Prove di risveglio dall’incubo

Quando il baratro sembrava a un passo, quel che era rimasto della squadra ha dimostrato un’insospettabile resilienza.

Articolo di Mario Gargiulo10/01/2022

©️ “DI LORENZO-RRAHMANI” – FOTO MOSCA

Ci eravamo lasciati, all’indomani della vittoria di Milano, certi di battere lo Spezia e svoltare a 42 punti:  base solidissima per centrare il piazzamento Champions e continuare a sognare altro.

Nel mezzo abbiamo vissuto un incubo, con un Natale rovinato dall’imperdonabile e inqualificabile sconfitta con lo Spezia. E a seguire: la recrudescenza dei casi Covid, altri infortuni, la pessima chiusura della soap opera Insigne e infine due partite con Juve e Sampdoria.

Possiamo affermare che il peggio sia passato? Viste le scarse capacità predittive dimostrate, anche per scaramanzia, ci manteniamo prudenti.

Ci limitiamo solo a notare che quando il baratro sembrava a un passo, con tutti e due i piedi sul ciglio e il petto nel vuoto, quel che era rimasto della squadra ha dimostrato un’insospettabile resilienza, parola di tendenza in ambiti aziendali -personalmente odiata quant’altre mai- ma che rende bene l’idea.

Con tredici giocatori contati, la maggior parte di seconda fascia e non tutti in perfetta salute (…), il Napoli ha imposto un gagliardo pareggio a una Juve tracotante e ha battuto la Sampdoria assetata di punti dopo la scoppola interna con il Cagliari. E ieri allo start mancavano sette titolari: KK, Rui, Fabian, Anguissa, Zielinski, Lozano/Politano, Osimhen.

Cosa ci spinge all’ottimismo?

La squadra ha un gioco, una fisionomia che non smarrisce e che non dipende dagli interpreti. Non ci siamo persi, sfaldati. A Torino abbiamo disegnato calcio in campo, anche e soprattutto dopo lo sfortunato pareggio subito: altri interpreti in analoghe circostanze si erano miseramente sciolti.

Ancora: stiamo ammirando giocatori negletti recitare con insospettabile piglio su palcoscenici che sembravano loro preclusi. Lobotka, l’esempio forse più evidente, Jesus, ieri Ghoulam.

Infine: i pochi titolari disponibili hanno messo in campo faccia, corpo, dignità: a Torino e ieri.

Sotto l’aspetto tattico Spalletti ha avuto pochissime opzioni e ha giocato le due partite al meglio possibile.  A Torino puntando su una trequarti veloce e tecnica, conoscendo e sfruttando le lacune della Juve in fase di pressing, marcatura e più in generale organizzazione di gioco. Ha svoltato poi contro la Sampdoria con la fisicità di Petagna, consapevole della maggiore rognosità della fase difensiva doriana.

Il vero grande problema del Napoli, indipendentemente dalle assenze, è la capacità realizzativa. Noi lo stiamo segnalando da tempi non sospetti: siamo stitici come dopo aver mangiato riso in bianco e carote, bevendoci sopra un beverone di spremuta di limoni senza zucchero. Al netto di un centrocampo non sempre supportivo nel modo giusto, davanti abbiamo giocatori intrinsecamente leziosi, senza la brillantezza del tempo che fu e con poca fisicità; dove questa c’è in abbondanza, purtroppo emergono limiti evidenti.  

Finchè Osimhen ha fatto il fenomeno tutto è rimasto in ombra: ma dobbiamo dire onestamente che Osimhen non ha avuto il tempo di confrontarsi con le squadre più forti se non per una frazione di tempo contro l’Inter, in cui era stato tra i peggiori.

La soluzione a questo problema è nelle mani di Spalletti e del Presidente. L’uscita di Insigne favorirà finalmente un ricambio vero, purtroppo ritardato. Questi mesi devono servire a porre le basi per la ricostruzione e l’inizio di un nuovo ciclo per il quale è indispensabile poter contare sui fondi della CL. È di questi giorni la notizia della chiusura del bilancio 2020 in consistente perdita, anche se con una capitalizzazione della società ancora tranquillizzante.

Arriveremo allo scontro di metà febbraio con il Barcellona dopo aver affrontato Bologna e Venezia fuori e Salernitana e Inter in casa. Non diciamo niente, però…storta va diritta deve venire.

FORZA NAPOLI SEMPRE