Da Zoro a Koulibaly: l’ennesima sconfitta nella lotta al razzismo

Il vergognoso episodio di Firenze fa riemergere ancora una volta il tema del razzismo. È stato fatto abbastanza per combatterlo?

Koulibaly associazione italiana calciatori
Articolo di Luca Paesano04/10/2021

Siamo nel 2021, ma qualcuno è rimasto ancora fermo al Medioevo. A poco tempo di distanza dall’episodio che aveva visto protagonista il milanista Mike Maignan allo Juventus Stadium, siamo ancora qui a parlare di razzismo, nello specifico di quanto successo al termine di Fiorentina-Napoli.

La ricostruzione

Ricostruiamo l’accaduto, partendo dal presupposto che già nel corso della gara si erano sentiti dalle tribune i soliti cori beceri inneggianti ad un’eruzione del Vesuvio e ad un utilizzo del sapone da parte dei napoletani. Sempre la stessa storia. E i 10.000 euro di multa del Giudice Sportivo per cori discriminatori di matrice territoriale, evidentemente, non sono abbastanza se realmente si vuole porre fine al razzismo negli stadi. Ma questo è un capitolo a parte, anche se le conclusioni coincidono, rispetto a ciò di cui voglio parlare.

La situazione a Firenze degenera nel post-partita. Koulibaly, Osimhen e Anguissa vengono presi di mira da alcuni tifosi fiorentini che rivolgono fischi e ululati verso i 3 calciatori azzurri. Osimhen e Anguissa fingono indifferenza, rispondono con un sorriso imbarazzato e rientrano negli spogliatoi. Koulibaly resta in campo per l’intervista a DAZN.

Al termine di questa, il senegalese diventa la valvola di sfogo per la frustrazione e l’ignoranza di alcuni sostenitori viola. “Scimmia di m****, sei una scimmia” si sente dagli spalti. Il calciatore non ci sta e risponde: “Hai detto scimmia? Vieni qui, scendi e dimmelo in faccia quello che hai detto”. Dagli spalti si prosegue con fischi e ululati. Dopo qualche sguardo che sa di profondo disgusto per il genere umano, Koulibaly rientra negli spogliatoi in compagnia di alcuni membri dello staff azzurro.

La Procura Federale ha aperto immediatamente un’indagine per ricostruire l’accaduto e individuare i responsabili. I presenti, tra cui Koulibaly e Alessio De Giuseppe, inviato di DAZN che ha assistito a tutta la scena, sono stati trattenuti per essere ascoltati dagli agenti. La SSC Napoli ha chiesto il pugno duro, nessuno sconto per i colpevoli.

Da Marc Zoro ad oggi: il razzismo c’è ancora

Il caso di Koulibaly è solo l’ultimo di una lunga lista. Il primo di cui ho memoria vide protagonista un giocatore del Messina, Marc Andrè Zoro.

Nel bel mezzo di un Messina-Inter del novembre 2005, preso di mira per tutta la gara dai tifosi interisti, il calciatore ivoriano decise di prendere il pallone in mano e fermare la partita, minacciando di abbandonare il campo. Fu il primo, forte, plateale gesto di denuncia che suscitò lo scalpore generale di un pubblico che ancora non aveva sensibilità e, forse, neanche consapevolezza riguardo al tema del razzismo. Le immagini fecero il giro del mondo, per i giorni successivi non si parlò di nient’altro.

Marc Zoro fu il primo a rompere gli indugi e ci aveva provato già qualche giornata prima. Gli insulti, da parte dei tifosi laziali, lo avevano colpito anche a Roma, ma dopo aver chiesto al direttore di gara, Paolo Dondarini, di prendere provvedimenti, gli fu risposto che non potevano farci niente. La risposta fu la stessa anche in Messina-Inter, da parte dell’arbitro Matteo Trefoloni. E fu proprio allora, che Zoro decise di prendere in mano la situazione, più concretamente il pallone, e fermare il gioco.

A 16 anni di distanza dalla ribellione di Marc Zoro, cosa è cambiato? Ben poco, direi. Certo, negli anni il tema ha acquisito maggiore rilevanza ed è divenuto socialmente condiviso il rigetto di qualsiasi forma di discriminazione razziale. Lo si riconosce, ne si parla, lo si condanna. Nelle parole, nei proclami e nelle intenzioni si è fatto tanto ma se si vedono ancora episodi del genere negli stadi, e anche con una certa frequenza, allora probabilmente non è stato fatto abbastanza. Oserei dire che se la lotta al razzismo fosse una partita, ad oggi avrebbe le sembianze di una fiacca amichevole estiva. Mario Balotelli, Mike Maignan e i tre ragazzoni del Napoli possono testimoniare, giusto per citare solamente i casi più recenti.

Dalle parole contro il razzismo…

In merito all’accaduto di ieri sera, la Fiorentina ha subito provveduto a prendere le distanze dal comportamento dei propri tifosi. È sottinteso che si parla sempre di una parte ristretta e sarebbe sbagliato fare di tutta l’erba un fascio. Joe Barone, dg dei viola, è sceso direttamente negli spogliatoi a recapitare in prima persona le scuse ai calciatori e alla dirigenza azzurra, promettendo di fare tutto il possibile per individuare e punire i colpevoli.

Fa strano pensare che Rocco Commisso si era scagliato appena qualche giorno fa contro i tifosi dell’Atalanta, che avevano bersagliato il suo gioiellino Vlahovic durante la trasferta a Bergamo, chiedendo ai fiorentini di dare il buon esempio in vista di Fiorentina-Napoli. “Ai fiorentini chiedo di fare i bravi, per essere rispettati bisogna rispettare gli altri. Domenica quindi voglio un clima bello anche dovessimo perdere. Va bene sostenere la propria squadra ma non vorrei rivedere quanto accaduto con l’Atalanta” aveva dichiarato in un’intervista a La Nazione auspicando un incontro all’insegna dello sport e della sportività. Evidentemente, il messaggio non è stato ascoltato neanche di striscio da certi soggetti.

Al di là di quelle che saranno le valutazioni della Procura e del Giudice Sportivo, Rocco Commisso ora ha una grossa responsabilità, perché ha la possibilità di passare dalle parole ai fatti e dimostrare coerenza con quanto detto. “La famiglia Percassi è buonissima, è gente bravissima però deve guardare ai loro tifosi” aveva ancora affermato alludendo ad un senso di responsabilità nei confronti delle proprie società. E allora, date le circostanze, il presidente Commisso ha la possibilità di dare un segnale forte e passare all’azione. Ora tocca a lui guardare ai propri tifosi e prendere provvedimenti, proprio come auspicato qualche giorno fa al collega atalantino.

…alle azioni concrete

Denunciare, condannare, punire. Bisogna allontanare questa gente per tenere il razzismo fuori dagli stadi. Solo così si può porre rimedio. Servono i fatti, perchè di parole se ne sono sprecate fin troppe senza sortire alcun effetto. Un mancato provvedimento non sarebbe altro che l’ennesima sconfitta. L’ennesima dimostrazione di un’ipocrisia dilagante. L’ennesima dimostrazione che della tematica non importa poi così tanto, che si parla per acquisire consensi e per seguire la corrente del politically correct. Perchè se poi di fronte alla questione si chiude un occhio, spesso anche due, come se il fatto non fosse il proprio, vuol dire che non si è realmente compreso il problema.

“Questi soggetti non c’entrano con lo sport. Vanno identificati e tenuti fuori dagli stadi: per sempre”. Parola di Kalidou.