L’uomo che parlava in dialetto campano agli americani
Marco Ramondino è giovane e preparato, frutto di un lavoro personale e di squadra che l’ha portato alla finale di Coppa Italia contro l'Olimpia Milano con la sua Bertram Tortona.

È appena finita la partita, Marco Ramondino, head coach della Tortona, rilevazione assoluta della Coppa Italia Frecciarossa 2022, abbraccia suo figlio triste, a bordocampo. Lo accarezza tutto il tempo, lo consola. È un tenerone di papà, empatico con i suoi giocatori. Parla in dialetto campano agli americani, si arrabbia, gioisce con loro, è comunicativo, ma soprattutto è un allenatore straordinario che ha mostrato a tutta Italia una pallacanestro straordinaria.
La Bertram Tortona è alle Final Eight, nell’incoscienza più totale, nella leggerezza di chi si vive il momento senza comprender bene, il ruolo e il posto in cui è. Batte prima Trieste, poi Bologna e si gioca la finale con l’Olimpia Milano. C’è bisogno di tutta l’esperienza e la profondità del roster di Milano per placare incoscienza di Macura, la rabbia di Mascolo e il cuore grande, enorme, di Filloy. Una partita giocata all’insegna della bellezza.
Marco Ramondino però non è uomo da singola impresa, ha già stupito e fatto vedere cosa vuol dire allenare finemente ragazzi col talento, raschiare il barile ed esprimere un basket bello e concreto al tempo stesso.
La sua carriera inizia da giovanissimo. Nella stagione 2000/01, nemmeno maggiorenne, entra nel settore giovanile della Scandone Avellino sotto la guida di Andrea Capobianco, suo mentore e guida spirituale, che lo seguirà per tutto il percorso di formazione di head coach.
Sempre ad Avellino diventa assistente di Zare Markovski in Serie A nell’annata 2002/03. Nelle due stagioni successive ricopre il doppio ruolo di assistente allenatore di Andrea Capobianco e responsabile del settore giovanile a Salerno, prima di intraprendere l’esperienza da capo allenatore nel 2005/06 alla guida della Ferentinum Battipaglia in C1.
L’anno successivo raggiunge la semifinale playoff di C1 con Salerno, dopo di che decide di trasferirsi a Jesi dove assume il doppio ruolo di assistente della prima squadra e allenatore della formazione U19.
Nel 2008 è nello staff di Andrea Capobianco a Teramo, in un’annata indimenticabile per la società abruzzese conclusasi con il terzo posto in stagione regolare e la qualificazione all’EuroCup. Nel roster con Peppe Poeta, un giovane David Moss e Jaycee Carroll.
Nel 2011 Ramondino diventa assistente della neonata Biancoblù Bologna e della Nazionale Under 18, prima di trasferirsi a Veroli nel 2012/13. Nel corso di quella stagione è assistente di Franco Marcelletti, mentre nella successiva assume l’incarico di capo allenatore guidando la squadra al sesto posto in classifica e centrando la qualificazione ai playoff.
Eccezionale il risultato sul campo al suo primo anno da capo allenatore, con il raggiungimento dei playoff terminati solamente a gara 5 contro la più quotata Tezenis Verona.
A Casale dal 2014, porta tre volte di fila la Junior ai Playoff: nel primo anno centra il quarto posto, nel secondo l’ottavo, portando a Gara 5 la favoritissima Treviso. L’anno scorso, infine, la serie contro la blasonata Virtus Bologna, poi promossa in Serie A, e terminata a Gara 4.
Dal 2014 al 2018 è l’allenatore della Junior Casale Monferrato, con cui conquista per quattro annate consecutive la qualificazione ai playoff ed in due occasioni partecipa alla Final Eight di Coppa Italia di serie A2 (2016 e 2018).
È il più giovane coach di serie A2, accetta la sfida in un periodo difficile, conscio che bisognerà lavorare tanto, con pochi mezzi, ma tanta inventiva.
Non è uomo copertina, non sposa una parrocchia, non è diplomatico in conferenza stampa, ma è un grande professionista, figlio di un duro lavoro personale, svolto nell’apprendere i segreti dei suoi maestri, farli propri e riadattarli alle situazioni.
La gara contro Torino ha elevato il suo status a “Top Player” di questo campionato. Lucido, preciso nella lettura di gioco, nei cambi e negli schemi da chiamare a pochi minuti dalla fine. La vittoria c’è e se mai qualcuno avesse dubbi, contro la Virtus, campione in carica, col miglior attacco e la quarta miglior difesa, ne mettono a segno 94 di punti regalando emozioni uniche.
Finiamola con l’ipocrisia di non credere nei giovani. Marco è giovane e preparato, frutto di un lavoro personale e di squadra che l’ha portato ad esser un Top Player.
Articolo realizzato da Antonio Terracciano per la rubrica “Le vostre voci”.