L’eredità dell’Europeo: la morte del centravanti, il rilancio delle ali (Yamal & Nico)

L'Europeo si è concluso con la vittoria della Spagna in finale contro l'Inghilterra ma sono diversi gli spunti che la competizione ci ha donato.

Yamal, europeo
Articolo di Roberto Beccantini15/07/2024

Cosa rimane dell’Europeo appena concluso. Vi offro coriandoli di riflessioni.
1) Il livello spettacolare è stato modesto: Spagna a parte. E sul piano tattico, monotonia galoppante. Per questo, nostalgia canaglia della fantasia che i «dieci» del passato opponevano alla dittatura delle lavagne. Rare le eccezioni: penso a Lamine Yamal e a Nico Williams, le ali della vittoria. L’ala, già: un ruolo schiavizzato dall’eccesso di nozioni.

2) Se Cristiano Ronaldo ha fallito a 39 anni, Kylian Mbappé ha toppato a 25. Per il Marziano, arrivederci e grazie. Per il francese, Real Madrid e prego.

3) Luis De la Fuente è un prodotto dell’artigianato federale (avete presente, in chiave italica, Azeglio Vicini, dalla under alla Nazionale? Ecco). Ha raccolto e adeguato le semine dei predecessori. Ha decretato la morte dell’allenatore guru. Finalmente. Evviva. Arriba.

4) Germania 1974, Germania 2024: il remake di «Azzurro tenebra». Responsabilità: 80% i giocatori, 20% il tecnico. Dicono: Luciano Spalletti non ha saputo trasmettere le dritte corrette. Ma non era l’artefice del boom del Napoli? Obiezione: e allora? Genio a Castel Volturno, pippa da Coverciano in poi. A farla sempre franca sono i «dipendenti». Beati loro. Non risulta che a Federico Chiesa il presidente Gabriele Gravina avesse proibito di azzeccare un dribbling o a Gianluca Scamacca di infilare il sette. Curiosamente, il migliore nel disastro è stato colui che migliore fu anche, tre anni fa, nel trionfo. Il portiere. Gigio Donnarumma.

5) Non tutti i silenzi sono d’oro. Alcuni sono vigliacchi. Come quello di Roberto Rosetti, responsabile Uefa degli arbitri, dopo il caso (o meglio, il casino) di Spagna-Germania 2-1 dts, quarto di finale a Stoccarda: il mani-comio di Marc Cucurella sul destro di Jamal Musiala. Era rigore, come giurano i tedeschi, o non lo era, come ha deciso Anthony Taylor? Si tratta di un episodio limite di fronte al quale, per parafrasare i furbetti del Quartierino, «non si può fare i frati con il saio degli altri». Lo era o non lo era? Il braccio era largo, sì, e il tiro diretto in porta, ma la postura dello spagnolo tale da scongiurare – o ridurre, almeno – volontarietà e negligenza. Dunque, dalle notizie filtrate, niente penalty. E’ così, signor Rosetti? Coraggio, esca dalle tenebre dei corridoi e ci faccia sapere. Taylor, per la cronaca, ha rischiato il linciaggio, abbonato ai mani-comi da Siviglia-Roma, finale di Europa League 2023, e dal non-rigore che mandò in bestia José Mourinho. A maggior ragione: fiat lux.

6) Se Lamine Yamal ha compiuto 17 anni sabato scorso, ed è il simbolo delle nuove furie, l’Argentina regina di Coppa America – a cavallo dei 5 squilli di Lautaro Martinez, dalla panca allo scettro di capocannoniere – continua a cibarsi di Leo Messi (37 anni suonati) e Angel Di Maria (36). Per tacere di James Rodriguez, il fantasista mancino della Colombia che, a 33, si è ripreso le ambizioni e i sogni di un Paese che, all’epoca di Francisco Maturana, si toglieva lo sfizio di rivaleggiare in pressing e sbadigli con il Milan olandese di Arrigo Sacchi.

7) Il centravanti è il mestiere uscito più spernacchiato. Lo testimonia la classifica dei marcatori. Cristiano è alla frutta, Harry Kane fa la crocerossina – e comunque, in assoluto, zero titoli – Alvaro Morata fa salire la squadra, Kai Havertz proprio nove non è, e Niclas Fullkgrug, che proprio nove sarebbe, entrava regolarmente – e tardivamente? – in corso d’opera.

8) A modo suo un record lo ha stabilito persino la Francia: un gol su azione, uno solo, in sei gare. La sgrullata di Randal Kolo Muani alla Spagna. Sangue blu, ei fu.

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