Ieri avrebbe compiuto 98 anni colui che viene riconosciuto unanimemente come il più grande arbitro italiano di tutti i tempi: Concetto Lo Bello. Il figlio, Rosario, nostro affezionato consulente nella rubrica settimanale ‘Lo Bello del Var’, il quale ereditò dal padre fischietto e temperamento, ha presentato nella giornata di giovedì, in anteprima, in quel di Coverciano, il libro da lui scritto ‘Concetto Lo Bello. Storie e momenti di vita tratti dall’archivio di famiglia’. D’altronde, quale luogo migliore per celebrare il ricordo di una figura tanto autorevole, quanto romantica, se non la “casa” della Nazionale e dell’AIA.

Un sole splendente e un cielo terso rischiarano l’oasi verde di Coverciano. L’auditorium, imponente si staglia al centro del piazzale, dominando l’ingresso, e ricordando ai gentili visitatori le date di tutti i trionfi azzurri. L’atmosfera è di quelle magiche, lo si annusa nell’aria. Rosario Lo Bello, elegantissimo nel suo completo, salta da un angolo all’altro del centro tecnico per salutare e abbracciare cari amici da troppo tempo lontani. Pian piano lo spazio di fronte all’auditorium, allestito per l’occasione con cimeli del grande Concetto, prestati per gentile concessione dal Museo del Calcio di Coverciano, comincia a gremirsi di invitati. Presenti anche il vicepresidente dell’AIA Duccio Baglioni e il designatore arbitrale Gianluca Rocchi, nonché grandi esponenti del mondo del calcio italiano e della pallanuoto, ancora affezionati alla famiglia Lo Bello come Luciano Chiarugi, Giancarlo Antognoni, Stefano Di Chiara e il delfino Gianni De Magistris.



I sorrisi si sprecano tra battute, ricordi rievocati e ‘carrambate’. Finché non arriva il momento di prendere posto in sala per assistere alla presentazione ufficiale del libro curato da Rosario in onore del padre. Troneggia sul palco, tra leggio e banco conferenze, l’elegante divisa internazionale di Concetto, usurata, ma non troppo. Raffinatissima nel suo nero carbone. Un doppio petto contornato da un bordo viola ne delinea l’autorevolezza.

Il relatore apre l’evento invitando Rocchi (scoperto proprio da Rosario) a spendere due parole, prima di tornare a dedicarsi all’allenamento delle future generazioni dei fischietti italiani. A seguire le sue sentite parole nei confronti di Concetto, e di tutta la famiglia Lo Bello.
“Quando ho saputo che c’era l’occasione di poter salutare Rosario, per ricordare Concetto, che non ho avuto l’onore di conoscere, ma ho avuto il piacere di essere amministrato da Rosario. Ho fatto le corse per venire, perché, oggettivamente, al di là dell’affetto che mi lega alla famiglia, era il minimo, come rappresentante, omaggiare con un saluto quello che è stato l’arbitro con la ‘A’ maiuscola. Che poi, è quello che un po’ oggi manca. Tutti cerchiamo, e vorremmo, arbitri con la ‘A’ maiuscola. Non è semplice, e sapete che siamo di fronte a un cambio generazionale molto importante.

Quando Rosario ricopriva il mio ruolo, fortunatamente, apprezzava il tipo di arbitro che ero io. Ricordo una delle poche cose che mi diceva: “ricordati sempre che l’arbitro è quello che decide”. È quello che ho sempre cercato di fare, ed è quello che sto cercando di trasferire ai ragazzi che ho la fortuna di guidare in questo momento. Perché VAR o non VAR, il direttore di gara deve essere sempre colui che prende la decisione. Per cui, è stato un onore essere amministrato da te, Rosario, e lo dico pubblicamente, e penso che il miglio modo di rappresentare l’arbitro sia scritto qui, in questo libro, perché Concetto Lo Bello, ripeto, è stato l’esempio dell’arbitro con la ‘A’ maiuscola”.

Tra gli applausi conclude il suo intervento Gianluca Rocchi mentre lascia l’auditorium. Prosegue la l’evento con il vicepresidente dell’AIA Duccio Baglioni, il quale prende la parola a nome dell’associazione e inizia formalmente la presentazione del libro.
“Vi do il benvenuto a tutti. Un’emozione fortissima rivedere tante facce che non vedevo da tanto tempo. Rivedere i miei vecchi presidenti di sessione, quelli attuali, tutti noi arbitri oggi, qui, per festeggiare Concetto Lo Bello. Colui che è stato l’arbitro al quale tutti noi ci siamo ispirati. Perché ci siamo ispirati a Concetto Lo Bello? Perché aveva valori importanti, autorevolezza, dedizione e rettitudine. E lo ha dimostrato in tutti i suoi ambiti. A partire dalla carriera di arbitro, per proseguire con la pallanuoto e poi nella pallamano. Uno sportivo che, ragazzi, voi più giovani che non avete la fortuna di conoscere, si può definire a 360 gradi. Un uomo unico.

Altri hanno fatto la storia come Concetto, ma Concetto è stato il primo. Il primo ad andare in televisione e riconoscere un errore. Oggi siamo nel 2022 e parliamo di VAR. Quindi, senza rubare ulteriore tempo, volevo solo ringraziarvi per essere qui oggi e portarvi i saluti di Alfredo Trentalange, con il quale mi sono sentito anche 5 minuti fa e avrebbe tanto tenuto ad esserci. Grazie a tutti per la presenza e lascio la parola ai relatori successivi. Proporrei un ulteriore grande applauso a Concetto Lo Bello”.
Il successivo relatore a prendere la parola è Stefano Archinà, componente del Comitato Nazionale dell’AIA, il quale, dopo i ringraziamenti di rito, si è così espresso.
“Io ho fatto il corso arbitri all’inizio degli anni 80, e consideravo Concetto Lo Bello come una montagna irraggiungibile. Ma non solo io, così facevano tutti i miei coetanei che si apprestavano a esercitare questa attività. A distanza di anni, esattamente nel 2016, a rappresentare l’AIA nazionale e a consegnare un ‘premio Lo Bello’ presso la sezione di Siracusa. Per me è stato emozionante fare questo balzo indietro nel tempo, considerando, appunto, quello che era Concetto all’inizio degli anni 80. E rappresentare l’AIA nazionale, in quella cornice speciale…

Oggi, immaginate l’emozione che provo nel portare questo saluto in occasione della presentazione del libro su Concetto Lo Bello. La famiglia Lo Bello ci sta tramandando quella che io ho definito a Siracusa: un patrimonio che non appartiene solo a Siracusa, alla Sicilia, all’AIA, ma appartiene a qualcosa che va oltre i confini nazionali. Poco fa mi chiedevo se esista testimonianza superiore alla presentazione di un libro in cui vengano tramandati gli insegnamenti, i sentimenti e la vita di un uomo che, per noi arbitri, è stato un punto di riferimento assoluto”.
Dopodiché è stato trasmesso un video intitolato ‘”non” c’era una volta l’arbitro di calcio’, in cui si ripercorre la figura del direttore di gara dalla sua introduzione fino alla iconizzazione, realizzato da Massimo Cervelli, vicepresidente del museo della Fiorentina, e Marco Viti, studioso della storia del calcio.
È arrivato quindi il momento delle parole per l’autore del libro, il figlio di Concetto, il nostro affezionato Rosario Lo Bello. Visibilmente emozionato prende la parola dal centro del banco e con tono sommesso, quasi commosso, apre il suo intervento ringraziando la platea per la presenza.
“Si comincia sempre con i saluti e i ringraziamenti, infiniti, immensi, incommensurabili. Un grazie al direttore di Coverciano, all’AIA tutta. Con Duccio (Baglioni, ndr) ci conosciamo da una vita, siamo ancora qua e non c’è bisogno di aggiungere altro. Il più sarebbe retorica. Insieme mandiamo un abbraccio ad Alfredo Trentalange. Io vi ho salutati e vorrei abbracciarvi uno per uno. Giancarlo (Antognoni) è stato testimone dell’ultima partita di papà, e altresì testimone di una nefasta carriera: la mia (con tono ridanciano).
E poi un’altra gloria dello sport fiorentino, Gianni De Magistris, il delfino, un vero fuoriclasse prima dell’avvento della muscolarità. Per chi non lo sapesse, la squadra di pallanuoto dell’Ortigia per papà era la terza figlia.

Ogni tanto devo darmi un pizzicotto e chiedermi se stia succedendo veramente. E non solo oggi. Sono giorni di cui ne basterebbe mezzo per essere ricordato per tutta la vita. Domani, per il compleanno di papà, presenteremo il libro al Salone d’Onore del CONI a Roma. Pensate un po’ (applauso in platea). Quante circolarità. Mi piace leggere gli aforismi, in particolar modo di una scrittrice giapponese il cui nome d’arte è Banana Yoshimoto, la cui filosofia ruota attorno al fulcro per cui nulla avviene per caso. Come darle torto. Detto ciò, non finirò mai di ringraziare abbastanza, così sarà anche domani. Qualche ricordo… alcuni li potrete ritrovare anche nel libro. Nella carriera di un arbitro gli episodi strani, controversi, possono accadere uno, due. Lui li attirava tutti. Se li cercava anche eh, ma era anche papà.
Al di là dello scherzo, mi piace parlare di altro. Della famiglia, vera colonna di ogni arbitro. Sa aspettare i giorni di festa, le domeniche, le ricorrenze. È la famiglia che sa attendere in silenzio quando tutti ti danno addosso. Che sa darti una prova di conforto quando la cerchi, senza costringerti ad ascoltare. Io ho varcato l’uscio di Coverciano nel 1969, ci aveva lasciato il dottor Antonio Clemente per poi finire tra le braccia di un altro papà, Ferrari Aggradi. E chi se lo scorda! E così qui dentro ti insegnano prima a essere uomini, poi direttori di gara. Quando parlo di arbitri la voce si fa più bassa, perché noi rimaniamo per tutta la vita arbitri. Quella divisa ce la siamo cucita addosso ed è diventata una seconda pelle. Il distintivo lo portiamo qui dentro (indica il petto): il cuore.


Voglio raccontarvi un episodio. Un giorno Ferrari Aggradi invitò noi 14-15 fortunati che stavamo facendo il passaggio sotto di lui fuori a pranzo in una località di montagna. Mentre banchettavamo lo hanno chiamato al telefono comunicandogli di essere appena diventato nonno. Al che le parole: “ragazzi, quando si diventa papà si diventa scemi. Quando si diventa nonni, doppiamente scemi”. Ebbene io posso dire di essere sei volte scemo. Perché vi racconto questo? Qualche tempo fa un grandissimo giocatore (Rivera, ndr), la disse così, una frase di campo: “speriamo tu possa avere tutte figlie femmine”. Neanche immaginava che benedizione mi avesse fatto.
A parte la mia prima nipotina, che si chiama Thea e già comincia a dirmi: “nonno siediti lì”, uno di questi due monelli qui davanti si chiama Marco ed è nato il 18 agosto. Sapete chi è nato il 18 agosto 1943? Quello di prima… (risate generali). E mia figlia e mio genero hanno voluto dare loro anche un secondo cognome, devo dirvi quale? Ora immaginate, un giorno, in un futuro, ma stiamo parlando di fantascienza, uno di questi scendere in campo con il fischietto. Non avrebbero bisogno neppure dei cartellini”.

L’incontro è terminato con la proiezione di un video celebrativo in cui è stata riassunta tutta la gloriosa carriera di Concetto Lo Bello accompagnato dal magnifico brano di Ugo Mazzei ‘L’arbitro’, testo scritto e dedicato al più grande arbitro italiano di tutti i tempi. E anche Rosario, davanti a quelle immagini, molla il freno emotivo. Una giornata di pura rievocazione, eppure, di viva attualità, segno che i giganti lasciano orme nelle quali tutti, prima o poi, ci troviamo camminare.
“Per il tuo passo da pirata saraceno, o per un fischio nella nebbia di Milano. Per i tuoi occhi, Dio, come eran fermi gli occhi quando Sivori piombava come un treno. Ventidue figli tutti uguali fra i tuoi sguardi di vibranti ammonizioni. Per la tua casacca nera, per i muscoli e la severità. Per un cuore da bandito gentiluomo o per un sogno da testardo siciliano”. Estratto dalla canzone ‘L’arbitro’ di Ugo Mazzei.
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