Napoli, una squadra di scontenti

Questo sarà un anno difficile, le possibilità per togliersi qualche soddisfazione ci sono ancora. Comincerei a dare spazio significativo a chi ha voglia di sorridere.

NapoliFOTO MOSCA
Articolo di Mario Gargiulo18/09/2023

Così l’aveva definita il procuratore di Mario Rui prima che ADL rinnovasse il contratto a quello che ieri, in mezzo agli asini, è stato il più ciuccio di tutti. Aveva ragione e noi lo abbiamo sempre pensato.

Oggi è partita la scontata demonizzazione di Garcia, ma non è certo a lui che si può addebitare lo sconcio di ieri (e di buona parte della partita contro la Lazio) insieme allo spappolamento dei nostri fegati.

Proviamo a ricostruire partendo dai fatti e non dalle puerili e isteriche jacuvelle di certi tifosi nostrani.

Il Napoli era già in rottura “controllata” dall’ultimo terzo dello scorso campionato, con lo scudetto in cassaforte grazie soprattutto all’insipienza dei migliori competitor. Erano state ingiustamente glorificate sculate come quelle di Torino contro i morti della Juve o vittorie contro la squadra C dell’Inter con la testa alle coppe.  Nel mezzo, in ordine sparso: sconfitte sanguinose con Milan e Lazio, pareggi stentati contro Salernitana e Udinese, sconfitta mortificante a risultato acquisito contro il Monza. In Champions fuori contro un Milan modesto -massacrato poi dall’Inter in semifinale-  tra i soliti beceri chiagnazzamenti.

Spalletti e Giuntoli, miserrimi, nel frattempo già lasciavano filtrare la volontà di abbandonare la nave e lì sono cominciati gli errori del Presidente.

Innanzitutto ha confidato di riuscire a bloccare l’esodo. A modo suo: PEC al tecnico, presuntuose insistenze con il Dirigente. Tutti abbiamo giustamente sottolineato le qualità di management e le intuizioni di ADL: però per coerenza chiediamoci cosa succede in un’Azienda importante quando alcuni dei suoi quadri dirigenziali vogliono cambiare aria. Semplicemente lo fanno, a meno che non vengano ricoperti d’oro e spesso neppure basta se il rapporto è irrimediabilmente incrinato o prevale la volontà di cambiare. A quel punto cosa fa una buona e previdente Azienda? In un amen trova adeguati rimpiazzi oppure fa crescere talenti sperimentati dalla sua “cantera” dirigenziale, che il Napoli non ha. Certamente non perde settimane in schermaglie folcloristiche e arrabatta scelte disperate all’ultimo momento a giochi di mercato compromessi.

Veniamo ai giocatori: a certi eroi sul piedistallo che neppure tre parole d’italiano hanno imparato a testimonianza dell’attaccamento alla maglia e alla “imperdibile” città.

Se nello scenario calcistico europeo sei poco più dell’equivalente di una Banca di Credito Cooperativo (con tutto il rispetto) e miracolosamente sei riuscito ad assumere Senior Banker giovani, ambiziosi, PHD dotati ed estremamente performanti, è chiaro che questi signori desiderino lavorare in una grande Banca d’affari, magari gestire deal d’Investment Banking che il Credito Cooperativo non tratta, decuplicare guadagni, vivere nel lusso delle grandi città europee: quelli più spregiudicati andare a giocare tra cammelli e beduini ricoperti d’oro. Illusorio e delittuoso pensare che basti pizza, mare e sfogliatella a trattenerli o peggio un semplice contratto da poco più di neoassunti. Musi lunghi, prestazioni conservative, pensieri rivolti esclusivamente al futuro sono dietro l’angolo. Certo non il sacro furore necessario nel calcio di oggi per prevalere. Errore macroscopico e madornale non vendere chi voleva andar via, accettando il giusto, fare cassa e dare al nuovo tecnico la possibilità di scegliere giocatori giovani e motivati con cui provare a ricominciare un ciclo.

Risultato: Osimhen ha ripreso a fare piede e piede; Kvara non segna da mesi e ieri andava sostituito con Elmas alla fine del primo tempo;  il macedone, già di suo mentalmente disordinato, ieri al 1 minuto voleva semplicemente farsi buttare fuori; Mario Rui oggi sembra il nuovo Zuniga; Di Lorenzo ricorda quel detto che con il mare calmo qualsiasi strunz è marenaro. Senza dimenticare che abbiamo sempre in mezzo al campo un Anguissa che da novembre del 2022 ci avrà degnato di giocare al massimo cinque partite, l’eterno Godot a nome Zielinski e un portiere scarso.

Ecco, ora prendiamocela pure con Garcia che pure finora non ha trovato soluzioni: la sua clessidra ha già iniziato inesorabilmente a svuotarsi.

Questo sarà un anno difficile, le possibilità per togliersi qualche soddisfazione ci sono ancora. Comincerei a dare spazio significativo a chi ha voglia di sorridere: Simeone, Raspadori, Lindstrom, Cajuste e, perché no, Natan.