Paga Mignani, ma il colpevole non è lui

Come sempre, quando le cose non girano, a pagarne le spese è l'allenatore: Mignani lascia il Bari, ma i veri colpevoli sono seduti ai piani alti.

Articolo di Luca Paesano11/10/2023

©️ “MIGNANI” – FOTO MOSCA

Alla fine l’epilogo è stato quello più scontato, perché il calcio è così e quando le cose non girano, e il pallone non gira, il primo a pagarne le spese è sempre l’allenatore. Non ci sono vie di fuga, soprattutto quando il patatrac si verifica nel bel mezzo della stagione. Le risorse umane a disposizione sono quelle, la squadra è fatta, o forse sarebbe meglio dire che il danno è fatto, soprattutto nel caso del Bari, e allora l’unica soluzione per provare a rimettere la macchina in corse è cambiare il guidatore.

Mignani lascia il Bari dopo poco più di due anni, in cui ha ottenuto 43 vittorie, 32 pareggi e 19 sconfitte, una promozione in Serie B ed una finale play off per la Serie A. Lo fa in un plebiscito di applausi virtuali, anche quelli di chi avrebbe preferito che il tecnico andasse via addossandogli parte delle colpe per la mancata promozione. È il capro espiatorio, e paga anche per responsabilità che non gli appartengono. Non che sia del tutto esente da colpe, sia chiaro. Al tecnico si può recriminare il fatto di non esser riuscito a plasmare la propria squadra, a donarle idee precise ed identità definita. Ci si potrebbe poi appellare a qualche partita gestita male, a qualche sostituzione un po’ discutibile, a qualche scelta di formazione rivedibile. In generale, ad aver lasciato unanimemente insoddisfatti i tifosi del Bari è stato l’atteggiamento eccessivamente remissivo e difensivista della sua squadra. Sicuramente qualcosa non ha funzionato, bisogna riconoscerlo.

Il tutto, però, va ricondotto anche e soprattutto ad una gestione piuttosto scellerata da parte della società, probabilmente vera, principale artefice del disastro a cui si sta assistendo. Non è affatto colpa di Mignani se viene smantellata quasi interamente la formazione che lo scorso anno aveva sfiorato la Serie A per questione di secondi. E non è nemmeno colpa sua se i sostituti siano arrivati in largo e consapevole ritardo. Sul loro valore, poi, ci si potrebbero scrivere interi capitoli a parte.

Sta di fatto che Mignani si è ritrovato tra le mani una rosa con tanti punti interrogativi e pochissimi punti fermi da cui ripartire. Brenno non è neanche lontanamente comparabile a Caprile, e ha già sulla coscienza alcuni dei gol incassati dal Bari in queste prime uscite. Di Cesare, con tutta la buona volontà e la leadership del caso, ha la sua veneranda età e non ha la tenuta fisica adatta a reggere un campionato intero. Frabotta doveva essere il rinforzo sulla corsia mancina, ma quello visto fin qui è un lontano parente del terzino che invece ben figurò agli esordi in Serie A. Acampora va a fasi alterne, Maita sembra disconnesso. Ed Edjouma? Pareva che a Bari stesse arrivando un fenomeno, e invece…

E quanti problemi in attacco! Menez è durato appena qualche minuto prima di salutare il crociato, Diaw ha bisogno di trovare continuità dal punto di vista fisico e Nasti non sembra neanche lontanamente in grado di non far rimpiangere il buon Cheddira. Giusto così, per dare un rapido quanto approssimativo ripasso agli ingredienti con cui l’allenatore genovese avrebbe dovuto fare un buon impasto. Del Bari d’assalto, che a questo punto della stagione aveva segnato 18 gol contro gli 8 attuali, non è rimasto più nulla.

Paga Mignani, per una gestione sciagurata di una società che, dispiace dirlo, tutto ha dimostrato fuorché interesse e attaccamento. Per sostituirlo poi che con chi? Con Pasquale Marino, un allenatore “fuori moda” da almeno dieci anni ed ormai fermo da due. L’ultima esperienza, un fallimento, risale al 2021: a Crotone 6 sconfitte in 7 partite, arrivederci e grazie. Un’altra scelta che, a priori, ha tanto il sapore dell’ennesimo harakiri. Come se quanto fatto finora non bastasse.

Ci siamo presi del tempo per valutare, abbiamo lasciato che almeno agli inizi fosse il campo a parlare. Il Bari è uscito dal mercato certamente indebolito rispetto alla passata stagione, ma la rosa continua a non sembrare così malvagia. Per lo meno, non quanto dice la classifica. Sulla carta c’è un undici interessante, che diventa meno accattivante se poi si va ad attingere dalla panchina. Mettiamo tifo e contestazioni da parte: questa squadra, così com’è, può fare sicuramente meglio di quanto fatto fino ad oggi.

Non cantiamo messe, almeno non già da adesso. Marino avrà bisogno del suo tempo per provare a rivitalizzare una formazione che in queste prime 9 giornate ha avuto ben poco di vivo. La stagione è ancora lunga e nulla è perduto, ma è chiaro che il cambio di rotta deve essere netto e deciso. Bari vuole vedere altro. Bari merita altro.