avventura inizia tra le giovanili del Chievo Verona, dove Rao scopre presto un avversario molto più temibile delle squadre che affronta abitualmente. Come raccontato da lui stesso riscontra dei sintomi, che allarmano i suoi genitori, entrambi infermieri. Mentre i suoi coetanei festeggiano in Natale inizia quindi un percorso diagnostico che, a soli 10 anni, conduce a un chiaro verdetto: Diabete di tipo 1. Inizialmente seguito e assistito costantemente dal padre per controllare la malattia, poi ha il coraggio d’accordo con i suoi genitori di lasciare la famiglia e trasferirsi per continuare la sua formazione e coltivare il suo sogno di diventare calciatore; si affida all’aiuto e alla dedizione di tutor e man mano diventa più autonomo nel gestire la malattia, fino a quando, con l’uso di un microinfusore che è come un pancreas artificiale, la gestione della malattia diventa più agevole. Come lui stesso racconta il diabete non è un ostacolo, bisogna andarci sopra, puntarlo, aggredirlo come un avversario, in modo che non sia un limite. Quella che poteva essere la fine di un sogno diventa la scintilla che lo spinge a continuare fino alla scalata tra i professionisti. Dal Chievo passa alla Spal, Rao non si ferma. Esordisce tra i professionisti in Lega Pro e indossa la maglia della nazionale Under 19 italiana. Con la SPAL segna cinque reti, fa divertire i tifosi e contribuisce alla salvezza della squadra. Ogni gol è anche una piccola vittoria contro il destino.
La chance di Bari con vista Napoli per Rao meravigliao
Il calcio si sa è un gioco di squadra, e Rao nella sua squadra ha trovato un amico e un alleato prezioso in Mirco Antenucci, simbolo della Spal e con un passato anche a Bari, grazie ai suoi consigli, Rao viene notato dai grandi club compreso il Napoli, campione d’Italia, che punta su di lui per il futuro, lo acquista a titolo definitivo, e lo gira in prestito al Bari, qui lo attende una nuova sfida: la serie B. Nonostante il diabete, Rao non smette di correre, allenarsi, lottare, è un esempio per tutti: nulla può fermare la passione. Lo chiamano “Rao meravigliao” perché con la sua spensieratezza fa divertire, è abile a puntare l’uomo nell’uno a uno e lui stesso ammette di ispirarsi a Leao, il campione portoghese del Milan, che a sua volta lo ha incoraggiato con un messaggio: “niente ti può fermare”. In biancorosso ha totalizzato sei.
presenze, sfiorando diverse volte il gol soprattutto alla prima giornata di campionato a Venezia, in attesa di vederlo esultare sul campo del San Nicola, il gol più importante l’ha già fatto, non vale 3 punti ma molto di più, perché con il suo esempio illumina il cammino di quei ragazzi che lottano ogni giorno con una malattia cronica. A questi giovani dice di non arrendersi, di non smettere di sognare perché anche con una malattia si può essere campioni. L’esperienza di Rao dimostra che si può convivere con una malattia e raggiungere i propri obiettivi, la partita più importante si gioca dentro di noi e la vittoria più grande è non smettere mai di crederci. Storie come questa valgono più di coppe e trofei, sono il vero stimolo per le nuove generazioni che hanno bisogno di eroi reali, che insegnano a non arrendersi mai.
