Storia della chilena, una fantasia sudamericana capovolge le Sheffield Rules
La chilena è fantasia in volo capovolto. Quando Ramon Unzaga, in un caldo pomeriggio del 1914, spiccò il volo e mulinò le gambe in aria cambiò tutto e nacque la chilena.
La chilena è fantasia in volo capovolto. Se esiste un gesto tecnico su un campo di calcio in grado di unire imprevedibilità, necessità, coordinazione, tempismo, coraggio ed estetica, questo non può che essere la rovesciata. Il genio applicato all’istinto. In Italia, così come nel resto del mondo, è espressione ed icona di cultura nazional popolare. L’album di figurine Calciatori Panini ha infatti sulla copertina raffigurato Carlo Parola intento nell’eseguire la sforbiciata a mezz’aria, fotografia scattata all’80’ di un Fiorentina-Juventus il 15 gennaio 1950.
Ispirazione per un’intera generazione di bambini cresciuti guardando in televisione gli episodi di Capitan Tsubasa (in italiano tradotto con “Holly e Benji”), in cui adolescenti giapponesi volavano ad altezze disumane per rovesciare la palla da distanze siderali. O per chi ha visto il film Fuga per la vittoria, di John Huston, con Michael Cane e Sylvester Stallone circondati da una bella compagnia di stelle, o ex, del calcio internazionale, tra i quali Pelè. Ed è proprio quest’ultimo che con una rovesciata determina la catarsi del film.
II guerra mondiale, la fuga da parte di alcuni prigionieri di guerra alleati, che sarebbe dovuta avvenire durante l’intervallo di una partita di calcio contro una selezione nazista, viene rimandata per poter concludere il match. Fernandez, il personaggio interpretato da O Rei, dopo essere stato malmenato per tutto l’incontro e costretto a uscire, nei minuti finali rientra dolorante in campo, si fa trovare smarcato in area di rigore avversaria, attende il traversone, si gira spalle alla porta, stacca dal suolo, carica potenza con la gamba sinistra e sforbicia a mezz’aria di destro per il gol della vittoria. La stordente bellezza di quel gesto, sottolineato dal regista con svariate inquadrature e rallenty, impone agli ufficiali nazisti l’obbligo morale di alzarsi, applaudire e riconoscere l’universalità del bello.
Origine della rovesciata
Sheffield, 1871. Quando vennero sancite le Sheffield Rules, ovvero l’insieme di norme che avrebbero per la prima volta regolamentato il football, lo sviluppo del gioco aereo era da intendersi unicamente con l’impatto della sfera con la testa o il petto. Intanto, nei primi anni del ‘900 il calcio era sbarcato in Sud America, e la passione per quell’attività accese un continente che nel DNA ha sempre avuto il gioco con la palla, Aztechi docent. Ma il fútbol, quello rioplatense per primo, avrebbe aggiunto una componente di spettacolarizzazione in funzione del pubblico che mancava nel vecchio continente. E in maniera decisiva vi avrebbe contribuito anche il giovane e acerbo calcio cileno.
Le cronache cilene dicono che quel pomeriggio del 1914, a El Morro de Talcahuano, quando Ramon Unzaga da Bilbao spiccò il volo, facesse un gran caldo. La rovesciata nacque lì. Il celebre scrittore uruguayo Eduardo Galeano la definì così nel suo El fútbol a sol y sombra: “Si distaccò da terra con un salto, come un uccello, e realizzò una contorsione con il petto rivolto al cielo: le sue gambe si agitarono come un paio di forbici e il colpo che diede al pallone provocò lo stupore dei suoi compagni, dei suoi avversari e del pubblico. Quei secondi ebbero lo splendore delle cose che si fanno per la prima volta“.
Unzaga giocava per l’Escuela Chorera. Con questa maglia, nel 1914, capovolse il proprio corpo, qualche credenza inglese e un intero modo di intendere il gioco del calcio. Mise i piedi dove, normalmente, si metteva la testa. Il gesto fu chiamato Chorera, in omaggio alla squadra. Un gesto strano, controverso, ma soprattutto anticonvenzionale. In una partita nel 1918, un arbitro gli fischiò fallo ad ogni tentativo di Chorera. Anzi, Chilena, come ormai avevano iniziato a scrivere i giornalisti argentini. Di fronte alle proteste di Unzaga, il direttore di gara decise di cacciarlo dal campo. I due si sarebbero spiegati a fine partita: il fischietto finì K.O. alla prima ripresa.
Pelè e l’approdo in Europa
Se al di là delle Ande si sono poste le basi per la leggenda, è in Brasile che la rovesciata è divenuta tale. E chi se non O Rei poteva farne suo simbolo identitario. Pelè ha segnato più di 1200 gol durante la sua carriera, alcuni dei quali proprio in sforbiciata. Si racconta di un rinvio di un portiere da fondo campo e il tentativo di O Rei di segnare con una rovesciata al volo all’incirca dalla metà del campo. La conclusione finì sul fondo, ma il solo pensare di eseguire il gesto in tali circostanze sottolinea la potenza nell’immaginario di quell’acrobazia, eseguita per il proprio piacere e per la gioia del pubblico.
Una prima deificazione di Pelè fu fatta proprio attraverso un’operazione di divulgazione delle sue giocate in allenamento, in cui non mancavano certamente dimostrazioni di rovesciate. In Europa già dagli anni 40-50 si erano viste nei vari campionati tentativi di chilene, ma per lo più con intenti difensivi, come ultima risorsa. Con il passare del tempo quest’acrobazia cominciò ad essere interpretata in ambo le fasi di gioco con più continuità, grazie anche all’impulso delle notizie che giungevano agli addetti ai lavori sulle giocate di Pelè oltreoceano.
Gli eredi di O Rei
La rovesciata acquisì dunque dignità non solamente estetica ma anche funzionale agli occhi dei britannici, i quali si ritenevano depositari delle leggi universali del football. Improvvisamente fu come un via libera per tutti. La chilena cominciò a fiorire sui vari rettangoli verdi d’Europa sempre con più frequenza. Poi arrivarono i maestri del gesto come Marco Van Basten, che resero ancora più elegante e raffinata l’acrobazia regina. Memorabile quella eseguita quando ancora vestiva la maglia dell’Ajax nel novembre 1986 contro il Den Bosch. Coordinazione perfetta, elevazione, estetica pura abbinata ad un colpo imparabile, la cui traiettoria si concluse in rete dopo aver baciato l’incrocio dei pali. Il cigno di Utrecht si ripeterà in più occasioni e con esiti altrettanto felici, come il terzo dei suoi quattro gol siglati all’IFK Göteborg in Coppa Campioni il 25 novembre 1992 con la 9 del Milan sulle spalle.
Intanto molti altri giocatori dotati di più o meno talento si aggregarono al club della rovesciata, ormai sinonimo di grande gol, e tutti ambivano a siglare una marcatura che venisse ricordata. A volte è l’istinto a guidare, altre volte viene cercata insistentemente. Chi si è affidato all’istinto, e senza dubbio a una notevole dose di follia e fortuna, è Mauro Bressan, autore di uno dei gol più belli della storia del calcio. Al 13’ del primo tempo, sul risultato di 0 a 0, una palla respinta dalla difesa del Barcellona arriva fuori area, a circa 30 metri dalla porta. La sfera si impenna e Bressan, senza pensarci due volte, tira fuori dal cilindro una rovesciata incredibile, che termina con un pallonetto infilatosi sotto la traversa, sorprendendo il catalano Arnau. La partita terminerà 3-3, ma tutti si ricorderanno sempre di quel gol.
Non può non essere citata la rovesciata più pesante di tutti i tempi nei Derby, non a caso votato come il gol più bello della storia della Premier League. È il 12 febbraio del 2011 stracittadina di Manchester. Non un derby qualunque, soprattutto ora che entrambe le squadre si trovano ai vertici della Premier League. Siamo al 78° minuto, ci troviamo all’Old Trafford, ma nonostante il fattore casa in favore degli uomini di Ferguson, i Citizens riescono a giocare molto bene, a tratti anche meglio dei Red Devils. Sull’1-1 cross di Nani al centro dell’area. Wayne Rooney, marcato stretto da due difensori si volta, dà le spalle alla porta e fa una rovesciata spettacolare. La palla finisce sotto all’incrocio dei pali e il gesto magico di Wazza viene immortalato nell’Olimpo dei gol.
Arriviamo così agli ultimi due gesti rimasti negli occhi di chi ama lo sport e la bellezza in senso lato. Il primo eseguito da Zlatan Ibrahimovic, il secondo da Cristiano Ronaldo.
Ibra fa l’impossibile, CR7 si eleva dove osano le aquile. Lo svedese ha persino vinto il Puskas Award nel 2013, il premio FIFA assegnato al più bel gol della stagione, per la sua rovesciata segnata in nazionale nell’amichevole contro l’Inghilterra al 90’. Su una palla lunga della Svezia Hart è costretto a uscire fuori area e colpire di testa per anticipare Zlatan, il quale, però, anticipa col pensiero quello che avrebbe fatto il portiere inglese e arresta la sua corsa. Non appena il pallone spiove sopra la sua testa e, considerando la porta sguarnita, senza pensarci due volte, al volo in rovesciata trova la forza giusta e l’angolo per siglare la chilena in stile Ibra.
Cristiano Ronaldo invece la esegue in tutto il suo strapotere atletico. L’elevazione del portoghese è qualcosa di incredibile, tanto da impattare il pallone in rovesciata a 2,23 metri di altezza. Buffon rimane pietrificato, Barzagli allarga le braccia sconsolato. 2-0 a Torino del Real Madrid sulla Juventus. Zidane con una mano sulla testa, allibito. E poi gli applausi di un pubblico che si inchina davanti all’estetica universale, grato per tanta bellezza.
Agli atleti di ieri, così come di oggi e a quelli di domani, chiediamo loro esattamente questo: trasformare un giorno di ordinaria follia in leggenda.